ANALISI E COMMENTI – SOCIETA’ – Per un Natale solidale: consumi, sprechi e povertà alimentare – La povertà alimentare è stata aggravata dagli avvenimenti degli ultimi anni, colpendo in modo particolare bambini e adolescenti……

Per un Natale solidale: consumi, sprechi
e povertà alimentare
La povertà alimentare è stata aggravata dagli avvenimenti degli ultimi
anni, colpendo in modo particolare bambini e adolescenti. Quali attori si
muovono per contrastare questo fenomeno? Cosa possiamo fare noi
con la nostra generosità e con i nostri comportamenti?


di Celestina Valeria De Tommaso, Franca Maino, Chiara Lodi Rizzini
Le festività natalizie sono – o dovrebbero essere – giorni di festa, vacanza e
“grandi abbuffate”. Il cibo, i pranzi e le cene sono infatti le rappresentazioni
immediatamente associate a questo periodo dell’anno. Tuttavia, i cambiamenti
climatici, la pandemia e i conflitti stanno ripercuotendosi sul prezzo e sulla
circolazione dei prodotti alimentari, facendo scivolare un numero maggiore di
persone, nel mondo ma anche in Italia, in condizioni di povertà alimentare.
Ma chi sono queste persone? Quali le loro difficoltà e come si può contribuire
a contrastare questo fenomeno? Proviamo a raccontarlo in questo articolo,
fornendovi alcuni spunti di riflessione su come è possibile contrastare il
fenomeno della povertà alimentare con il nostro tempo, con la nostra
generosità ma anche con i nostri comportamenti.
La povertà alimentare: di cosa parliamo?
La povertà alimentare si definisce come l’incapacità degli individui di
accedere ad alimenti sicuri, nutrienti e in quantità sufficiente per garantire una
vita sana e attiva rispetto al proprio contesto sociale. Questa definizione
discende dalla definizione di sicurezza alimentare (food security) proposta
dalla FAO durante il World Food Summit del 1996, secondo cui la sicurezza
alimentare è quella condizione in cui tutte le persone, in qualsiasi momento,
hanno accesso fisico, economico e sociale ad alimenti sufficienti, sicuri e
nutrienti così da soddisfare le proprie necessità e preferenze alimentari, oltre
che una vita sana e attiva.
Quattro sono le condizioni che determinano la sicurezza alimentare (FAO
2008): la disponibilità di cibo sufficiente a soddisfare le necessità della
popolazione di riferimento; l’accessibilità al cibo data da condizioni logistiche
(ad esempio la presenza di strutture di distribuzione) che permettano di
accedere facilmente al cibo e, al contempo, da un reddito sufficiente per
acquistare alimenti in quantità e di qualità adeguata; l’utilizzabilità del cibo, in
modo tale da garantire una dieta equilibrata e adeguata agli stili di vita del
contesto dove una data popolazione vive; la stabilità, che attiene al fatto che il
cibo sia disponibile, accessibile e utilizzabile in modo continuativo generando
così una condizione di sicurezza alimentare permanente.
L’assenza di una o più condizioni determina una situazione di insicurezza
alimentare (food insecurity), che può essere transitoria o cronica a seconda
della durata, e più o meno grave a seconda dell’intensità dei fenomeni ad
essa connessi. Le conseguenze possono quindi essere più o meno pesanti:
l’insicurezza può comportare l’emergere della fame, associata ad una
sensazione di disagio e dolore causata da un consumo di cibo insufficiente, o
di fenomeni di malnutrizione, determinati da carenze, eccessi o squilibri nel
consumo alimentare (FAO 2008).
I fattori che determinano la povertà alimentare variano a seconda del contesto
di riferimento. Mentre i paesi in via di sviluppo si caratterizzano per problemi
riguardanti disponibilità, accessibilità, utilizzabilità e stabilità del cibo, nei paesi
sviluppati le problematiche di tipo alimentare sono invece connesse prima di
tutto alla condizione economica e alla trasformazione della povertà in un
fenomeno multidimensionale e, in secondo luogo, al corretto impiego degli
alimenti. Nelle nazioni ricche, infatti, i problemi alimentari non sono
riconducibili alla scarsità delle risorse disponibili, ma piuttosto a una loro
iniqua distribuzione. Si tratta di quello che Campiglio e Rovati (2009) hanno
definito come “paradosso della scarsità nell’abbondanza”: l’impossibilità di
alcune fasce della popolazione di accedere a risorse adeguate al proprio
sostentamento nonostante la (sovra)abbondanza di alimenti all’interno del
contesto in cui vivono.
