Aiuti UE a confronto
di Simone Urbani Grecchi
L’aumento dei prezzi che sta caratterizzando il settore dell’energia da oltre
un anno ha spinto l’Unione Europea e molti suoi Stati membri a mettere in atto
misure per proteggere famiglie e mondo produttivo. Pur nei vincoli del suo
mandato, Bruxelles ha proposto un’ampia gamma di soluzioni, tra cui ad
esempio (a) una riduzione obbligatoria dei consumi negli orari di picco; (b)
un “contributo di solidarietà” da applicarsi agli extra profitti delle aziende del
settore oil&gas e a quelle del settore elettrico che usano fonti rinnovabili o
energia nucleare; (c) un sostegno finanziario a famiglie e Pmi; (d) aiuti alle
utilities in tensione di liquidità per l’acquisto di energia sui mercati; (e) lo
sganciamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas.
Tali decisioni potrebbero rafforzare un’importante misura presa già dalla
Commissione, cioè quella di lanciare una piattaforma per
l’approvvigionamento di gas, Gnl e idrogeno, che dovrebbe entrare nella
sua fase operativa a metà ottobre. Prevista nel quadro dell’iniziativa
RePowerEU, si tratta di uno strumento per l’acquisto di energia (a
partecipazione volontaria ed esteso anche ai Paesi dei Balcani occidentali)
che la Commissione gestirebbe per cercare di ottenere migliori condizioni di
acquisto per tutti i Paesi partecipanti.
La risposta dei Paesi UE
In attesa di capire il futuro impatto delle misure proposte dall’UE, i Paesi
dell’area hanno adottato politiche mirate per affrontare l’attuale crisi. Alla
luce di quanto emerge dall’analisi dei provvedimenti presi nei dieci Paesi più
grandi (vale a dire l’80% della popolazione dell’Unione) è possibile formulare
alcune considerazioni.
● Seppur con differenze significative nelle dimensioni dei singoli pacchetti
(soprattutto se parametrati al Pil di ciascuna nazione), tutti i Paesi
hanno previsto interventi diretti di sostegno alla popolazione e alle
imprese per le spese energetiche, sia in forma di sussidi che di sgravi
fiscali (ad esempio, tramite la riduzione/eliminazione dell’IVA).
● Non solo i Paesi maggiormente esposti alle esportazioni ma anche
quelli meno dipendenti dal gas russo, si stanno attivando per (a) la
ricerca di fonti alternative (idrogeno, eolico, nucleare); (b) la
riattivazione di vecchie centrali a combustibile fossile; (c) il rilancio delle
attività estrattive di fonti fossili.
● Se da un lato le importazioni di gas russo via gasdotto si sono
sensibilmente ridotte, dall’altro la Spagna ha aumentato la propria
esposizione verso Mosca, incrementando l’import di Gnl grazie ai suoi
sei impianti di rigassificazione già operativi.
● La maggior parte dei Paesi europei ha previsto l’adozione di una tassa
una tantum sugli extra profitti delle società energetiche, da
utilizzare come fondo per la corresponsione dei sussidi a famiglie e
imprese.
● A livello regionale europeo, si sono registrati importanti casi di
collaborazione fra Stati, come ad esempio l’accordo tra Bulgaria e
Macedonia del Nord in base al quale, nonostante le tensioni etniche e
diplomatiche tra i due Paesi, Sofia cederà parte dell’energia elettrica a
Skopje.
Contestualmente, sono riaffiorate le tensioni tra Spagna e Francia per il
completamento del gasdotto MidCat, progetto sponsorizzato da Madrid (e da
Berlino) che potrebbe portare fino a 8,8 bcm di gas all’anno dalla penisola
iberica alla Francia.
Figura 1 Misure contro il caro-energia: Paesi UE a confronto
Molti stati dell’Unione hanno quindi provveduto a prendere misure
sostanzialmente simili e di immediato impatto. Ma il fatto che siano simili
non significa che siano state coordinate, poiché gli Stati membri godono di
ampia discrezionalità in materia di politiche energetiche (e non solo), non
avendo dotato l’UE delle necessarie facoltà per applicare misure vincolanti nel
settore dell’approvvigionamento energetico. E tale mancanza di
coordinamento è emersa in particolare su un tema di grande importanza come
il price cap per il gas, su cui Bruxelles ha cercato il consenso dei suoi Stati
membri, con molti Paesi – tra cui l’Italia – a spingere per un limite da applicare
indistintamente a tutte le forniture (russe e non) e altri invece che avrebbero
voluto applicare tale tetto esclusivamente a Mosca.
Prezzi alle stelle: la colpa non è solo della guerra
In prospettiva, una volta adottate le necessarie quanto doverose misure di
emergenza, sarà importante capire quali siano state le cause che hanno
portato all’attuale crisi e come mitigarne gli effetti – nel caso si dovessero
ripresentare. Al di là dell’intervento militare russo, infatti, va sottolineato che
un significativo aumento dei prezzi dell’energia aveva già iniziato a
materializzarsi a settembre 2021, cioè ben prima dello scoppio della guerra
in Ucraina. Gli attuali alti prezzi dei combustibili fossili non sono infatti il
risultato di un singolo shock sul lato della domanda o dell’offerta, ma di una
combinazione di fattori: