Fringe benefit o welfare aziendale: cosa
conveniente di più alle imprese?
di Simone Baghin – Consulente del lavoro in Vicenza
Con lo scopo di intervenire sul potere di acquisto dei lavoratori le aziende
stanno sempre di più introducendo politiche retributive mediante il
riconoscimento di beni e servizi sotto forma di fringe benefit o welfare
aziendale. Si tratta di misure che hanno un alto valore incentivante, ma che
vanno valutate attentamente al fine di contenere il costo del lavoro. Per
effettuare una valutazione economica in merito all’applicazione di una o
dell’altra misura occorre, infatti, conoscere i destinatari, le fonti istitutive e le
regole in ambito fiscale e contributivo. Cosa conviene di più alle imprese?
È indubbio che negli ultimi anni le aziende allo scopo di intervenire sul potere
di acquisto dei lavoratori ma avendo anche cura di tenere sotto controllo il
costo del lavoro, si sono orientate sempre di più nell’introduzione e
implementazione di politiche retributive finalizzate al riconoscimento di beni e
servizi da mettere a disposizione dei singoli lavoratori o della generalità. Beni
e servizi che possono assumere natura diversa e impatto fiscale e contributivo
a seconda che vengano riconosciuti come forma integrativa di retribuzione
(fringe benefit) ovvero come forma di integrazione non monetaria della
retribuzione (welfare aziendale).
Proviamo qui di seguito a delineare le differenze tra fringe benefit e welfare
aziendale
Definizione di fringe benefit e welfare aziendale
I fringe benefits sono compensi in forma non monetaria, consistenti nella
messa a disposizione di beni e/o servizi a favore dei dipendenti (o di qualche
dipendente), senza che ve ne sia l’obbligo in forza di normative legislative.
I fringe benefits vanno collocati nel quadro generale delle forme di retribuzione
in natura che può assumere anche natura incentivante, poiché possono
essere considerati come strumenti essenziali di valorizzazione della
prestazione dei lavoratori e dei collaboratori.
I compensi in natura, essendo erogati quale corrispettivo della prestazione
lavorativa, hanno natura retributiva (e non liberale) con la conseguente
applicazione dei principi in tema di retribuzione, e cioè:
- possibilità di considerare il valore dei predetti compensi ai fini del calcolo di
istituti retributivi indiretti o differiti;
- obbligo del datore di lavoro di non eliminare queste corresponsioni nel caso
in cui si applichi il principio dell’irriducibilità (salvo rinuncia del lavoratore).
Pur non esistendo una definizione di legge, per welfare aziendale oggi si
intende l’insieme di benefici e prestazioni erogato ai dipendenti nell’intento di
integrare la componente meramente monetaria della retribuzione sia in
funzione di sostegno al reddito sia in funzione di miglioramento della vita
privata e lavorativa.
Non si tratta quindi di elementi che assumono natura retributiva ma bensì la
loro erogazione deve rispondere a finalità di tipo assistenziale e come
strumenti in grado di aiutare la conciliazione vita lavoro.
Destinatari
I fringe benefit, assumendo natura retributiva, possono essere riconosciuti al
singolo lavoratore
Il welfare aziendale, invece, per beneficiare dell’esenzione fiscale e
previdenziale, parziale e totale, deve essere offerto o messo a disposizione
della generalità dei dipendenti o di categorie omogenee di essi.
Fonte istitutiva
Il riconoscimento del fringe benefit trova la sua fonte istitutiva nell’accordo
individuale tra datore di lavoro e lavoratore all’atto dell’assunzione ovvero in
un momento successivo.
Per quanto riguarda il welfare aziendale, questo viene istituito e
regolamentato mediante accordo/contratto, regolamento interno o come atto
unilaterale.
La scelta della fonte istitutiva del welfare comporta anche conseguenze in
tema di deducibilità fiscale per l’azienda del relativo costo sostenuto: qualora
infatti sia regolamentato da contratto/accordo o regolamento interno, la
deducibilità ai fini IRES è del 100%; diversamente, qualora offerto come atto
unilaterale da parte del datore di lavoro, senza alcuna formalizzazione, la
deducibilità è limitata al limite del 5/1000 del costo delle retribuzioni sostenuto
nell’anno.