Qualche dato sul fenomeno nel mondo e in Italia
Secondo i dati da poco diffusi sull’Indice Globale della Fame (o GHI, Global
Hunger Index) – strumento statistico per la raccolta di dati sulla fame nel
mondo e sulla malnutrizione nei diversi Paesi – nel 2021 il numero di persone
malnutrite è salito a 828 milioni, 46 milioni in più rispetto all’anno precedente e
150 milioni in più rispetto a prima della pandemia da Covid-19, con effetti
evidenti in Africa subsahariana, Asia meridionale, America centrale e
Sudamerica. Una situazione che è conseguenza dei cambiamenti climatici,
della pandemia e dei conflitti armati. Su 193 milioni di persone esposte a
conflitti, 139 milioni hanno vissuto condizioni di insicurezza alimentare (FSIN e
GNAFC 2022).
Guardando al livello europeo, negli ultimi anni, la crisi del 2008 e poi la
pandemia hanno contribuito all’aumento della povertà assoluta e relativa.
Contestualmente si è registrata una crescita significativa delle persone che
vivono in condizioni di indigenza e faticano ad accedere a cibo
quantitativamente e qualitativamente sufficiente alle proprie necessità
alimentari e al mantenimento dello stile di vita medio dei paesi sviluppati
(ActionAid 2021).
In base agli ultimi dati disponibili, nel 2020 gli italiani che dichiaravano di
trovarsi in condizione di povertà alimentare erano pari al 9,1% della
popolazione residente (Database Eurostat). Rispetto al 2008, quando erano
il 7,6%, si è registrato un aumento significativo che ha visto il suo picco nel
2012 quando le persone incapaci di procurarsi un pasto adeguato almeno
ogni due giorni erano pari al 17% della popolazione. Se l’Italia si è mantenuta
comunque al di sotto della media UE fino al 2010, da allora si è assistito a un
aumento impressionante di questo indicatore che, seppur in diminuzione dal
2013, è oggi al di sopra della media degli altri paesi membri. In una situazione
peggiore si trovano la Grecia (12,4%) e i paesi entrati nell’Unione Europea
con gli ultimi allargamenti (Bulgaria, 25,9%; Romania, 14,7%; Ungheria,
12,8%; Slovacchia, 11,8%; Lituania, 16,6%; Lettonia, 9,4%), mentre paesi
come Danimarca (2,3%), Spagna (5,4%) e Francia (7,2%) presentano livelli
molto inferiori a quelli italiani.
Gli adolescenti e i minori: oltre la povertà alimentare, stigma
ed esclusione sociale
Il Natale è, tra le altre cose, la festa dei bambini, si dice. Ma sono proprio i
bambini – e gli adolescenti – i più colpiti dalla povertà e dall’esclusione
sociale. Per quanto riguarda i primi, circa 1 milione e 400 mila bambini sono in
povertà assoluta e 600 mila soffrono di povertà alimentare in Italia. Le
disuguaglianze incidono anche sulle aspettative di vita, che presentano un
divario di 12 anni tra la Provincia di Bolzano e la Calabria. E’ inoltre
peggiorata anche la salute mentale a seguito della pandemia: tra il 2019 e il
2021 in neuropsichiatrica infantile i ricoveri sono aumentati del 39,5% (Save
the Children 2022).
Nel caso specifico della povertà alimentare, secondo un’indagine Coldiretti del
2022, questa è cresciuta con l’aumento dell’inflazione che ha colpito
duramente la spesa e messo in difficoltà un numero crescente di famiglie con
un balzo del 12% degli under 15 anni che nell’ultimo anno sono ricorsi agli
aiuti per mangiare. In Italia, sono salite complessivamente a 3 milioni le
persone indigenti che sono costrette a far ricorso alle mense dei poveri e
molto più frequentemente ai pacchi alimentari. Tra le categorie più deboli
maggiormente sostenute da questa forma di aiuto troviamo proprio i bambini
sotto i 15 anni, che costituiscono un quinto del totale.
