La normativa europea “protegge” le persone che segnalano violazioni di norme in contesto lavorativo pubblico o privato. Cosa devono fare le imprese con più di 50 dipendenti entro il 17 dicembre.
Entro il 17 dicembre 2023 le aziende del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati da 50 fino a 249 (dipendenti a tempo determinato e indeterminato) hanno l’obbligo di attuare le disposizioni relative al Whistleblowing e di istituire quindi un canale di segnalazione illeciti interno per contrastare e prevenire comportamenti scorretti e violazioni di leggi e regolamenti italiani o dell’Unione Europea, che potrebbero sfociare in un reato, dei quali sia venuto a conoscenza un soggetto durante lo svolgimento dell’attività lavorativa (es. violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro).
Per le aziende di dimensioni superiori, l’obbligo è già vigente dallo scorso 15 luglio.
I canali interni di segnalazione dovranno essere disposti di modo che garantiscano adeguati standard di sicurezza per tutelare l’identità dei segnalanti e dovranno essere attivati sentite le RSA/RSU se presenti o le organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori che firmano il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato in azienda e che abbiano vera rappresentatività comparativa sul piano nazionale.
Gli esperti dell’Area Lavoro Confcommercio Umbria precisano che l’obbligo di “sentire” i sindacati è differente dall’obbligo di esperire un “esame congiunto”.
L’azienda dovrà quindi informare formalmente i sindacati dell’intenzione di attivare il canale di whistleblowing inviando una descrizione degli elementi essenziali dello stesso.
E se i sindacati chiedono un incontro?
Se i sindacati chiedono un incontro di approfondimento l’azienda ha l’onere di rispondere favorevolmente; si consiglia pertanto di indicare comunque un termine entro cui questo potenziale colloquio debba avvenire.
Si ricorda che è prevista una sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro quando si accerti che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle previste dal decreto legislativo che impone l’obbligo, nonché quando è accertato che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
Cosa è il whistleblowing
Il Whistleblowing è un fondamentale strumento di compliance aziendale, tramite il quale un dipendente oppure terze parti (per esempio un fornitore o un cliente) di un’azienda possono segnalare, in modo riservato e protetto, eventuali illeciti riscontrati durante la propria attività.
Con l’approvazione del decreto legislativo si allarga in maniera significativa il perimetro sia soggettivo che oggettivo di applicazione di quell’apparato di norme che ha come scopo quello di tutelare gli “spifferatori”.
Lo spifferatore ha ora tre diversi canali di segnalazione: interno, esterno, tramite divulgazione pubblica.
La principale garanzia che i tre canali devono dare è quella della riservatezza (diversa dall’anonimato) di chi vuole segnalare un illecito senza essere discriminato.
Non parliamo solo di lavoratori: tra i protetti ci sono ora anche i collaboratori, tirocinanti e anche i facilitatori e i familiari.
La platea dei nuovi obbligati è amplissima: tutte le Pubbliche Amministrazioni, gli enti pubblici economici ma, soprattutto, sono obbligati anche i soggetti privati che nell’ultimo anno hanno impiegato una media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.
È necessario che le aziende predispongano un piano di azione che tenga insieme aspetti diversi, dalla predisposizione di canali di segnalazione adeguati e tecnologicamente affidabili, alla formazione interna dei dipendenti ed esterna degli altri stakeholder sull’utilizzo dello strumento, ma anche la formazione specifica di chi riceve le segnalazioni e l’approvazione di procedure efficaci.
Tra i tanti adempimenti quindi l’azienda dovrà:
I tre canali di segnalazione sono in verità una scala che il segnalatore deve seguire.
Le tre tipologie di segnalazione devono necessariamente essere utilizzate in modo progressivo e sussidiario, nel senso che il segnalante può effettuare una segnalazione esterna solo se non ha potuto effettuare una segnalazione interna o se questa non ha avuto esito e una divulgazione pubblica solo dopo aver effettuato una segnalazione interna e/o esterna senza esito.
L’Anac nel momento in cui recepisce la segnalazione esterna e verifica che non sono stati istituiti canali di segnalazione o che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle fissate dal D.lgs. 24/2023 oppure che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, può disporre una sanzione da 10.000 a 50.000 euro.