ANALISI COMMENTI – Birra artigianale: +104% di birrifici in sette anni e consumi in crescita

Birra artigianale: +104% di birrifici in
sette anni e consumi in crescita


Quello della birra artigianale in Italia è un settore in continua crescita
in termini di numero di birrifici, che non si è interrotta neanche nel
periodo pandemico, ma anche di consumi.
Secondo il Registro delle imprese CCIAA, nel 2022 le realtà che producono
birra in Italia hanno raggiunto le 1.326 unità occupando un totale di 9.612
addetti diretti, con una crescita rispetto al 2015 del 104% in termini di birrifici e
del 22% in termini di addetti. È quanto evidenziato nel Report 2022 “Birra
artigianale, filiera e mercati” di Unionbirrai, associazione di categoria dei
piccoli birrifici indipendenti, realizzato a cura di OBIArt, Laboratorio del
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e
Forestali dell’Università degli Studi di Firenze dedicato allo studio del settore
brassicolo artigianale italiano, che è stato presentato a Firenze oggi, martedì
27 giugno 2023, dal professor Silvio Menghini, coordinatore scientifico
dell’Osservatorio, nell’appuntamento che ha visto anche la partecipazione di
Vittorio Ferraris e Francesco Mancini, direttore generale e consigliere
Unionbirrai.
Il report presenta una dettagliata panoramica delle attuali condizioni di salute
del comparto, approfondimento sui numeri della birra artigianale, delle
imprese brassicole italiane e dei consumi, e sottolinea come l’Italia si collochi
al sesto posto a livello europeo (dopo Francia, Regno Unito, Germania,
Svizzera e Olanda) per numero di birrifici e al nono per volume di produzione
con 17,6 mln di ettolitri prodotti nel 2021.
Se a livello geografico i birrifici risultano ormai essere diffusi in tutto il Paese
(più rilevante la consistenza delle imprese nel Nord Italia, ma è nel Centro
Sud che si continuano a registrare gli incrementi più consistenti), il dato
significativo riguarda la crescita dei birrifici agricoli, di fatto divenuta
un’opportunità a partire dal 2010, anno in cui le produzioni di birra e malto
sono entrate a far parte delle attività connesse praticabili nelle imprese del
primario. Presente in appena una ottantina di aziende nel 2015, nel 2022 la
produzione di birra arriva ad essere presente in 290 imprese agricole,
arrivando a rappresentare il 22% di tutti i birrifici nazionali e ad occupare oltre
1.000 addetti.
“La birra cresce nelle preferenze degli italiani e la birra artigianale lo fa ancora
di più. I motivi possono essere diversi e anche un cambio di cultura del bere è
tra questi. Ma è importante riconoscere il merito agli operatori del settore per
tutto il lavoro che si sta facendo – sottolinea Vittorio Ferraris, direttore
generale Unionbirrai – Sempre maggiore attenzione alle materie prime,
innovazione tecnologica, marketing intelligente e capacità di intercettare i
gusti dei consumatori sono i principali motivi per cui il comparto della birra
artigianale cresce tra le preferenze dei consumatori italiani di birra. La crisi
portata dalla pandemia ha creato grandi allarmi non solo a causa delle
restrizioni imposte dalle iniziative governative anticontagio che ha visto
chiudere i canali commerciali tradizionali, ma anche per il successivo aumento
dei costi di materie prime ed utility provocate dalla fine della pandemia e
dall’inizio di gravi turbolenze geopolitiche, tuttora in corso per altro – aggiunge
Ferraris -.
Tutti fattori che, come è evidente, gravano in modo molto più pesante sulle
piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto produttivo della birra
artigianale italiana, rendendo sempre più complicata e impari la concorrenza
con le grandi multinazionali. Eppure, la reazione dei nostri produttori è stata
decisa e risoluta, si è combattuto per rimanere sul mercato aumentando la
dose di creatività e innovazione, per trovare soluzioni alle difficoltà e
continuare ad essere una presenza forte nei consumi degli italiani. Dopo
praticamente un anno dalla fine delle restrizioni il comparto è tornato ai livelli
precedenti, addirittura superandoli. Questa reazione, straordinariamente
flessibile e determinata, è quella che mi consente di essere orgoglioso del
nostro passato e di guardare con fiducia ai prossimi anni”.
Le restrizioni introdotte nel periodo COVID hanno costretto molte imprese a
riorganizzare la propria rete distributiva, trovando il modo, dopo un iniziale
sbandamento, di recuperare gli svantaggi. Ma intraprendenza, originalità e
forza creativa dei mastri birrai rappresentano importanti punti di forza per il
comparto e a dimostrarlo è un’indagine diretta condotta presso i birrifici
artigianali, che ha rivelato che nelle 130 imprese esaminate la produzione
totale realizzata nel 2022 alimenta 1.162 diverse etichette permanentemente
inserite in listino e 716 etichette non stabilmente presenti ed associate a
particolari produzioni stagionali o per altri motivi non continue: a livello di
media campionaria, ciò significa che ogni birrificio ha un portfolio con 7-10
linee di prodotto diverse. Allo stesso tempo l’indagine ha sottolineato come i
birrifici artigianali, oltre che nella produzione e vendita della birra, abbiano
articolato la loro occupazione in una variegata serie di attività di accoglienza
del cliente: in oltre due terzi dei birrifici i clienti, oltre che acquistare i prodotti,
possono anche visitare gli impianti, nel 46% dei casi è presente una tap room,
mentre nel 24,6% l’ospitalità è organizzata nei termini di brew pub e nel 32%
con somministrazione di alimenti.
Sotto il profilo dei consumi e del comportamento dei consumatori, il report
segnala, sulla base di un’indagine di mercato su 1700 contatti, che il 41% è
consumatore abituale di birra, il 12% della sola birra industriale e il 29% di
birra industriale e artigianale. “C’è ancora molto lavoro da fare per migliorare il
settore e per diffondere il consumo della birra artigianale. – conclude Ferraris
– Ma possiamo prendere atto che il settore è in crescita sia per quanto
riguarda il numero delle nuove aziende che per quanto riguarda la diffusione
della birra artigianale tra i consumatori, anche se dobbiamo e possiamo
sicuramente fare di meglio nello specifico del comparto GDO, dove il nostro
genere di prodotto fa più fatica ad essere gestito con le dovute attenzioni alla
qualità e alla durabilità. Abbiamo scoperto come, all’interno di un maggior
interesse verso le bevande alcoliche da parte degli italiani, la birra stia
crescendo molto di più del vino con abitudini di consumo che diventano meno
tradizionali e più variegate assomigliando sempre più al modello nordeuropeo
che a quello mediterraneo più legato al vino e al consumo durante i pasti”.

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