ASVISS – PER SAPERNE DI PIU’ – Per difendere le democrazie sotto attacco bisogna migliorarne la qualità

Per difendere le democrazie sotto attacco
bisogna migliorarne la qualità


Un viaggio tra i regimi del mondo, per seguire l’evoluzione e le minacce
a questa forma di governo che va protetta e nutrita, anche in Italia. La
partecipazione politica va curata, se si vogliono scelte coraggiose dai
governanti.
La guerra lanciata sabato 7 ottobre scorso da Hamas e appoggiata
dall’Iran è il richiamo più forte e drammatico agli Stati Uniti e all’Europa:
gli attacchi alle democrazie e alla democrazia si moltiplicano, non è più
tempo di incertezze e divisioni.

di Flavia Belladonna


Con queste parole Danilo Taino, sul Corriere della Sera, affronta il tema della
libertà sotto attacco nel disordine globale. Il conflitto a Gaza tra palestinesi
e israeliani, riacceso pochi giorni fa dal colpo inedito sferrato da Hamas che
ha portato da una parte e dall’altra a migliaia di vittime civili, fa seguito alla
guerra in Ucraina. Come sottolinea il giornalista, stiamo vedendo gli effetti
dell’aggressione russa, che “ha esaltato despoti e terroristi in sonno e ha
aperto loro la strada per cercare di imporre con la forza equilibri a loro
favorevoli”.
Così il mondo si sgretola: in Africa subsahariana crollano molte democrazie
sotto i colpi di jihadisti e milizie filorusse, la Cina strizza l’occhio a nuovi
dittatori, in Corea del Nord si alza il livello delle provocazioni, l’Iran trova
nuovo vigore dopo le repressioni delle donne, in Europa crescono le tensioni
tra Serbia e Kosovo e in America Latina Venezuela e Cuba continuano
l’appoggio a Russia e Cina. Insomma, l’ordine internazionale uscito dalla
Seconda guerra mondiale, fondato su regole, libertà di espressione e di
movimento, commerci aperti e Stato di diritto, rischia di crollare e deve
mettere in allarme ognuno di noi. Difendere il modello democratico vuol dire
scegliere la risoluzione pacifica delle controversie, maggiori libertà e diritti,
partecipazione civile. A volte rischiamo di darla per scontata, ma la
democrazia va protetta e nutrita per garantirne la qualità.
Ma quand’è che una democrazia è realmente tale? Quale l’evoluzione delle
forme di governo nel mondo e in Europa? E soprattutto, come possiamo
garantire in Italia una democrazia di qualità? Proviamo a esaminare le
questioni partendo da alcuni dati, in particolare dal fatto che il nostro non è un
Paese considerato pienamente democratico.
Secondo l’Economist, l’Italia non è una full democracy ma una flawed
democracy, ovvero una democrazia imperfetta. Nel Democracy index
2022, la classifica annuale del settimanale politico-economico sullo stato di
democrazia di 167 Paesi del mondo, le nazioni sono valutate come
democrazie piene, democrazie imperfette, regimi ibridi o autoritarismi in base
a cinque parametri: processo elettorale e pluralismo, funzionamento del
governo, partecipazione politica, cultura politica e democratica e libertà civili. Il
migliore governo del mondo è quello della Norvegia, seguita da Nuova
Zelanda e Islanda, in cima alle 24 democrazie piene. Tra i 48 Paesi a
democrazia imperfetta troviamo l’Italia, che occupa la 34esima posizione
globale con un punteggio di 7,69, soprattutto grazie al processo elettorale e
al pluralismo (9,58), ma in calo di tre posti rispetto al 2021, risultando meno
adeguata dal punto di vista del funzionamento di governo (6,79) e negli
altri parametri. Seguono 36 regimi ibridi e 59 autoritarismi, con l’Afghanistan
che chiude la classifica.
Dall’indice emerge a che punto sono oggi le democrazie nel mondo, ma è
interessante cercare di capire anche dove stanno andando. Secondo
Freedom House, la lotta per la democrazia nel mondo è molto vicina a un
punto di svolta. Come spieghiamo in questa notizia, infatti, il deterioramento