La questione si complica ulteriormente per gli adolescenti, come ben racconta
l’ultimo Rapporto “Cresciuti troppo in fretta”, di ActionAid Italia. Oltre
all’incapacità di accedere a cibo adeguato e di qualità necessario al proprio
sostentamento, per loro soffrire di povertà alimentare significa anche non
poter vivere le occasioni sociali legate al cibo, vivere lo stigma che genera il
trovarsi in una condizione di precarietà e le situazioni di stress che ne
conseguono. Un insieme di bisogni e vissuti che producono conseguenze
soprattutto sul piano del benessere psico-fisico e che possono avere effetti sul
futuro oltre che sul presente. La povertà alimentare è infatti un fenomeno
multidimensionale caratterizzato da aspetti materiali, che si riferiscono alla
quantità e qualità del cibo consumato, e immateriali, che hanno a che vedere
con la socialità, la cultura e gli aspetti psicologici ed emozionali.
Il secondo welfare nel contrasto alla povertà alimentare:
il ruolo delle reti multiattore
Le misure di contrasto alla povertà alimentare sono spesso veicolate da reti
multi-attore articolate e differenziate, in virtù della multidimensionalità e
complessità del fenomeno e, inoltre, della pluralità degli attori aventi
competenza in materia. Si tratta dunque di un quadro estremamente variegato
e complesso che vede, da un lato, l’assenza di un framework regolativo
nazionale in materia di diritto a un’alimentazione adeguata e in grado di
inquadrare i diversi aspetti del fenomeno e, dall’altro, il ruolo marginale del
settore pubblico nell’attuare politiche sistematiche di aiuto agli indigenti.
Il problema della povertà alimentare è prevalentemente affrontato dagli enti di
matrice religiosa e coinvolge attori formali e informali a vari livelli di governo:
nazionali, regionali e municipali, compresa la società civile. L’Unione
Europea– attraverso l’erogazione del Fondo di aiuti europei agli indigenti
(FEAD) – ha fornito un sostegno concreto su questo piano, incentivando il
rafforzamento della filiera di enti caritativi che si è nel tempo specializzata nel
garantire aiuti alimentari agli indigenti. Peraltro è da sottolineare come negli
ultimi anni si sia registrato un cambiamento nell’approccio alla povertà
alimentare. Sempre più spesso, infatti, ci si riferisce alle food policy locali
come reti e spazi di connessione all’interno delle quali idee, istanze, approcci,
iniziative, attori (consumatori, produttori, catene di distribuzione, enti del Terzo
Settore, attori pubblici, esperti e studiosi) contribuiscono a sviluppare le
politiche del cibo.
I partenariati pubblico-privato svolgono un ruolo sempre più importante nella
progettazione e nell’attuazione delle iniziative di policy, soprattutto a livello
locale e con riferimento alle aree di bisogno più scoperte. Su tali meccanismi
incidono la complessità strutturale delle partnership e la diversità (di obiettivi,
target, interventi) degli attori che le compongono. In assenza di una cornice
legislativa nazionale che riconosca il diritto al cibo, in seguito alla pandemia il
sistema di welfare locale – e gli attori che ne fanno parte – hanno dovuto e
saputo riorganizzarsi per fronteggiare l’acuirsi delle vulnerabilità sociali e il
rischio per molte famiglie – e i minori in particolare – di scivolare in situazioni
di povertà severa. Si evidenzia dunque la (crescente) centralità delle reti di
contrasto alla povertà alimentare che sembrano sempre più porsi l’obiettivo di
supplire alle carenze del primo welfare promuovendo iniziative locali basate
su governance collaborative attente ai bisogni dei minori tra insicurezza
alimentare e qualità del cibo e in cui emerge un nuovo protagonismo delle
istituzioni pubbliche locali dentro modelli sempre più collaborativi.
Povertà e consumo alimentare: cosa si può fare?
Questo articolo è il terzo della nostra campagna natalizia: una serie di
approfondimenti in cui raccontiamo un tema di welfare e proviamo ad
approfondire chi se ne occupa in pratica e come lo fa (finora abbiamo parlato
di corridoi umanitari e di assistenza alle persone senza dimora). L’idea è
di creare una sorta di “lista di regali solidali” da cui prendere spunto per
donare il proprio tempo o il proprio denaro a chi potrebbe averne bisogno.
