Ecco perché l’innovazione può aiutare PMI e
micro imprese artigiane a uscire dalla crisi e
restare sul mercato
di Stefano Casini
Il biennio 2020-2021, con la pandemia mondiale e le crisi sanitaria, economica
e sociale, mette molte PMI di fronte a un bivio: recuperare subito dalle
difficoltà, innanzitutto attraverso gli strumenti dell’innovazione, o uscire dal
mercato.
Un bivio netto, evidenziato dalla seconda edizione dell’Innovation index, nato
nel 2019 nell’ambito del progetto InnoVaUp, dalla collaborazione tra Artser e
Faberlab, per rilevare la maturità digitale e la propensione all’innovazione
delle PMI e micro imprese italiane. Cinquanta le aziende mappate nella prima
fase, 150 nella seconda, caratterizzata dal più imprevedibile degli acceleratori
del cambiamento: la pandemia.
Dall’Innovation index emerge la propensione alla collaborazione e alla
partnership, da parte di PMI e micro imprese, e l’attenzione alla formazione
permanente non obbligatoria, indispensabile ad acquisire le skills necessarie
a innovare o trasformarsi. Di contro, restano bassi il livello di integrazione tra
i macchinari utilizzati in azienda (che risulta per il 29% assente, e per il 42%
a un livello base) – integrazione che è alla base dell’impresa 4.0 – così come
la propensione all’innovazione, che resta ‘basica’ per il 56% delle imprese.
Il blocco di alcune attività, e il rallentamento del lavoro, hanno generato in
alcuni settori produttivi e di servizio un circuito vizioso – economico e di
prospettiva – pericoloso per il tessuto economico, che ha messo su due
sponde opposte gli imprenditori che sono usciti dalla crisi, e stanno
raccogliendo i frutti degli investimenti in innovazione, e quelli sui quali grava
un’incertezza che – ipotizza l’innovation manager Angelo Bongio,
coordinatore del progetto InnoVaUp – “da qui al 2023 avrà effetti dirompenti”.
Se non addirittura prima.
Una situazione e una prospettiva che gravano innanzitutto sui settori più
esposti ai venti del cambiamento imposto dal Covid e del riassetto economico
mondiale: il manifatturiero e la casa (costruzione e impianti) in primis, dove
prevalgono – come emerge dall’Innovation Index – le imprese con elevata
capacità di personalizzazione dell’offerta e grande flessibilità produttiva.
“C’è una crepa che il Covid 19 ha allargato fino a trasformarla in un pericolo
per la tenuta del tessuto economico: è quella che ha separato nell’ultimo anno
e mezzo in modo sempre più marcato le piccole e medie imprese avviate con
decisione a processi di innovazione digitale ed ecologica – all’incirca due
imprese su cinque – e le aziende che faticano a intercettare il cambiamento, a
discapito della competitività su mercati e della sopravvivenza stessa nella
catena di fornitura”, rimarca il presidente di Confartigianato Imprese Varese,
Davide Galli.
Che sottolinea: “a stupirci sono state soprattutto le reazioni delle aziende e la
forte divaricazione tra quante hanno scelto di rompere le resistenze e
assecondare velocemente la trasformazione digitale e quante, di contro, non
sono riuscite a cambiare direzione e faticano a imboccare la strada
dell’evoluzione”.
Agire su quattro fronti per adeguarsi al cambiamento
L’obiettivo, secondo l’analisi di InnoVaUp e Confartigianato Varese, è agire
su quattro fronti: la gestione aziendale, la gestione del personale, i
processi produttivi e la transizione ecologica, che è “l’elemento di maggiore
attualità tra i quattro”, osserva Galli, “in merito al quale notiamo un interesse
crescente da parte delle aziende – gestione dei rifiuti industriali ed
efficientamento energetico dei plant produttivi sono i trend crescenti – e sul
quale ci concentreremo nella terza fase del nostro progetto di assessment e
consulenza personalizzata”.
È evidente che “c’è ancora molto da fare, ed emerge dalla nostra indagine la
necessità di accompagnare i processi di innovazione, digitale ed
ecologica, delle aziende che ad oggi hanno evidenziato un ‘livello assente’ di
trasformazione, il 10% del totale, e che rischiano di essere espulse dal
mercato”, rileva Bongio.
Il tempo è una variabile implacabile: le lancette del mercato girano veloci e
bisogna rincorrerle con rapidità per non disperdere un patrimonio di
conoscenze e imprenditorialità fondamentali per il territorio e la stessa tenuta
del sistema.
Non esiste un modello di innovazione buono per tutti
Il tempo corre e la sfida è difficile anche perché tutto deve essere tailor
made: non esistono un modello di innovazione preconfezionato o una
trasformazione ecologica e digitale buona per tutte le aziende. Esistono
soluzioni da adattare al bisogno, in un’ottica di gradualità incrementale
tipica del sistema Italia e ben evidente nell’Innovation index.
Dal 2015 al 2021, infatti, i cambiamenti introdotti dalle aziende sono stati
perlopiù i nuovi sistemi informativi (quasi il 70%) – trainati dal progetto
Impresa 4.0 – seguiti da impianti, macchinari e attrezzature basate su nuove
tecnologie di produzione e dall’introduzione di prodotti successivi a quello
utilizzato e caratterizzato da un miglioramento delle prestazioni.
L’Innovation index evidenzia anche grosse carenze nelle competenze digitali
e gestionali sia tra gli imprenditori che tra i loro collaboratori, che andranno
colmate per intercettare vere forme di cambiamento e, soprattutto, poterle
gestire in modo efficace.
Prevedere i bisogni emergenti e i trend di crescita
“Le scarse conoscenze”, fa notare il presidente di Confartigianato Varese,
“sono un freno al massimo efficientamento dell’investimento e su questo,
così come sulle collaborazioni, sui network tra imprese, si dovrà agire
rapidamente per consentire agli imprenditori di guadagnare competitività,
autorevolezza e allineamento rispetto alle aspettative del mercato e del
consumatore”.
Tanto più il contesto è imprevedibile, e il periodo pandemico lo è, tanto più per
le aziende diventa vitale prevedere i bisogni emergenti e i trend di crescita per
diversificare il proprio business con prodotti competitivi: la
trasformazione digitale è la molla di questo processo e per questa ragione non
può più essere rinviata, sia per ciò che riguarda i macchinari che a propositivo
del ripensamento del modello di business.
“InnoVaUp muoverà da queste premesse per il terzo step”, spiega l’innovation
manager Bongio, “integrandosi con il progetto CreSo, Crescita Sostenibile,
forte della certezza che l’innovazione, digitale ed ecologica, trasferisce fiducia
e autorevolezza a clienti, fornitori, investitori e collettività, consente alle
imprese di implementare la competitività nel proprio contesto economico e
di creare valore aggiunto determinate per aumentare la forza del business”.
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