ANALISI E COMMENTI – Bankitalia boccia la manovra su contante, flat tax, cartelle e reddito

Bankitalia boccia la manovra su
contante, flat tax, cartelle e reddito


Banca d’Italia boccia alcune delle misure inserite nella legge di bilancio
2023, dalle iniziative in merito ai pagamenti, passando per le modifiche alla
Flat tax e alla pace fiscale, fino alla riforma e conseguente eliminazione del
reddito di cittadinanza. Fabrizio Balassone, capo servizio struttura
economica di Bankitalia, in audizione alle Commissioni riunite Bilancio di
Camera e Senato, ha illustrato quali sono le criticità della manovra secondo
l’istituto. Balassone parla di possibili impatti che colpirebbero in profondità “le
disposizioni in materia di pagamenti in contante e l’introduzione di alcuni
istituti che riducono l’onere tributario per i contribuenti non in regola rischiano
di entrare in contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese che
anima il Pnrr e con l’esigenza di continuare a ridurre l’evasione fiscale”.
Le misure in merito al contante e all’utilizzo del Pos “vanno nella direzione di
agevolare l’uso del contante. A livello europeo, mentre in alcuni Paesi, tra cui
la Germania, non è prevista alcuna soglia massima, in altri sono previsti tetti
inferiori a quello indicato nel disegno di legge (500 euro in Grecia, 1.000 in
Francia e in Spagna, 3.000 in Belgio). Rispetto al 2016 la percentuale di
transazioni operate con il contante è diminuita in Italia, rimanendo comunque
al di sopra della media europea. I limiti all’uso del contante, pur non
fornendo un impedimento assoluto alla realizzazione di condotte illecite,
rappresentano un ostacolo per diverse forme di criminalità ed evasione. E per
gli esercenti il costo per il contante secondo nostre stime è stato superiore a
quello delle transazioni digitali con le carte di credito e di debito”.
Alle critiche di Bankitalia ha replicato il sottosegretario all’attuazione del
programma Giovanbattista Fazzolari che ha commentato: “Che la manovra
non piaccia a sindacati, Confindustria, Bankitalia, vuol dire che non pende da
nessuna parte. È un buon segno, va bene. Io penso che sia normale che
ognuno in fase di legge di bilancio dica quali sono gli aspetti che lo deludono,
ci sta. Bankitalia è partecipata da banche private, è un’istituzione che ha
una visione, legittimamente, e questa visione fa sì che reputi più opportuno
che non ci sia più di fatto utilizzo di denaro contante. Questa però non è la
visione della Bce. Non è che uno è cattivo e uno è buono, abbiamo due
opinioni radicalmente diverse”. A correggere il tiro ci pensano fonti di
Governo, precisando che Fazzolari “non ha mai messo in discussione
l’autonomia di Bankitalia. Anzi, ribadisce il pieno apprezzamento per l’operato
di via Nazionale. Quindi nessuna polemica”. Via Nazionale, lasciando sullo
sfondo le polemiche, però riconosce “l’impostazione prudente” e l’obiettivo
della Legge di Bilancio di proseguire sulla strada della riduzione del rapporto
debito/Pil. L’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, come fa anche via
Nazionale, valuta in modo positivo l’impegno a ridurre il debito, ma ritiene che
alcune coperture e spese siano incerte e sottolinea che ci sono rischi sulla
crescita nel 2023.
Per Meloni il Pnrr va rivisto. Gentiloni apre
Giorgia Meloni torna a parlare del Pnrr e lo fa intervenendo in collegamento
all’evento l’Italia delle Regioni. La premier resta fisicamente a Palazzo Chigi,
dove potrebbe convocare per la prossima settimana una nuova cabina di
regia sul Pnrr, che potrebbe essere seguita dal varo di un decreto-legge ad
hoc per chiudere quegli obiettivi che hanno bisogno di una cornice normativa.
“Ne stiamo discutendo con la UE”, assicura anche il ministro Adolfo Urso
mentre Matteo Salvini, volato a Bruxelles, vede “tanta disponibilità a
ridiscutere tempi e modi” del Pnrr. Il punto, sottolinea ancora una volta la
premier, è che il Pnrr è stato pensato prima della guerra in Ucraina e ora “è
evidente a tutti che non è più sufficiente”. Mentre richiama la Ue a “fare di più”
a partire dall’energia, Meloni ricorda anche che bisognerà “valutare le priorità”
del Piano firmato da Mario Draghi perché “il caro materie prime mette a
rischio” la realizzazione concreta degli interventi.
Nessuna intenzione, garantisce il ministro Raffaele Fitto che ha in mano il
dossier, di andare allo scontro, ma di proseguire, come fatto finora, con il
“confronto positivo” di queste settimane. Bruxelles in effetti non chiude alla
possibilità di modifiche anche perché c’è anche la possibilità di emendare i
piani aggiungendo il capitolo legato “al nuovo programma Repower Eu”,
ricorda il Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, che indica per
l’inizio della prossima settimana il momento del giudizio Ue sulla manovra
italiana. Per la gestione del Pnrr, assicura Meloni, il nuovo Governo vuole
creare una “forte sinergia” a tutti i livelli. Ci sarà un coinvolgimento, come non
è stato fatto finora, lamentano i presidenti delle Regioni, su tutte le politiche,
magari con una cabina di regia sulla falsariga di quella messa in piedi per il
Piano. E lo stesso vale per l’autonomia differenziata di cui si inizierà a
parlare all’inizio del 2023.
Intanto, domani chiamerà di nuovo al confronto la sua maggioranza in vista
della scadenza degli emendamenti alla legge di Bilancio. Il messaggio deve
arrivare forte e chiaro: i partiti di governo già hanno avuto soddisfazione nella
stesura di una legge che contiene “marcate scelte politiche” e dovrà evitare
di inondare la Commissione di proposte di modifiche. Le risorse sono quelle
che sono, molto poche, e semmai bisognerà cercare di dare spazio anche alle
istanze delle opposizioni, a partire da quelle del Terzo Polo più aperto al
dialogo e che ha sottoposto già nelle scorse settimane le sue proposte alla
premier. “Noi siamo pronti a parlare con tutti” ribadisce il sottosegretario alla
presidenza Giovanbattista Fazzolari, che chiude a una proroga del
Superbonus, difende la scelta dell’esecutivo di eliminare le sanzioni sui Pos
perché “lo Stato non può imporre di vendere in perdita” e conferma che c’è un
interesse alla proposta di Carlo Calenda di utilizzare i fondi non spesi del Pnrr
per il programma Transizione 4.0 per un nuovo round di aiuti
all’ammodernamento delle imprese.
fonte: CENTRO STUDI PARLAMENTARE

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