SANITA’ E SOCIETA’ – Crisi Pronto soccorso. Anaao: “Subito misure straordinarie, non c’è più tempo da perdere”

Crisi Pronto soccorso. Anaao: “Subito
misure straordinarie, non c’è più tempo da
perdere”


Le proposte del sindacato: “Riconoscimento del lavoro come lavoro
usurante, aumento sostanziale e immediato delle indennità di guardia
sia notturna che festiva, riconoscimento di giorni di riposo aggiuntivi
come avviene per altre discipline, riconoscimento di pubblico ufficiale
per i medici e copertura assicurativa per i turni in PS che garantiscano il
medico”
L’Anaao Assomed denuncia la profonda crisi dei Pronto Soccorso italiani,
aggravata in questi giorni dalle difficoltà legate al periodo estivo e dalla
recrudescenza del virus Covid-19 che sta aumentando i ricoveri ospedalieri.
“Le condizioni di lavoro nei PS sono ben note a tutti – dichiara Pierino Di
Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed – e due anni di pandemia
hanno solo contribuito a peggiorare una situazione già di per sé fortemente
compromessa: aumento dello stress psico-fisico, numerosi turni di notte e nel
week-end, colleghi di ogni disciplina precettati per coprire carenze di organico
strutturali.
Il Pronto Soccorso è sempre più simile a un girone dantesco con turni e orari
senza limiti, difficoltà persino ad andare in ferie, la rarefazione delle
progressioni di carriera, la burocrazia asfissiante, lo svilimento di un ruolo che
una volta era professionale e oggi banale fattore di produzione, crescita delle
denunce e aggressioni verbali e fisiche. Tutto questo in totale assenza di
valorizzazione economica”.
“Inoltre – mette in guardia Di Silverio – le risposte che molte Regioni mettono
in campo sembrano dettate più dalla disperazione e le soluzioni appaiono
arrangiate, spesso con ricadute peggiori del problema che vorrebbero
risolvere. Mi riferisco all’intervento delle Cooperative cui viene appaltata la
copertura dei turni di servizio, il cui ricorso in questi ambiti andrebbe dichiarato
illegale”.
L’Anaao Assomed, di fronte alla crisi dei Pronto Soccorso, chiede misure
straordinarie e immediate per evitare il collasso dell’intera sanità ospedaliera:
● Riconoscimento del lavoro come lavoro usurante
● Aumento sostanziale e immediato delle indennità di guardia sia notturna
che festiva
● Riconoscimento di giorni di riposo aggiuntivi come avviene per altre
discipline
● Riconoscimento di pubblico ufficiale per i medici
● Copertura assicurativa per i turni in PS che garantiscano il medico.
“Purtroppo queste misure, per quanto utili, rappresenterebbero solo una
boccata di ossigeno per un sistema sanitario asfittico in attesa di una riforma
complessiva che l’Anaao Assomed – ricorda Di Silverio – invoca da tempo:
occorre mutare l’impianto legislativo del sistema di Emergenza-Urgenza che
oggi vede più del 70% di accessi impropri, con medici stanchi, demotivati e
sottopagati che fuggono dagli ospedali. Occorre aumentare posti letto
decurtati del 35% in 10 anni. Occorre aumentare e riqualificare
professionalmente ed economicamente il personale medico e sanitario.
“I medici e i dirigenti sanitari tutti sono stremati, provati da anni di sacrifici con
scarse tutele, ma anche molto determinati a chiedere il riconoscimento di
condizioni di lavoro migliori, conclude Di Silverio.
“Questa è l’ultima chiamata a un confronto tra le parti per ricomporre la
frattura tra politica e professione. Per salvare il sistema salute e restituire la
dignità dovuta ai professionisti.
L’Anaao Assomed è disponibile a presentare le sue proposte a patto che si
faccia presto. Sarebbe un segnale politico importante anche per il Paese”.
“La nostra è una lotta contro il tempo, quel tempo dovuto agli uomini e alle
donne che lavorano in corsia, quel tempo che spesso fa la differenza per i
nostri pazienti”.
“Contro il regionalismo differenziato e la
privatizzazione del Ssn siamo pronti a
scendere in piazza”. Bocciati Pnrr e Dm77:
“Mancano gli investimenti sul personale”.
