ANALISI E COMMENTI – Il futuro accelera, ma abbiamo davvero voglia di affrontarlo? O siamo troppo depressi?

Il futuro accelera, ma abbiamo davvero
voglia di affrontarlo? O siamo troppo
depressi?


ChatGpt non è un gioco, ma l’anticipazione di un mondo che cambia più
rapidamente del previsto. Affrontarlo richiede formazione, capacità di
visione, governance collettiva. Una sfida nuova, anche nell’ottica
dell’Agenda 2030.
di Donato Speroni
Non conoscevo il “principio di Anna Karenina”, me l’ha spiegato mio figlio
Pietro Speroni di Fenizio. Prende spunto dalle prime parole del capolavoro
di Lev Tolstoj,
Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a
modo suo
e si applica in molti settori, dalla biologia (tutte le specie domestiche sono
state addomesticate per gli stessi motivi, ogni specie non addomesticata non
lo è stata per ragioni diverse) fino ai lanci spaziali (quelli perfetti si
assomigliano, quelli falliti possono avere mille cause diverse). Su consiglio di
Pietro, abbiamo applicato questo principio nella intervista di Futuranetwork a
ChatGpt, chiedendo a questo sviluppo dell’intelligenza artificiale (Ia), di cui
tanto si parla in questi giorni, di descrivere un solo scenario sostenibile per
l’umanità al 2050, ma molti scenari distopici, di crisi della civiltà.
Le risposte che potete leggere su FUTURAnetwork sono piene di buon senso.
Inizialmente ChatGpt sembra riluttante, si limita a indicazioni generiche, ma
messa alle strette sputa fuori vari scenari. Forse lo scenario “sostenibile”
privilegia eccessivamente l’aspetto tecnologico, ma coglie gli elementi
essenziali per il progresso dell’umanità. Alla domanda su quale scenario
ritiene più probabile, risponde indicando un “lento degrado”. Ricordiamo che
ChatGpt è una forma di “intelligenza artificiale generale” che non si basa su
algoritmi preimpostati, ma legge migliaia di documenti, articoli, libri e in pochi
secondi risponde alle domande sulla base delle frequenze statistiche. Dice
infatti:
In qualità di modello di linguaggio di Ia non ho opinioni o sentimenti personali,
ma posso fornirti lo scenario più probabile basato sulle tendenze attuali e sulle
previsioni degli esperti.
Del resto, il “lento degrado” corrisponde a quanto previsto dall’economista
Jorgen Randers nel suo libro “2052, – Scenari globali per i prossimi 40 anni”
(Feltrinelli, 2012). Ne abbiamo già parlato: guardando a questo scenario,
Randers suggerisce di non vivere vicino al mare e di addestrare i propri figli
ad amare i videogiochi piuttosto che la natura, che nella seconda metà del
secolo sarà grandemente impoverita dalla perdita di biodiversità. Una
provocazione ovviamente, ma è significativo che dieci anni dopo l’uscita di
questo libro, alla luce dei dati e delle informazioni che ha macinato, ChatGpt
consideri questo come lo scenario più probabile. Abbiamo sprecato un
decennio.
Sempre che non accada qualcosa di molto peggiore del lento degrado. Tra gli
scenari più negativi descritti dalla creatura di Open AI (apocalisse climatica,
guerra nucleare, crollo economico, pandemie), ce n’è uno che colpisce in
particolare e che le abbiamo chiesto di approfondire: l’ipotesi che
l’Intelligenza artificiale diventerà abbastanza avanzata da superare
l’intelligenza umana e prendere decisioni dannose per l’umanità.
È la famosa ipotesi della “Singolarità” formulata anni fa da Raymond
Kurzweil, declinata però nel modo più negativo: non solo le macchine
sostituiscono le persone nelle decisioni più importanti, ma lo fanno in modo
dannoso per l’umanità. L’Ia, dice ChatGpt
ad esempio, potrebbe scegliere di dare priorità ai propri obiettivi rispetto a
quelli dell’umanità, causando un potenziale conflitto tra umani e Ia. Potrebbe
anche prendere decisioni basate su dati errati o distorti, con conseguenze
indesiderate. Inoltre, l’intelligenza artificiale super intelligente potrebbe essere
utilizzata per scopi militari, portando a una corsa agli armamenti e
aumentando il rischio di escalation involontaria o l’uso accidentale di armi.
Va detto che gli interventi di Chat Gpt si concludono sempre in modo
consolatorio ed esortativo.
Sebbene l’intelligenza artificiale abbia il potenziale per rivoluzionare molti
settori e migliorare la qualità della vita delle persone in tutto il mondo, pone
anche rischi significativi che devono essere affrontati attraverso una
governance forte, regolamentazione e collaborazione.
Ma la minaccia rimane. Non è un caso che persone superintelligenti come
