ANALISI E COMMENTI – Pnrr impossibile – alle imprese servono 20 miliardi di garanzie bancarie per realizzare le opere | Lo scenario

Pnrr impossibile, alle imprese servono 20
miliardi di garanzie bancarie per realizzare le
opere | Lo scenario


Il Pnrr dovrebbe essere il volano della ripresa italiana dopo i pesanti choc
economici degli ultimi anni.
I progetti però andranno realizzati entro il 2026 e, per cantieri molto grandi,
bisogna correre.
Ci sono però ostacoli che rischiano di rallentare lo Stato e le imprese
coinvolte. E, nel caso peggiore, di far mancare la scadenza.
Ma c’è in particolare un problema enorme che sta emergendo proprio in questi
primi mesi dell’anno.
Molte imprese fanno fatica ad accedere alle garanzie bancarie
necessarie per avviare i progetti, uno stock che complessivamente vale
circa 20 miliardi di euro.
Senza una soluzione, l’impasse rischia di avere effetti negativi sull’esecuzione
dei lavori e sul rispetto delle tempistiche.
Nelle grandi opere pubbliche prevede l’ente appaltante (in questo caso
finanziato dai fondi di Next Generation Eu) versa solitamente un anticipo
all’appaltatore (di solito un general contractor) per un importo che arriva fino al
30% del valore del contratto.
Di prassi l’appaltante chiede una garanzia dello stesso importo per
tutelarsi.
Man mano che i lavori procedono, la garanzia si assottiglia fino ad azzerarsi al
termine.
È peraltro comune che l’appaltatore fornisca anche una seconda
garanzia di importo inferiore sulla corretta esecuzione dell’opera, che
rimane congelata fino alla conclusione del progetto.
In passato le banche non hanno incontrato grandi problemi a concedere
questa garanzia, anche perché l’operazione era implicitamente
contro-garantita dall’anticipo già versato.
La Bce però ha complicato il quadro. In un’ottica prudenziale la vigilanza ha
acceso un faro su alcuni settori finanziati dalle banche, determinando politiche
di erogazione più severe che in passato.
Le costruzioni e il real estate sono tra i comparti più attenzionati, soprattutto
dopo che la crisi energetica ha creato le premesse di una spirale recessiva nel
Vecchio Continente.
La stretta sta complicando la vita ai banchieri e ai loro clienti per cui, a
prescindere dal merito di credito individuale, l’accesso a nuove linee di
firma è oggi più difficile.
Con effetti a cascata per tutte le aziende che lavorano nella filiera delle grandi
opere.
I grandi general contractor infatti lavorano con centinaia di subappaltatori che,
a loro volta, devono versare garanzie agli appaltatori.
“Le crescenti restrizioni imposte dalla Bce alle banche sul sistema di
concessione delle garanzie ed in generale del credito, da tempo stanno
generando delle paralisi su alcuni settori più di altri.
Tra questi il settore delle costruzioni, dove le garanzie prestate dai general
contractor agli enti appaltanti sono indispensabili per l’ottenimento degli
anticipi precondizione per l’avviamento dei progetti finanziati anche con i fondi
del Pnrr” ha spiegato Guido Rivolta, ad di Wepartner ed ex ceo di Cdp
Equity.
Quali potrebbero essere le soluzioni del problema?
In ambienti governativi si sta ragionando su una forma di contro-garanzia
pubblica che riduca il rischio in campo alle banche e quindi la pressione
regolamentare.
A intervenire potrebbero essere Sace, Cassa Depositi e Prestiti o la Bei con
schemi però ancora tutti da definire.
I rischi comunque sono consistenti: “Il mancato accesso alle garanzie
ha quale conseguenza il rallentamento o addirittura l’impossibilità di
avviare i cantieri e l’esecuzione delle opere”, spiega Massimo De Buglio,
partner di Wepartner e professore di bilancio all’Università Bocconi.
“Ovviamente le problematiche riscontrate a livello di general contractor
innescano effetti negativi a cascata su tutto l’indotto di piccoli imprenditori,
subappaltatori e fornitori, che devono a loro volta prestare garanzie per poter
incassare gli anticipi sul lavoro”.