Intervista al nuovo segretario Anaao Assomed,
Pierino Di Silverio
di Giovanni Rodriquez
Duro il giudizio anche sul modello aziendalistico in sanità: “Ha fallito, il
paradigma italiano errato è quello di considerare la sanità come un
costo e non una risorsa. Dovremmo virare decisamente verso un
modello di tipo professionale”. Il modello aziendalistico fallisce perché
“soggetto a tetti di spesa non tarati in base alle esigenze di cura ma ad
esigenze economiche”. Dietro la scelta del mancato investimento sul
personale fino al regionalismo differenziato, per il neo segretario
nazionale Anaao c’è dietro “un disegno di privatizzazione del Ssn. Siamo
pronti alle barricate”
Il Pnrr rischia di diventare un’opera di edilizia sanitaria per costruire delle
cattedrali nel deserto. Bocciata anche la riforma del territorio che non tiene
conto dell’interazione tra questo e l’ospedale. Ma c’è un unico fil rouge che
collega tutti i problemi a questi problemi: manca la volontà di investire sul
personale sanitario. “Io qui dietro ci vedo la volontà di distruggere il nostro
sistema sanitario universalistico e di trasformarlo in un sistema privato o
semi-privato. Questo sarebbe deleterio per il nostro Paese e noi saremo pronti
a fare le barricate anche in piazza”.
Ne è convinto il neo eletto segretario nazionale Anaao Assomed Pierino Di
Silverio, che in questa intervista a Quotidiano Sanità all’indomani della sua
elezione al vertice del sindacato fa il punto sull’attualità gettando uno sguardo
anche sul prossimo futuro.
A cominciare dal possibile approdo in CdM di una legge quadro sul
regionalismo differenziato, uno “scempio” che finirebbe per acuire
ulteriormente quella “frattura sociale e sanitaria già esiste oggi tra Sud e
Nord”. Duro il giudizio del segretario nazionale Anaao anche sul modello
aziendalistico in sanità: “Ha fallito, il paradigma italiano errato è quello di
considerare la sanità come un costo e non una risorsa. E questo lo dobbiamo
cambiare, con le buone o con le cattive”.
In apertura del congresso Anaao di Napoli l’ex segretario e attuale
presidente Carlo Palermo ha lanciato un allarme sulla situazione del
Ssn. Governo e Parlamento prospettano invece un futuro ben più roseo
per il settore grazie ai finanziamenti straordinari arrivati con l’emergenza
Covid e a quelli del Pnrr. Come si spiega una lettura così diversa?
Penso si tratti di un sistema di divergenze convergenti. Mi spiego meglio. É
vero che durante l’emergenza Covid sono stati fatti investimenti maggiori in
sanità ma sappiamo anche che in rapporto al Pil la spesa sanitaria nei
prossimi due anni tornerà a livelli più bassi di quelli del 2019, quindi si è
trattato di un innesto economico relativo e momentaneo. Ma, soprattutto,
ancora una volta non si è ragionato nel programmare l’elezione ma solo nel
programmare l’emergenza.
Cosa intende?
Il Covid ha messo in evidenza una disgregazione del sistema, soprattutto una
mancata collaborazione tra ospedale e territorio, di fatto non esiste una
medicina di prossimità organizzata. Il Governo, per risolvere il tema relativo
alla riforma della medicina territoriale ha varato il DM 77. Ma se provi a
risolvere il problema della medicina territoriale senza considerare quella
ospedaliera ti troverai di fronte a due problemi: senza integrazione
ospedale-territorio non avrai né medici né organizzazione. Si stanno
spendendo miliardi per infrastrutture senza considerare che non si ha
personale sanitario necessario per farle funzionare. E non lo si ha perché non
sono stati programmati i corretti fabbisogni negli anni passati, senza
considerare poi il problema ancora più grande alla base.
Quale sarebbe?
La professione medica nell’ospedale non è più allettante. E non lo è per i
seguenti motivi: economico, di diritti, condizioni di lavoro e progressione di
carriera. O si trova soluzione a questo o non si riuscirà a risolvere nulla. Ad
oggi il DM 77 non specifica neanche chi fa cosa. Quel testo mi dice soltanto
che il medico di medicina generale, come normale che sia, sarà interessato a
questo nuovo processo ma non spiega con quali medici l’ospedale di
comunità pretende di poter portare avanti un’assistenza h24, né con quali
medici ha intenzione di gestire le case della salute per i pazienti cronici.
Perché attenzione, quando parliamo di pazienti cronici o lungodegenti
dobbiamo anche pensare alle specializzazioni che sono inerenti alla gestione
di quei pazienti. O forse si vuole fare come nei Pronto Soccorso dove a fronte
delle carenze di personale si vuole cooptare in maniera illegale medici di tutte
le altre branche?
Mi verrebbe da aggiungere che, al di là degli specializzandi, anche nel
Pnrr non si parla mai di personale.
