ANALISI E COMMENTI – Come rilanciare le città italiane nella morsa delle emergenze ambientali

Come rilanciare le città italiane nella morsa
delle emergenze ambientali


di Saturno Illomei
Manca una riflessione politica nazionale che ponga le città e le sue
periferie al centro del progetto di rilancio del Paese. Ecco cosa emerge
dal rapporto “Ecosistema urbano 2023”, giunto alla sua trentesima
edizione, realizzato da Legambiente sulle performance ambientali di 105
Comuni capoluoghi e presentato a Roma
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta senza dubbio una
straordinaria occasione anche per il rilancio sostenibile delle nostre città. I
prossimi anni saranno decisivi per l’attuazione di quella transizione ecologica
auspicata da tutti e sulla quale le istituzioni nazionali e internazionali sono da
tempo impegnate. A cominciare dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite del
2015, passando per il Green Deal europeo del 2019 e le strategie tematiche
nazionali per contrastare i cambiamenti climatici, ultimo il Piano nazionale
integrato energia e clima presentato lo scorso giugno.
Questo cambiamento epocale non potrà non passare dalle città, dove si
concentrano più della metà della popolazione mondiale: 4 miliardi e mezzo
oggi, 5 miliardi e 200 milioni nel 2030 secondo le stime delle Nazioni Unite.
Saranno dunque le città ad essere sempre più al centro delle sfide globali, a
cominciare dall’emergenza climatica e dalla lotta alle emissioni di gas serra.
Vale lo stesso discorso per le 14 Città metropolitane italiane, che negli ultimi
anni sono state segnate da “una crescita lenta e altalenante e dove le
emergenze urbane, nonostante lievi miglioramenti, restano più o meno le
stesse: smog, trasporti, spreco idrico, auto circolanti. È quanto emerge dal
rapporto “Ecosistema urbano 2023”, giunto alla sua trentesima edizione,
realizzato da Legambiente sulle performance ambientali di 105 Comuni
capoluoghi e presentato oggi a Roma.
Secondo il rapporto, “in questi 30 anni, a rallentare la crescita sostenibile delle
città sono stati interventi troppo a compartimenti stagni che non hanno
permesso quella accelerata che serviva alla aree urbane, in cui oggi si
concentra una sfida cruciale”. E così, accanto ai miglioramenti nella raccolta
differenziata dei rifiuti (dal 4,4% del ’94 al 62,7% nel 2022) e delle piste
ciclabili (passate da una media di 0,16 metri per 100 abitanti nel ’98 a una
media di 10 metri e mezzo nel 2022), non sono mancati ritardi in altri settori.
Come per il tasso medio di motorizzazione che si conferma ai livelli più alti in
Europa: oltre 66 auto ogni 100 abitanti. È cresciuta la produzione complessiva
dei rifiuti, passando da una media pro capite di 455 chili l’anno nel ’94 a 516
chili nel 2022. Così pure per il trasporto pubblico, ancora lontano dalle medie
europee.
“Le città vanno ripensate come motori di un cambiamento capace di renderle
vivibili e a misura umana – ha detto Stefano Ciafani, presidente di
Legambiente – nonché laboratori fondamentali per il processo di
decarbonizzazione. Occorre infrastrutturale, realizzando gli impianti industriali
dell’economia circolare, riducendo le perdite nella rete di distribuzione
dell’acqua, completando la rete di fognatura e depurazione delle acque reflue,
facilitando la permeabilità del tessuto urbano alle acque piovane per adattarsi
alla crisi climatica e ricaricare le falde, diffondendo le colonnine di ricarica
elettrica negli spazi pubblici. Serve quella volontà politica, a livello nazionale e
locale, che finora è mancata e che anno dopo anno diventa sempre più
urgente”.
Manca, sottolinea Legambiente, una riflessione politica nazionale che ponga
le città e le sue periferie al centro del progetto di rilancio del Paese. A fine
luglio scorso il governo ha presentato una nuova rimodulazione dei fondi Pnrr
“che prevede un taglio di circa 13 miliardi di euro destinati proprio ai Comuni e
alle Città metropolitane. Risorse di fondamentale importanza che sono state
già state impiegate per oltre 55 mila gare e il cui taglio potrebbe pregiudicare
la continuità egli interventi già finanziati e che sono in pieno svolgimento”.
Nella fotografia che ci presenta oggi il rapporto, la città di Trento spicca in
primo piano per le performance ambientali: mantiene un buon livello di qualità
dell’aria, diminuisce i consumi idrici, passando da 150 litri pro capite al giorno
ai 147 e mezzo di oggi; scende, anche se di poco, la produzione totale dei
rifiuti (da 454 chili per abitante l’anno agli attuali 446). A ruota segue Mantova,
decima lo scorso anno. Migliora la qualità dell’aria, scende la produzione dei
rifiuti, sale la raccolta differenziata passando dall’83,2% all’84,8%.
Raddoppiano i passeggeri del trasporto pubblico che salgono dai 36 viaggi
per abitante annui agli attuali 66. Più del triplo le zone pedonali (91 metri
quadrati per 100 abitanti) rispetto all’anno precedente e prima assoluta per i
metri quadrati per 100 abitanti delle zone a traffico limitato. Terza si piazza
Pordenone, per i consumi idrici diminuiti e per le perdite della rete idrica che
scende sotto il 10%. Diminuisce la produzione dei rifiuti e aumenta la raccolta
differenziata che arriva all’87%. Crescono anche i passeggeri che utilizzano i
trasporti pubblici e migliora l’indice dell’uso del suolo. Val la pena registrare il
settimo posto di Cosenza, prima città del Sud e di Cagliari (16a) e Oristano
(22°).
Le note dolenti riguardano i grandi centri urbani. Dallo smog (Torino, Milano
Bologna e Firenze), al traffico (Catania e Roma), alle difficoltà dei trasporti
locali (Roma e Catania), dai rifiuti (Palermo, Catania, Venezia, Firenze e
Roma) alla dispersione di acqua potabile (Firenze, Catania e Bari), dal suolo
consumato (Venezia) alla scarsa diffusione del solare termico e fotovoltaico
(Napoli, Palermo, Torino e Roma) fino alla scarsa diffusione della ciclabilità
(Napoli, Genova e Roma).
Per far uscire le nostre città da questa emergenza urbana è necessaria una
“strategia nazionale in grado di sostenere e finanziare le buone scelte di
indirizzo per rendere le nostre città più sostenibili e più vicine alle necessità
dei cittadini”. Per accelerare questa transizione ecologica delle città, per
Legambiente è fondamentale: definire una strategia urbana nazionale e una
cabina di regia che includa governo, sindaci e comunità locali; mettere in
campo interventi innovativi, prevedendo risorse adeguate; replicare le buone
pratiche già presenti sui territori.
In pratica “occorre riqualificare, a partire dalle periferie, gli spazi comuni, con
luoghi di incontro, pedonalizzazioni, corsie ciclabili, vie scolastiche, messa a
dimora di nuove alberature, promuovendo quelle foreste urbane utili a mitigare
gli effetti delle ondate di calore, creando corridoi verdi per facilitare
spostamenti a piedi anche nei periodi più caldi e puntando sulla natura urbana
per mitigare l’impatto climatico nelle città, valorizzando la bellezza come leva
del cambiamento”.

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