Valorizzazione economica e imponibilità fiscale e contributiva
I fringe benefit rientrano nel concetto generale di omnicompresività del reddito
da lavoro dipendente stabilito dall’art. 51 TUIR ai sensi del quale il reddito da
lavoro dipendente comprende tutte le somme e i valori in genere, a qualunque
titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali,
in relazione al rapporto di lavoro.
È da tener presente che l’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del TUIR
dispone che non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei
servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo
d’imposta a 258,23 euro e che se il predetto valore superiore al citato limite, lo
stesso concorre interamente a formare il reddito.
Per quanto riguarda la valorizzazione in termini monetari dei valori (fringe
benefit), l’art. 9 comma 3 del TUIR stabilisce che questi devono essere
valorizzati per il loro valore normale, intendendo per esso prezzo o
corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o
similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di
commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati
acquisiti o prestati e in mancanza nel tempo e nel luogo più prossimi.
Vi sono però determinati beni e servizi che “sfuggono” alla regola generale
della valorizzazione al valore normale di cui all’art. 9, comma 3; si tratta in
particolare di alcuni beni e servizi per i quali la norma prevede una
valorizzazione convenzionalmente stabilita dall’art. 51 (Autovettura ad uso
promiscuo, prestiti ai lavoratori, fabbricati concessi in locazione, in uso o in
comodato, ecc).
Per quanto riguarda il welfare aziendale, il valore dei beni e servizi offerti o
messi a disposizione della generalità dei dipendenti non rappresenta
retribuzione imponibile da un punto di vista fiscale e previdenziale per il
lavoratore.
Viene prevista però una eccezione al principio di esenzione fiscale in caso di:
- contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore
ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a
disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino
negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui
all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore
complessivamente ad euro 3.615,20;
- contributi versati dal datore di lavoro o dal lavoratore alla previdenza
complementare del lavoratore fino a 5.164,57 annui;
In entrambi i casi, lato azienda, è dovuto dal datore di lavoro il contributo di
solidarietà INPS del 10%.
Imponibilità ai fini del TFR
Ai sensi dell’art. 2120 c.c., salvo diversa previsione dei contratti collettivi la
retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme,
compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza
del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è
corrisposto a titolo di rimborso spese.
Pertanto, salvo diversa previsione del CCNL il controvalore dei beni e servizi
riconosciuto a titolo di fringe benefit rientra nella retribuzione utile al calcolo
del TFR.
Per quanto riguarda i beni e servizi del paniere di welfare aziendale, non
assumendo natura retributiva, non rilevano ai fini del calcolo della retribuzione
utile ai fini del calcolo del TFR.
Tabella di riepilogo e confronto
Fringe benefit Welfare aziendale
Definizione
Beni e servizi
riconosciuti dal datore
di lavoro al lavoratore
aventi natura
retributiva
L’insieme di benefici e prestazioni
erogato ai dipendenti nell’intento di
integrare la componente
meramente monetaria della
retribuzione sia in funzione di
sostegno al reddito sia in funzione
di miglioramento della vita privata
e lavorativa.
Destinatari Singolo lavoratore Generalità o categorie omogenee
Fonte
regolativa
Accordo individuale
- Accordo o contratto collettivo
- Regolamento interno
- Atto unilaterale
Valorizzazione
in termini
economici
- Non concorre alla
formazione del reddito
il valore dei beni e
servizi fino a 258,23 su
base annua
- Superata tale soglia,
ai fini della
valorizzazione si
assume il valore
normale ai sensi
dell’art. 9, comma 3,
TUIR
- Previste regole
particolari di
valorizzazione
convenzionale
- Non concorre alla formazione del
reddito
- Viene previsto un limite di
esenzione fiscale e previdenziale
in caso di:
a) Previdenza complementare fino
a 5.164,57
b) Assistenza sanitaria integrativa
fino a 3.615,20
Contribuzione
INPS
Ordinaria (salvo il
limite di esenzione di
258,23 su base annua)
Di solidarietà del 10% in caso di
previdenza complementare e
assistenza sanitaria integrativa
fonte: IPSOA