ENERGIA – Bollette: prezzo bloccato fino al 30 aprile 2023

Bollette: prezzo bloccato fino al 30
aprile 2023


di Alessandra Gualtieri
Bollette, AGCM più severa del Legislatore: sospesi gli aumenti da
rinnovi contrattuali che, a naturale scadenza, prevedono la proposta di
nuove condizioni.
L’Antitrust (AGCM) estende il blocco alle modifiche contrattuali nei contratti
di fornitura energetica sul mercato libero: con una interpretazione estensiva
del divieto disposto dal DL Aiuti bis, impone lo stop a qualunque variazione di
tariffa fino al 30 aprile 2023, anche per i contratti che prevedano una nuova
proposta tariffaria (se peggiorativa) al termine della scadenza naturale del
contratto in essere.
Il caso nasce dalla lettura del provvedimento preso dall’AGCM nei confronti
del fornitore Iren, “reo” di aver comunicato (dopo il 10 agosto, data di entrata
in vigore del decreto) alla clientela lo stop alle offerte a prezzo fisso e
l’applicazione di nuove condizioni di fornitura.
In pratica, oltre a sospendere le modifiche unilaterali, si dispone adesso anche
il divieto di proporre rinnovi peggiorativi: gli operatori dovranno prorogare i
contratti a prezzo fisso (o alle precedenti condizioni) almeno fino alla
primavera del 2023.
Dunque, ogni variazione unilaterale delle condizioni economiche di fornitura
ricade nel divieto, se non già prevista espressamente dal contratto. E sono
sospesi anche gli aumenti che derivano da rinnovi a naturale scadenza a
nuove condizioni peggiorative. In conseguenza di quanto motivato dall’AGCM
nel provvedimento contro Iren, questi contratti, anche se in via di scadenza,
dovranno essere prorogati fino ad aprile.
Il riferimento normativo su cui si poggiano le valutazioni dell’autorità è
rappresentato dall’art. 3 del Decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, convertito in
Legge n. 142 del 21 settembre 2022, in base al quale:
Fino al 30 aprile 2023 è sospesa l’efficacia di ogni eventuale clausola
contrattuale che consente all’impresa fornitrice di energia elettrica e gas
naturale di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto
relative alla definizione del prezzo ancorché sia contrattualmente riconosciuto
il diritto di recesso alla controparte.
Dalla lettura della norma, secondo l’AGCM, si evince la natura emergenziale
del provvedimento, in deroga alle possibilità concesse ai fornitori di energia di
modificare il prezzo finale della fornitura, a tutela del consumatore, che va
protetto da aumenti la cui entità non era prevedibile al momento della
sottoscrizione del contratto. Dunque:
ogni variazione unilaterale delle condizioni economiche di fornitura ricade nel
divieto di cui all’art. 3 del D.L. “Aiuti-bis”, salvo il caso in cui da un lato la
scadenza dall’altro le nuove condizioni di offerta siano specificamente e
puntualmente individuate nei contratti e, quindi, espressamente già conosciute
e accettate dai consumatori.
Inutile dire che le imprese energetiche (Utilitalia) sono subito salite sul piede di
guerra. E perfino le associazioni dei consumatori sono rimaste sorprese,
paventando il rischio che il TAR possa rigettare la decisione con una
conseguente mole non indifferente di ricorsi e contro-ricorsi.
Energia: nuova tassa sugli extra-profitti
delle imprese
Il Governo Meloni annuncia una nuova tassa sugli extraprofitti
energetici: ipotesi di potenziamento e protesta delle PMI
sull’autoconsumo da Rinnovabili
E’ una delle norme che i ministri del Governo Meloni hanno annunciato di
voler inserire in Manovra, apportando modifiche per renderla più efficace: la
tassa sugli extra-profitti delle imprese dell’energia sarà dunque non solo
riproposta ma anche potenziata.