Esattamente. Il Pnrr è una vergogna, vengono stanziati 20 miliardi per la
sanità di cui 7 miliardi per le infrastrutture di prossimità e soli 2 miliardi per il
personale con i quali si dovrà anche rinnovare un contratto di lavoro già
scaduto. Da una parte si dice che non ci sono risorse per il personale quando
queste sono state destinate ad altro, creando infrastrutture che rischiano di
diventare cattedrali nel deserto senza medici e quel personale sanitario
necessario per farle funzionare; dall’altra parte gli ospedali ricorrono alle
cooperative per gestire i servizi di emergenza che costano il doppio, il tutto
senza diritti per i medici e senza specialità. Quindi in realtà non è corretto dire
che non ci sono risorse, il problema è che queste vengono investite male.
Altro tema è quello delle liste d’attesa. Il governo ha varato stanziamenti
ad hoc per il loro recupero. Un problema annoso aggravato
dall’emergenza Covid. Esiste il rischio di una silente privatizzazione del
Ssn?
Il rapporto Agenas su questo tema ha messo in evidenza azioni scandalose
come quelle applicate dalla Regione Sardegna. Lì si è arrivati a bloccare
l’attività libero professionale che è un diritto del medico. Le liste di attesa non
si recuperano di certo pretendendo che il medico rimanga a lavorare in
ospedale a costi indecorosi. Il problema si recupera a monte lavorando
sull’organizzazione. Se i Cup online sono funzionanti in maniera eterogenea,
come pretendi di avere una cartina di tornasole dei pazienti che realmente
hanno prenotato una visita? E, ancora una volta, se non hai i medici che
fanno le visite il problema delle liste di attesa non lo risolvi. Noi parliamo di
problemi che sono tutti interconnessi tra di loro con un solo fil rouge: il
personale. Il personale se ne va dal Ssn perché abbiamo gli stipendi più bassi
di Europa, orari di lavoro suddivisi in maniera tale da fare 60-70 ore
settimanali invece di 38 ore e abbiamo una pressione fiscale al 43%. Ma
come si pensa di risolvere il problema sanitario senza investire su personale e
dirigenza sanitaria?
Da anni i vari ministri della Salute succedutisi hanno sempre parlato di
un Ssn universalistico che si tiene in piedi solo grazie al sacrificio del
personale eppure i problemi sembra restino sempre gli stessi. Come si
spiega?
Noi parliamo di articolo 32 della Costituzione, di una carta che sancisce
l’universalità delle cure ma al di là delle etichette nessuno pensa ad investire
sul personale. Il problema di fondo è che il sistema aziendalistico
dell’ospedale è fallito. Il direttore generale deve rispondere a logiche
economicistiche, non di salute e il medico diventa solo un elemento di una
catena di montaggio. Il paradigma italiano errato è quello di considerare la
sanità come un costo e non una risorsa. E questo lo dobbiamo cambiare, con
le buone o con le cattive.
Se il sistema aziendalistico è fallito a quale altro modello si potrebbe
guardare per il rilancio del Ssn?
Dovremmo virare decisamente verso un modello di tipo professionale. Il
modello aziendalistico fallisce perché soggetto a tetti di spesa non tarati in
base alle esigenze di cura ma ad esigenze economiche. Il medico non è un
dirigente della Pubblica amministrazione. Eppure con il decreto Brunetta
siamo assoggettati alle stesse regole dei dirigenti della Pubblica
amministrazione con tutto ciò che ne consegue. Noi abbiamo in mano la vita
della gente. E’ impossibile quantificare il tempo necessario per curare una
persona. Facendo così svuoti il medico di quel senso etico-professionale che
dovrebbe caratterizzare il suo lavoro. E il medico se ne va. Noi non siamo
mercenari, oggi il medico si allontana dall’ospedale perché quello che più gli
manca è la qualità del lavoro e il tempo. Il tempo è una risorsa che ha un
valore inestimabile, se al medico togli il tempo per vivere e lo paghi anche
male è ovvio che abbandoni il Ssn.
Ma questo fenomeno è frutto di una miopia del legislatore è qualcosa di
voluto a suo avviso?
Io qui dietro ci vedo la volontà di distruggere il nostro sistema sanitario
universalistico e di trasformarlo in un sistema privato o semi-privato. Questo
sarebbe deleterio per il nostro Paese e noi saremo pronti a fare le barricate
anche in piazza. Non solo su questo ma anche sul regionalismo differenziato.
A proposito di regionalismo differenziato, la scorsa settimana alla
Camera il ministro Gelmini ha annunciato che una legge quadro è pronta
e dovrebbe essere presentata in CdM in tempi stretti.
Questo comporterebbe grandissimi rischi di acuire ulteriormente quella
frattura sociale e sanitaria che esiste oggi tra Sud e Nord. Frattura già oggi
acuita da un fondo di perequazione che viene distribuito in maniera
assolutamente non dignitosa. Il riparto del Fsn già da anni doveva essere
suddiviso in base ad alcuni indici tra i quali il quello di deprivazione sociale.
