La sostenibilità secondo gli italiani: il
sondaggio di Astarea e Plef
La paura diffusa per il danno ambientale domina l’approccio comune alla
sostenibilità, secondo la ricerca. La popolazione si aspetta dalle imprese
rassicurazione con mission e vision aziendali trasparenti e azioni
verificabili
di Monica Sozzi
“Che cosa gli italiani intendono per sostenibilità: di che cosa si parla, che cosa
si dovrebbe fare, dove si vorrebbe arrivare? Quali informazioni chiedono
affinché le imprese siano credibili? Su quali canali di comunicazione
desiderano riceverle?”.
È con questi interrogativi che apre il comunicato stampa sull’indagine
quali-quantitativa “La sostenibilità nelle parole degli italiani”, svolta e
presentata da Astarea il 23 giugno in collaborazione con Plef – Planet life
economy foundation, che ha risposto ai quesiti raccogliendo e analizzando
la percezione comune del concetto di sostenibilità su un campione di 1.000
casi rappresentativi della popolazione italiana 18-64 anni, cui è stato proposto
un questionario con domande aperte.
“Se cito l’espressione “Sostenibilità”, può dirmi come la definirebbe nel
modo più completo possibile?”. Le risposte sono state analizzate
applicando un modello di tipo linguistico, che ha organizzato i contenuti
attraverso tre ruoli sintattici: i temi in gioco, le azioni da intraprendere, i fini da
raggiungere. L’obiettivo era quello di raccogliere informazioni utili alle imprese
per orientare meglio la comunicazione sul loro impegno nella sostenibilità.
Valentina Rizzoli, psicologa sociale all’Università La Sapienzasi nega ancora il problema dell’ #emerganzaclimatica. Perché non agiamo?
Facciamo fatica a capire quali azioni individuali siano realmente efficaci a
contrastare il riscaldamento globale.#SDG13 #Agenda2030 #Marmolada
— ASviS (@ASviSItalia) July 11, 2022
I temi in gioco. Le risposte alla domanda hanno rilevato, secondo Astarea e
Plef, una “diffusa incompetenza sull’argomento”: tra non rispondenti,
definizioni incomprensibili, non pertinenti o chiaramente “rubate” da internet, si
raggiunge il 30%. L’ambiente è la tematica a cui viene associato il concetto di
sostenibilità dal 26% dei rispondenti. L’approccio è dominato dal senso di
degrado determinato dall’attività umana, più che da un atteggiamento
proattivo verso soluzioni. Il concetto di risorse (11%) entra in gioco per
auspicare una riduzione del loro uso, mentre si parla di un modello di sviluppo
per un utilizzo più intelligente solo quando si introduce una visione più olistica,
a livello di sistema (10%). Il tema della produzione (9%) è associato alla
riduzione del danno e alla sostenibilità sociale; quello del consumo (7%) a
prodotti specifici o a uno stile di vita. Il 6% parla di pianeta, soprattutto per
mitizzarne la salvezza.
Le azioni da intraprendere. Se invitati a riflettere sulle azioni da
intraprendere, il 29% degli intervistati si orienta su attività votate al
decremento delle negatività, per limitare il danno, raggruppate sotto il concetto
di controllo. Il 26% ritiene invece che per fare sostenibilità sia necessario
ripensare, con strategie inedite e più razionali, il nostro modo di approcciare il
mondo. L’azione del rispetto (16%) è legata ad un’esigenza cautelativa di
mantenimento, mentre quella della cura (11%) sottende un atteggiamento
quasi affettivo nei confronti delle attuali e possibili situazioni di
sofferenza-disagio. I rispondenti suggeriscono l’azione del processare (10%)
per introdurre le questioni del riciclo, riuso, ricostruzione e quella del ridurre
(8%) intesa come modalità del fare basata sul decremento dell’utilizzo e del
dispendio.