Nel 2022 ha recuperato appena un decimo del gettito stimato, per cui
l’obiettivo dell’esecutivo, sottolineato dal Ministro delle Imprese e del Made in
Italy Adolfo Urso, è ricavare i dieci miliardi che erano previsti.
Sullo sfondo, la protesta delle PMI sulla loro personale tassa sugli
extra-profitti energetici: il prelievo GSE sull’energia da Rinnovabili immessa in
rete. La revisione della norma sui big dell’energia potrebbe dunque essere
l’occasione per tutelare le piccole imprese virtuose che hanno investito per
l’autoproduzione e il consumo.
Extraprofitti dai big dell’energia
La tassa sugli extraprofitti delle imprese dell’energia è stata introdotta dal
decreto 21/2022 inizialmente era al 10%, alzata dal decreto 50/2022 al 25%.
Scade il 30 novembre e chiama alla cassa circa 300 società, delle quali il
90% operanti nel comparto energia elettrica e gas e il 10% nei prodotti
petroliferi.
La riscossione è stata di molto inferiore alle stime, con l’acconto di giugno
fermo a circa 1 miliardo (1/4 del previsto). Prevedibilmente, il saldo di
novembre non riuscirà a raggiungere i 10 miliardi di gettito attesi, con cui
finanziare peraltro gli aiuti in Legge di Bilancio 2023 per le famiglie e le altre
imprese.
Nel settore, ci sono state proteste e ricorsi di aziende che non hanno pagato
non ritenendo corretto e costituzionale il provvedimento. Ora, il Governo
intende intervenire, da una parte correggendo la norma e dall’altra facendola
applicare con obiettivo di gettito invariato a 10 miliardi di euro. Non ci sono
anticipazioni sui dettagli della revisione normativa targata Meloni ma non si
esclude che l’esecutivo alzi ulteriormente l’aliquota. Secondo indiscrezioni,
oltre alla riscrittura per evitare questioni di costituzionalità, si parla addirittura
di arrivare al 33%.
Sul fronte del dibattito, registriamo la posizione dell’ex ministero del Lavoro
Andrea Orlando secondo il quale bisognerebbe anche estendere la tassa ad
altri settori che hanno realizzato extraprofitti, come farmaceutica, logistica e
digitale.
PMI: stop extraprofitti da Rinnovabili
Dal mondo delle imprese, arriva una richiesta da CNA Lombardia: non far
pagare alle imprese più piccole che hanno installato impianti per
autoconsumo da fonti rinnovabili la tassa sugli extraprofitti realizzati con la
cessione dell’energia eccedente alla rete.
Le piccole imprese dotate di impianti energetici da fonti rinnovabili destinati
all’autoconsumo non sono avidi speculatori, ma vengono trattate come tali
dalla norma sugli extraprofitti contenuta nel decreto sostegni ter.
Davanti ai costi insostenibili delle bollette è impensabile punire chi ha investito
per l’autoproduzione da rinnovabili, continua l’associazione, che si riferisce in
questo caso alla norma sugli impianti FER con potenza superiore a 20 KW,
per i quali è disposto un prelievo dal GSE sugli extraprofitti per l’energia
immessa in rete.
Alla luce dell’annuncio del presidente del Consiglio sulla volontà di riscrivere
con urgenza la norma sugli extraprofitti, Cna invita il Governo a sospenderla
per l’anno in corso, dilazionare la scadenza per i pagamenti prevista al 31
ottobre prossimo, cancellare la proroga al giugno 2023 e in ogni caso
escludere dal campo di applicazione gli impianti destinati all’autoconsumo di
energia.
Nel 2020-2022, per le imprese il gas è aumentato del 2700% e l’energia
elettrica del 1200% dichiara la nota CNA: far pagare le PMI con la restituzione
di decine di migliaia di euro è un paradosso per chi tenta di seguire la via delle
Rinnovabili tracciata dai Governi e dalla UE spendendo soldi per la
produzione e l’autoconsumo di energia pulita.
fonte: PMI.IT

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