Eppure vengono ancora considerati criteri come quello anagrafico e succede
così che la Campania, avendo una popolazione più giovane, prende meno
soldi della Lombardia. In questo modo potrai mai avere un sistema
universalistico di cure a livello nazionale? Certamente no, anzi aumenti la
mobilità passiva e fai in modo che i cittadini che sono nati ad Oristano
piuttosto che a Canicattì invece che a Bolzano non solo abbiano difficoltà a
curarsi ma vedano anche ridursi la loro aspettativa di vita. Se dovesse
passare la legge quadro saremo ai limiti dell’incostituzionalità. Noi cercheremo
in tutti i modi di evitare uno scempio del genere e chiunque porti avanti idee di
questo tipo farebbe bene a vergognarsi.
Speranza, intervenendo al vostro congresso nazionale ha parlato di un
maggiore coinvolgimento degli specializzandi, che ne pensa?
Lo specializzando è un medico a tutti gli effetti. In tutto il mondo il medico
quando comincia un corso di formazione in una disciplina specifica lo fa in
ospedale perché è lì che può fare esperienza e, una volta dentro, è lì che può
rimanere a lavorare. L’accesso in ospedale è regolamentato da una legge
vecchia di 40 anni. Per un concorso oggi occorrono dai 6 ai 18 mesi, con tre
prove. C’è una burocratizzazione che fa male al sistema. Lo specializzando in
ospedale può dare invece il suo contributo con un’autonomia crescente, le
dovute tutele e un contratto di tipo subordinato. A me sembra una cosa
naturale, con una visione finalmente europea. Il Decreto Calabria ha
sdoganato invece una visione della formazione completamente centrata sulle
sole università, un qualcosa che esiste solo in Italia. Ma con questo sistema di
lobby non si va avanti.
Tornando all’attualità a luglio, nonostante le temperature elevate, le
scuole chiuse e la possibilità di stare all’aperto abbiamo già superato i
90 mila nuovi casi di Covid al giorno. Che autunno ci attende e gli
ospedali italiani sarebbero pronti a gestire una nuova ondata?
Con le mutazioni subite, ed il successo della campagna vaccinale, il virus oggi
è più contagioso ma meno virulento. Ma è in tempi di pace che si prepara la
guerra. In questa luna di miele che abbiamo avuto avremmo dovuto prepararci
a convivere con un virus che probabilmente non sparirà ma si adeguerà
gradualmente all’ambiente. Noi oggi abbiamo a disposizione armi che due
anni fa non esistevano come i vaccini, i monoclonali e gli antivirali.
Resta però un problema di organizzazione ospedaliera. Già nel 2020 si
parlava di ‘pandemic hospital’ proprio per preservare l’attività ordinaria.
Eppure sembra sia passato tutto nel dimenticatoio.
Dopo aver passato la tempesta nel 2020, pagando conseguenze
pesantissime, avremmo dovuto da subito organizzare grandi pandemic
hospital, un piano delle emergenze nazionali che era presente dal 2006 ma
mai attuato perché mancavano le linee guida e avremmo dovuto organizzare
percorsi in base all’esigenza dell’elezione e dell’emergenza. Tutto questo però
non è stato fatto perché abbiamo preferito ancora una volta ragionare per
comparti stagni, trattando la medicina ospedaliera e quella del territorio come
due realtà tra loro non interconnesse. Manca una visione di insieme.
Sono in arrivo i nuovi vaccini adattati alla variante Omicron. Come
preparare già oggi la nuova campagna vaccinale per non registrare lo
stesso flop avuto con le quarte dosi?
La campagna italiana è stata un successo in termini di adesioni. Per la nuova
campagna vaccinale va coinvolta da subito la medicina del territorio che è
quella che arriva in casa del paziente, cosa che non può fare la medicina
ospedaliera. E soprattutto si dovrà mettere in campo una vera integrazione tra
ospedale e territorio. Già oggi possiamo preordinare hub e spoke vaccinali per
arrivare in tempo e bene organizzati a ottobre. Il problema è che ormai di
Covid quasi non se ne parla più. Manca una vera campagna di
sensibilizzazione culturale sul tema vaccini. Veniamo da due anni di
infodemia, occorre ci siano soggetti autorizzati e credibili per spiegare in
maniera chiara la scienza ai cittadini. Altrimenti avremo difficoltà a far
comprendere l’utilità del vaccino. Mi lasci però aggiungere una cosa sui
dirigenti sanitari.
Ci dica…
I dirigenti sanitari, eroi silenti che lavorano dietro le quinte. La sanità è fatta
anche da loro. Questi dirigenti vengono considerati di serie B, il che è
denigrante, anche perché se non ci fossero loro il sistema non reggerebbe.
Sarebbe il caso di far conoscere il panorama della sanità in toto, tra l’altro
anche loro soffrono problemi legati alla stabilizzazione.

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