I fini da raggiungere. L’obiettivo prioritario, per gli intervistati, è la
protezione, che significa una richiesta di rassicurazione per l’ambiente, le
persone, i lavoratori, i Paesi e anche gli animali (34%). Il 23% si dichiara
preoccupato per le generazioni future e desideroso di garantire loro le
stesse condizioni di vita attuali, mentre una buona parte degli intervistati
auspica un’esistenza dell’uomo sulla terra in condizioni di equilibrio (22%) e
benessere (15%). Sono in pochi a pensare di dover promuovere (6%) una
riqualificazione delle prassi, dei prodotti e del contesto di vita.
Le informazioni richieste alle imprese. “Quali informazioni vorrebbe
ricevere da parte delle imprese su questo argomento per considerarle credibili
e interessanti?”
Dalle risposte degli intervistati emerge una sostanziale e diffusa richiesta di
rassicurazione, che si esprime nella domanda di argomentazioni credibili
(11%), dati reali e pertinenti, concretezza, trasparenza, documentazioni
corredate da video e foto, comprese certificazioni, bilanci e rapporti di
sostenibilità.
Il 7% esprime l’esigenza di comprendere meglio le intenzioni aziendali sulla
sostenibilità, chiedendo di chiarire quale siano la vision e la mission, alla
base delle azioni specifiche. In questo contesto alcuni si appellano
esplicitamente ai valori della comunicazione come verità, chiarezza,
trasparenza e “andare al sodo” (3%).
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PARADOSSO DIFFICILE DA SPEZZARE
Solo l’1% diffida totalmente della possibilità di ricevere informazioni
credibili (1%).
Quanto alla richiesta di informazioni specifiche sulle attività aziendali,
l’interesse della popolazione si concentra sui processi produttivi (17%):
filiera, sicurezza, ingredienti utilizzati, modalità di lavorazione delle materie,
riduzione di plastica e carta, nonché origine delle materie prime, dei materiali,
dei prodotti che entrano nei processi (7%).
Il 6% della popolazione mostra interesse anche per le informazioni di carattere
sociale (6%): rispetto per i dipendenti, perseguimento delle normative vigenti,
benessere animale, e in forma minoritaria per le attività di esternalità positiva
(Csr).
Sull’ambiente si focalizza il 9% degli intervistati: chiedono informazioni sulla
compatibilità ambientale delle attività, sulle emissioni di C02 e sull’impatto
complessivo generato dall’impresa.
I canali di informazione desiderati. “Dove vorrebbe trovare queste
informazioni?”
In base alle risposte emerge che oltre la metà delle informazioni dovrebbe
provenire dall’impresa stessa: il 31% vorrebbe vederle su confezioni,
etichette e imballaggi; il 17% sui siti web aziendali. Il 5% desidera ricevere
email e newsletter informative, il 2% trovare queste informazioni su
brochure, libretti esplicativi, il 3% integrata nella comunicazione
commerciale. Il 10% si aspetta di trovare queste informazioni disponibili sul
web e altrettante presso i punti vendita, soprattutto con cartellini e/o
espositori nella distribuzione moderna. I media tradizionali e i canali
televisivi sembrano essere considerati meno adatti a questo tipo di
comunicazione (4%).
Cosa dire e come dirlo. “Comunicare la sostenibilità delle imprese non è
cosa facile, perché occorre integrare elementi diversi che esigono strumenti di
analisi e generativi, quindi modelli specifici”, secondo la ricerca.
Dall’indagine emerge che a fronte di un approccio fortemente connesso a un
racconto della sostenibilità focalizzato sui danni e minacce all’ambiente e al
pianeta, le imprese sono chiamate a spiegare e incoraggiare il
cambiamento di paradigma, oltre il contenimento dell’impatto, in una
concezione sistemica della sostenibilità verso una possibilità di vita migliore e
di benessere. Concetti che devono essere espressi non attraverso
tecnicismi o argomenti ambigui, ma con argomenti diretti, esplicitando
anche la trasparenza dell’impegno aziendale