ibile, alle imprese servono 20
miliardi di garanzie bancarie per realizzare le
opere | Lo scenario

Il Pnrr dovrebbe essere il volano della ripresa italiana dopo i pesanti choc
economici degli ultimi anni.
I progetti però andranno realizzati entro il 2026 e, per cantieri molto grandi,
bisogna correre.
Ci sono però ostacoli che rischiano di rallentare lo Stato e le imprese
coinvolte. E, nel caso peggiore, di far mancare la scadenza.
Ma c’è in particolare un problema enorme che sta emergendo proprio in questi
primi mesi dell’anno.
Molte imprese fanno fatica ad accedere alle garanzie bancarie
necessarie per avviare i progetti, uno stock che complessivamente vale
circa 20 miliardi di euro.
Senza una soluzione, l’impasse rischia di avere effetti negativi sull’esecuzione
dei lavori e sul rispetto delle tempistiche.
Nelle grandi opere pubbliche prevede l’ente appaltante (in questo caso
finanziato dai fondi di Next Generation Eu) versa solitamente un anticipo
all’appaltatore (di solito un general contractor) per un importo che arriva fino al
30% del valore del contratto.
Di prassi l’appaltante chiede una garanzia dello stesso importo per
tutelarsi.
Man mano che i lavori procedono, la garanzia si assottiglia fino ad azzerarsi al
termine.
È peraltro comune che l’appaltatore fornisca anche una seconda
garanzia di importo inferiore sulla corretta esecuzione dell’opera, che
rimane congelata fino alla conclusione del progetto.
In passato le banche non hanno incontrato grandi problemi a concedere
questa garanzia, anche perché l’operazione era implicitamente
contro-garantita dall’anticipo già versato.
La Bce però ha complicato il quadro. In un’ottica prudenziale la vigilanza ha
acceso un faro su alcuni settori finanziati dalle banche, determinando politiche
di erogazione più severe che in passato.
Le costruzioni e il real estate sono tra i comparti più attenzionati, soprattutto
dopo che la crisi energetica ha creato le premesse di una spirale recessiva nel
Vecchio Continente.
La stretta sta complicando la vita ai banchieri e ai loro clienti per cui, a
prescindere dal merito di credito individuale, l’accesso a nuove linee di
firma è oggi più difficile.
Con effetti a cascata per tutte le aziende che lavorano nella filiera delle grandi
opere.
I grandi general contractor infatti lavorano con centinaia di subappaltatori che,
a loro volta, devono versare garanzie agli appaltatori.
“Le crescenti restrizioni imposte dalla Bce alle banche sul sistema di
concessione delle garanzie ed in generale del credito, da tempo stanno
generando delle paralisi su alcuni settori più di altri.
Tra questi il settore delle costruzioni, dove le garanzie prestate dai general
contractor agli enti appaltanti sono indispensabili per l’ottenimento degli
anticipi precondizione per l’avviamento dei progetti finanziati anche con i fondi
del Pnrr” ha spiegato Guido Rivolta, ad di Wepartner ed ex ceo di Cdp
Equity.
Quali potrebbero essere le soluzioni del problema?
In ambienti governativi si sta ragionando su una forma di contro-garanzia
pubblica che riduca il rischio in campo alle banche e quindi la pressione
regolamentare.
A intervenire potrebbero essere Sace, Cassa Depositi e Prestiti o la Bei con
schemi però ancora tutti da definire.
I rischi comunque sono consistenti: “Il mancato accesso alle garanzie
ha quale conseguenza il rallentamento o addirittura l’impossibilità di
avviare i cantieri e l’esecuzione delle opere”, spiega Massimo De Buglio,
partner di Wepartner e professore di bilancio all’Università Bocconi.
“Ovviamente le problematiche riscontrate a livello di general contractor
innescano effetti negativi a cascata su tutto l’indotto di piccoli imprenditori,
subappaltatori e fornitori, che devono a loro volta prestare garanzie per poter
incassare gli anticipi sul lavoro”.

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