della libertà nel mondo è avvenuto per il 17esimo anno consecutivo, con il
numero dei Paesi dove le libertà democratiche sono in declino che ha sempre
superato il numero di Paesi che invece migliorano il loro tasso di
democraticità, ma nel 2022 lo scarto tra un gruppo e l’altro si è assottigliato.
Le cose potrebbero dunque finalmente cambiare, anche perché sebbene
nel mondo il processo di democratizzazione abbia subìto battute d’arresto, la
gente comune continua a difendere i propri diritti contro l’autoritarismo.
La lotta in Iran, soprattutto delle donne, ne è un esempio.
Ma non si tratta solo di vedere quante democrazie ci sono nel mondo,
che certamente è importante, ma anche la loro qualità. In un libro di Martin
Conway in uscita proprio oggi, dal titolo “L’età della democrazia. L’Europa
occidentale dopo il 1945” (raccontato sul Corriere della Sera), l’autore
evidenzia che il modello di democrazia emerso nell’Europa occidentale dopo il
1945 era figlio di quell’epoca, e come tale non basta “aggiornarlo” per
rappresentare adeguatamente le società del 21esimo secolo: dovremmo forse
interpretare ciò che sta accadendo oggi e che accadrà nei prossimi anni non
come la fine della democrazia, “ma come la transizione da un modello
democratico a un altro”. Di fronte all’incertezza, all’evoluzione delle
tecnologie, alla crescente polarizzazione e alle esigenze delle attuali società,
è importante dunque rifondare un dibattito sulla democrazia per
evolvere verso una democrazia 2.0 in grado di rispondere alle nuove sfide.
L’Unione europea si sta già mobilitando per difendere una democrazia di
qualità. Di fronte all’impennata di restrizioni alla democrazia, allo spazio civico
e allo Stato di diritto in tutta l’Ue degli ultimi anni, Civil society Europe,
importante rete europea di organizzazioni della società civile, ha pubblicato un
Rapporto con sei raccomandazioni per un’Unione più democratica su
temi che vanno dai diritti alla libertà di movimento, ma anche a politiche sociali
e di sicurezza, clima e digitalizzazione (ne abbiamo parlato qui). Inoltre, fin dal
2020 la Commissione europea ha adottato il Piano d’azione europeo per la
democrazia 2020-2024 e recentemente un gruppo di esperte ed esperti in
Germania e Francia ha avanzato una proposta di riforma dell’Ue, da attuare
contestualmente all’allargamento a nuovi Paesi (Ucraina e non solo), che
propone regole più severe sullo Stato di diritto, nuove procedure di voto al
Consiglio europeo e un bilancio dell’Ue più ampio.
E l’Italia? La parola democrazia deriva dal greco, “demos” e “crato”, e vuol
dire che il comando è in mano al popolo. Abbiamo visto che, se secondo
l’Economist la nostra democrazia è molto valida su processo elettorale e
pluralismo, è su funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura
politica e democratica e libertà civili che dobbiamo lavorare per garantire
questo effettivo comando del popolo italiano.
Nell’analisi sullo stato di diritto del nostro Paese, l’Ue ha evidenziato
alcune criticità, tra cui che: i tre decreti su migrazione e condotta delle
organizzazioni della società civile introdotti tra ottobre 2022 e gennaio 2023
potrebbero avere, o hanno già, ripercussioni negative sull’operato delle
organizzazioni della società civile e potrebbero limitare la libertà di
associazione e la protezione dello spazio della società civile; sono aumentati
gli attacchi retorici contro le organizzazioni della società civile, in
particolare quelle umanitarie, che si occupano di questioni migratorie,
comprese campagne denigratorie contro il loro lavoro; destano
preoccupazione gli attacchi, le minacce e altre forme di intimidazione nei
confronti dei giornalisti (nei primi tre mesi del 2023 censiti 28 episodi
intimidatori); il disegno di legge sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio rischia
di depenalizzare importanti forme di corruzione e potrebbe influire sull’efficacia
