LAVORO – Risoluzione del rapporto di lavoro: novità da decreto lavoro in caso assenza ingiustificata

Risoluzione del rapporto di lavoro: novità da
decreto lavoro in caso assenza ingiustificata


di Marta Bregolato
Il rapporto di lavoro può risolversi per licenziamento (espressione della
volontà del datore di lavoro), dimissioni (espressione della volontà del
lavoratore) o per risoluzione consensuale (incontro della volontà delle Parti,
nella maggior parte dei casi a seguito di conciliazione).
Sappiamo anche nel momento in cui le Parti decidono di interrompere il
rapporto di lavoro deve essere garantito, reciprocamente un giusto tempo di
preavviso; tale periodo infatti consente ad entrambe le parti di organizzare il
proseguo della propria attività lavorativa senza che da questa interruzione ne
consegua un periodo di inattività o di danno economico. Il datore di lavoro
quindi utilizzerà questo tempo per ricercare una figura che possa sostituire il
lavoratore, facendo in modo anche che vi sia l’opportunità di programmare un
passaggio di consegne; il lavoratore ottimizzerà questo periodo per guardarsi
attorno e, se non già individuato, avviare la ricerca per una nuova
collocazione lavorativa.
Nel caso in cui le Parti non si riconoscano reciprocamente il tempo di
preavviso questo potrà essere valutato economicamente in sede di conguagli
retributivi.
Fatte queste importanti premesse di carattere generale è importante
analizzare le novità introdotte dal Decreto Lavoro (D.L. n. 48 del 04.05.2023,
convertito con modificazioni in Legge n. 85 del 03.07.2023) proprio in materia
di risoluzione del rapporto di lavoro quando questo avvenga per assenza
ingiustificata del lavoratore.
L’assenza del lavoratore e quindi la mancata esecuzione della prestazione
generalmente è motivata da: malattia, infortunio, congedi, permessi, ferie; in
queste fattispecie si configura una assenza giustificata che dà quindi diritto
alla retribuzione a carico dei soggetti deputati (datore di lavoro in caso di
permessi e ferie; Inps in caso di malattia con prognosi oltre i 3 gg; Inail in caso
di infortunio con prognosi oltre i 3 gg; Inps in caso di congedi).
Qualora però il lavoratore si astenga dal presentarsi sul luogo di lavoro e
quindi non svolga la prestazione oggetto del contratto di lavoro, senza
preavviso o senza motivare tale assenza, tale assenza è ingiustificata e
conseguentemente non può essere retribuita.
Non solo, la non remunerabilità della prestazione non è l’unica conseguenza
che si attiva in quanto, qualora tale assenza prosegua nel tempo, sempre
ingiustificatamente per oltre 5 gg può essere intesa quale espressione di
volontà, da parte del dipendente, di interrompere il rapporto di lavoro.
Ciò significa che tale comportamento si configurerà come espressione di
dimissioni volontarie, tra l’altro senza preavviso.
Quali sono le conseguenze di questa equiparazione?
Per il lavoratore:
● intervenendo le dimissioni volontarie non si avrà diritto alla Naspi;
● salvo accordi diversi tra le Parti, in sede di busta paga di conguaglio per
l’ultima retribuzione, subirà la trattenuta per mancato preavviso.
Per il datore di lavoro:
● salvo accordi diversi tra le Parti, in sede di busta paga di conguaglio per
l’ultima retribuzione, potrà addebitare il mancato preavviso;
● non dovrà versare il ticket licenziamento (non trattandosi per l’appunto
di licenziamento ma di dimissioni volontarie);
● non dovrà in alcun modo giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro
(non dovrà essere quindi ricondotto alla giusta causa o al giustificato
motivo oggettivo e soggettivo);
● non avrà impedimenti nel sostituire il lavoratore dimesso.
È chiaro che questa situazione, come anomala, pone anche un’altra
questione: se ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro è richiesta una
comunicazione scritta da parte del lavoratore, in caso di dimissioni, in questa
fattispecie, trattandosi di “interpretazione” dal comportamento adottato della
volontà del lavoratore di interrompere il rapporto scritto, la comunicazione
scritta verrà meno.
Sarà quindi importante che il datore di lavoro possa provare, magari anche
con comunicazioni di richiesta di chiarimenti al lavoratore, che quest’ultimo
non abbia comunicato le motivazioni dell’assenza e che lo stesso non si trovi
in situazioni di impedimento dal comunicarlo.

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