Cala il petrolio ma s’impennano gas,
carbone, elettricità. E questo inverno…
di Otto Lanzavecchia
Tra i Paesi che contemplano la recessione, la benzina meno cara è un
raro risvolto positivo. Gas, carbone ed elettricità segnano prezzi record
in Europa, mentre la Germania impone una tassa per contenere il
caro-energia e guarda al Canada e alla penisola iberica per il gnl. Intanto
in Italia…
Nei giorni scorsi, Cina e Stati Uniti hanno pubblicato una serie di dati
economici tutt’altro che rosei (diversi analisti ci hanno visto i presupposti per
una recessione). I numeri stanno riverberando sui prezzi del petrolio; la
domanda era già diminuita a causa dell’inflazione, a sua volta dovuta in gran
parte all’invasione russa dell’Ucraina. Si prevede che continui a scendere
parallelamente al rallentamento delle economie, al netto di un’offerta in
aumento.
I futures dell’indice statunitense West Texas Intermediate sono in ribasso;
martedì gravitavano poco sotto gli 89 dollari al barile. Negli Usa i prezzi alla
pompa sono tornati sotto i 4 dollari per gallone per la prima volta dall’inizio
dell’invasione, una fascia più che accettabile dopo le impennate oltre i 5 dollari
degli scorsi mesi. Intanto i futures dell’indice europeo Brent hanno sfiorato i
minimi dall’inizio dell’invasione, per poi assestarsi attorno ai 95 dollari al barile
(il massimo, a giugno, è stato 118, un aumento del 50% in sei mesi).
Quella del petrolio è una buona notizia per i consumatori, ma rischia anche di
essere uno dei pochi risvolti positivi di una situazione macroeconomica in
territorio negativo. In Europa, per esempio, si fa sentire parecchio la guerra
del gas con Mosca. Mentre i Paesi corrono per riempire gli stoccaggi (ancora
sotto la media quinquennale) in vista dell’inverno, i futures del metano hanno
superato abbondantemente il picco di marzo e stanno salendo sopra quota
220 €/MWh. Un aumento di oltre il 600% rispetto a un anno fa, quando erano
a meno di 30.
L’impatto più immediato è sui prezzi dell’energia, il principale motore
dell’inflazione in Ue. Oggi, martedì 16 agosto, il prezzo dell’elettricità in
Germania ha infranto una soglia mai raggiunta, 500 euro per megawattora, un
incremento del 500% rispetto all’anno scorso. Berlino, dal canto suo, ha
dovuto imporre una nuova tassa su ogni famiglia per coprire il costo della
sostituzione del metano russo, che il ministro dell’economia Robert Habeck ha
definito una “medicina amara per passare a un nuovo modello energetico”.
Ci sono segnali “di forte fatica” anche in Italia, ha scritto su Twitter l’esperto
Matteo Villa (Ispi), nonostante il nostro Paese possa contare su forniture ben
più diversificate di quelle tedesche. “Nella prima metà di agosto le
importazioni totali italiane, che sinora avevano resistito benissimo alle
riduzioni di Mosca, adesso sembrano non farcela”, avverte Villa; “manca il
16% del gas che ci serve”. Oltre alla riduzione dei flussi russi, da noi pesa la
diminuzione delle importazioni di gas naturale liquefatto (gnl); a risentirne
saranno le bollette dei mesi invernali.
Peraltro, la crisi energetica europea non si deve solamente al gas. La siccità
sta impattando la rete di trasporto fluviale in Europa centrale, assieme alla
capacità di generazione idroelettrica nella maggior parte dei Paesi. Soffre
anche il nucleare francese, che sconta la mancanza di acqua per il
raffreddamento. Da 100 dollari la tonnellata ad agosto 2021, il carbone (a cui
diversi Paesi Ue fanno ricorso per compensare il gas per uso termoelettrico)
oggi viaggia verso i 300 – e i futures per l’inverno superano i 350.
Insomma, si prospetta un inverno difficile per l’Ue. Ma rimane la necessità di
guardare al futuro e compensare la perdita delle forniture russe per
assicurarsi il gas necessario per il funzionamento delle industrie (specie quelle
tedesche) e per la transizione ecologica. Da qui l’attivismo del cancelliere
tedesco Olaf Scholz, che assieme a Habeck sarà in Canada nel fine
settimana per parlare di libero scambio ed energia. Ci si aspettano accordi
sulle esportazioni di gnl, con un occhio sul passaggio all’idrogeno, e progressi
sul Ceta – l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada, che aspetta solo il via
libera della Germania, unico Paese Ue a non averlo ancora ratificato.
Contemporaneamente, Scholz sta spingendo Lisbona, Madrid e Parigi a
completare la costruzione di un gasdotto che colleghi la penisola iberica
all’Europa centrale, attraverso i Pirenei e la Francia. Spagna e Portogallo, che
possono ricevere molto più gnl di quanto ne consumino o ne possano
esportare verso est, hanno già appoggiato il progetto. Venerdì la ministra
spagnola per la transizione ecologica, Teresa Ribera, ha detto che la parte
meridionale di MidCat (questo il nome del tubo) “potrebbe essere operativa in
otto o nove mesi”, mentre il premier portoghese António Costa ha scritto su
Twitter che la Germania “può contare al 100% sull’impegno del Portogallo”.
Ora sta alla Francia costruire le infrastrutture per trasportare il gas dal confine
spagnolo ad altre zone del continente.
fonte: LE FORMICHE