dell’individuazione e del contrasto della corruzione.
I valori democratici possono essere minati da possibili decisioni
sbagliate dall’alto, ma anche a causa di decisioni assenti o disinformate
dal basso. Per contrastare il fenomeno delle urne vuote è necessario
realizzare un forte lavoro di educazione alla partecipazione politica, a
partire dalle scuole, per sensibilizzare sull’importanza del voto, contrastare la
disaffezione dei cittadini, incoraggiare ad approfondire i programmi elettorali e
informarsi attraverso dati concreti e attendibili. Occorre poi lavorare
seriamente per ricostruire la fiducia dei cittadini nella politica
restituendogli credibilità, al fine di contrastare la rinuncia al voto generata
da una frustrazione generale verso il sistema politico e dalla convinzione che il
proprio voto non conti nulla o che in ogni caso andrà a una casta privilegiata e
corrotta. Secondo un recente rapporto di Actionaid sulla qualità della
democrazia, che racconta i modi in cui la società civile prende parte ai
processi decisionali e politici del Paese, bisogna ragionare sulla democrazia
non come una sequenza di momenti elettorali, ma piuttosto come processo
continuo e dinamico; dobbiamo dunque riflettere sulla reale qualità del potere
che i cittadini possono o meno esercitare nell’esprimere le rappresentanze,
per sfidarle e stimolarne il potenziale.
Lavorare dal basso per avere buone risposte dall’alto è importante, perché
senza una forte partecipazione popolare i leader politici difficilmente
riusciranno a compiere le scelte coraggiose necessarie per garantire un
pieno rispetto dei diritti e per realizzare una transizione giusta. Per questo, nei
prossimi mesi, l’ASviS pubblicherà un documento proprio sul ruolo chiave
della partecipazione politica ed elettorale e sulla partecipazione giovanile alla
vita civile democratica.
C’è infine il tema delle tecnologie. In un’era in cui le cittadine e i cittadini
sono abituati a esprimere continuamente la loro opinione attraverso i social, il
modello democratico tradizionale rischia di risultare obsoleto e di far sentire le
persone non ascoltate. Esistono delle criticità per questa modalità, come il
fatto che le decisioni degli eletti vengono messe in discussione in rete con la
possibilità di condizionare i comportamenti alla ricerca di popolarità. Sarebbe
importante approfondire e regolamentare gli strumenti innovativi di
partecipazione democratica digitale per rispondere alle nuove esigenze
della società, tutelandola al tempo stesso dal rischio di manipolazioni. Con le
giuste modalità, e prestando attenzione a non esacerbare il divario digitale, la
tecnologia potrebbe rigenerare la democrazia.
Insomma, sono tanti i nodi da affrontare per camminare verso una democrazia
sempre più piena, ma è da essa che dipenderanno il rispetto dei nostri diritti,
le libertà, la pace, le opportunità e anche quindi la qualità della vita. Come
afferma Alessandro Magnoli Bocchi, autore del libro “Quale futuro per la
democrazia?” uscito a settembre in libreria,
Il processo di evoluzione della democrazia – lungi dall’essere concluso – deve
poter continuare. L’odierna democrazia liberale ha impiegato millenni per
emergere e affermarsi come forma di governo cui aspirare, e richiede un
continuo sforzo di promozione e consolidamento. Basandosi sul consenso,
richiede legittimità. Specie se diretta, esige elettori preparati e governanti
competenti. Per decenni, ha garantito prosperità e libertà, ma oggi è fragile.
Va rafforzata con scelte coraggiose. Il momento è cruciale, ma è in tali
momenti che si determina il futuro. È ora di creare società migliori, funzionanti.
Se non ora quando?
Editoriale a cura di :ASVIS – AGENZIA ITALIANA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

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