Elon Musk, che tra l’altro è stato tra i fondatori di Open Ai, la società madre di
ChatGpt, nell’intervista contenuta nel bel docu-film sulla sua vita trasmesso il
21 gennaio su Canale Nove, ritenga “possibile” che l’umanità, per evitare di
essere sovrastata dalla intelligenza artificiale, debba fondersi con essa
diventando cyborg o “persone potenziate”.
Tutto questo non è un gioco. Credo che l’avvento di ChatGpt, che tra l’altro è
stata messa a disposizione gratuitamente ed è di facilissimo impiego, segni
una svolta paragonabile a quella, trent’anni fa, di internet e dell’informatica
diffusa. Perché l’Ia cambierà radicalmente il nostro modo di lavorare, di
informarci (soppiantando gli attuali motori di ricerca) di prendere decisioni. È
un sistema tutt’altro che perfetto. Dipende da quello che legge e da quello che
gli si chiede. Come è stato detto in una trasmissione di Radio3 Scienza, su
richiesta può anche sfornare un dotto trattato su “l’importanza del panzerotto
nella chirurgia”. Non distingue il livello di attendibilità delle fonti, quindi i suoi
output vanno sempre vagliati da una persona esperta. Ma come ha spiegato
Walter Quattrociocchi, docente di Informatica alla Sapienza, in un podcast a
cura di Ruggero Po, ChatGpt fornisce “degli ottimi semilavorati”, insomma
accelera il lavoro.
Chi ne farà le spese? Marco Bentivogli, attento osservatore di queste cose,
scrive su Repubblica:
Bisogna fare il punto, presto, (…) comparare i risultati della potenziale
esposizione all’Ia delle 800 professioni rilevate in Italia da Istat, individuare
quelle in dissolvenza e quelle di prospettiva, e intuire quelle completamente
nuove. Dobbiamo puntare sulle competenze avendo chiare le tendenze in
atto. Reinventare la didattica e i metodi di apprendimento. Bisogna diffondere
informazione, formazione e consapevolezza.
In questa sede, dobbiamo anche chiederci come questa rivoluzione cambierà
l’evoluzione mondiale verso obiettivi di sviluppo sostenibile. Forse il principio
di Anna Karenina in questa epoca gender fluid non si applica più alle famiglie,
che possono essere felici anche se omosessuali o con relazioni di più di due
persone, secondo una tendenza che comincia ad avere un riconoscimento
legale in alcuni Stati americani, dice l’Economist. Il concetto di “famiglia” nel
2050 potrà descrivere molte unioni diverse. Ma nel caso dello sviluppo
sostenibile, continuiamo a pensare che la soluzione sia una sola: la civiltà può
sopravvivere (in forma non degradata) nella seconda metà del secolo solo se
realizza gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e quelli che la comunità umana dovrà
darsi per i prossimi decenni. Del resto, la stessa ChatGpt nella nostra
intervista ci ha avvertito che senza una adeguata governance internazionale si
realizzano le peggiori distopie.
Il futuro sta accelerando, ma abbiamo voglia di affrontarlo? Per rispondere
non basta fare la solita predica alla classe politica che ha in mente solo il
breve termine e le prossime elezioni, ma dobbiamo guardare dentro di noi.
Sulla Stampa, Luigi Manconi parla di uno stato di “grande depressione”
originato dal Covid ma estesosi a gran parte della comunità nazionale.
In altri termini, nell’arco degli ultimi mesi e, c’è da temere, dei prossimi anni, si
è assistito e si assisterà a una riduzione drastica dell’idea di futuro. Ovvero del
sistema delle Promesse e delle Speranze. Prevalgono, nel migliore dei casi,
sentimenti tiepidi: qualcosa di simile a “passioni tristi”(Spinoza). In tutti i
campi. (…)
Siamo, appunto, alla Grande Depressione che inevitabilmente si riproduce
proprio laddove aveva trovato origine: nella vita quotidiana dei singoli. Si
rimpiccioliscono, cioè, i programmi individuali e le attese nei confronti del
domani, per sè e per i propri figli. Ci si concentra sulle solidarietà corte
(familiari, parentali, amicali) e si investe meno sulle relazioni di comunità. Il
futuro è qui e ora (la crisi demografica ha anche questa radice).
Senza gettare la croce addosso soltanto agli italiani, perché non mi sembra
che altri popoli siano molto più lungimiranti, il problema è proprio qui. Non si
costruisce uno sviluppo sostenibile senza una forte volontà collettiva di
affrontare il futuro. A meno che non vogliamo guardare solo al nostro
particulare, lasciando alle macchine di progettare come decidere per noi. Ma
persino ChatGpt ci avverte che non ci conviene.
fonte: ASVISS

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