Cosa si può fare? Nella “società che vorrei…”, tre parole chiave: solidarietà,
buon senso e altruismo. Innanzitutto aiutare chi aiuta. Ci sono molti modi per
sostenere chi si occupa del contrasto alla povertà alimentare. Ad esempio,
molti empori hanno avviato la raccolta di beni con iniziative specifiche rivolte
al Natale (es. raccolta di prodotti alimentari e per l’igiene personale). Le
iniziative si allargano spesso oltre i beni alimentari – ad esempio, presso
l’emporio di Parma è attiva la raccolta di giocattoli, bambole e libri per
bambini – ma anche oltre confine. Come all’emporio Portobello di Modena,
dove è in corso una raccolta di capi di abbigliamento invernali e coperte per la
missione locale che nel periodo delle vacanze di Natale partirà per Černovcy,
città ucraina che sta accogliendo decine di migliaia di sfollati. Vi consigliamo
quindi di consultare il sito dell’emporio della vostra città e verificare in che
modo potete essere di aiuto.
Resta poi sempre la possibilità di effettuare donazioni in denaro. Ad esempio,
il Banco Alimentare Emilia Romagna ha lanciato la campagna “Un pranzo per
Natale”, grazie a cui è possibile donare una spesa dell’importo che si
desidera. Moltissimi empori consentono poi di donare una spesa online di
importo fisso o variabile per le famiglie locali, un ottimo spunto per un regalo
solidale. Qui, ad esempio, la pagina degli empori di Caritas Ambrosiana, dove
c’è anche la possibilità di donare una spesa speciale alle famiglie con
bambini, dal momento che i prodotti per l’infanzia, come i pannolini, sono
spesso costosi e difficili da reperire.
Un’altra idea? Non sprecare il cibo di Natale. Il paradosso del nostro Paese –
come tutti i paesi occidentali – è infatti che cresce il numero di persone in
povertà alimentare ma continuiamo a sprecare chili di cibo. Secondo
l’Osservatorio Waste Watcher infatti ogni italiano spreca 674,2 grammi di
cibo alla settimana. In totale, lo spreco alimentare costerebbe al nostro paese
15,6 miliardi all’anno, di cui 9,2 di spreco alimentare e 6,4 attribuiti agli sprechi
dell’energia per produrre il cibo, così come dell’acqua e delle altre risorse.
Cosa possiamo fare quindi? Da un lato salvarlo dalla spazzatura guardando
alle numerose ricette e soluzioni “salva-spreco” che popolano il web; dall’altro
facendo riferimento alle varie piattaforme che permettono di recuperare il cibo
invenduto/non consumato.
Un aspetto, quello dello spreco, che ci ricorda i tanti risvolti e le tante
implicazioni, che il cibo ha per la società, e soprattutto per una società
sostenibile. E che ci porta all’ultimo consiglio per il Natale. Le festività sono,
tra le altre, occasioni per le persone di riposarsi, di aggregarsi, di stare in
famiglia o con gli amici, di costruire quei legami comunitari a cui spesso
facciamo riferimento come ricetta per sostenere il welfare di prossimità e
promuovere l’inclusione sociale. Tuttavia, sono migliaia i lavoratori e le
lavoratrici chiamati al lavoro per le festività natalizie in attività commerciali
alimentari, soprattutto nella grande distribuzione. Infatti, a partire dalla
liberalizzazione degli orari dei negozi introdotta nel 2011 dal Decreto “Salva
Italia” sono stati eliminati vincoli e regole in materia di orari commerciali,
senza tenere conto delle conseguenze prodotte su lavoratori e lavoratrici,
peraltro in un settore a prevalente occupazione femminile.
Lavoratori/rici che non potranno beneficiare del senso che questi giorni
dovrebbero avere in un mercato del lavoro e in una società progredita e che
dovranno affrontare, tra le altre cose, complicati problemi di conciliazione
famiglia-lavoro. L’ultima cosa che possiamo fare per “dare un senso” ai nostri
consumi alimentari natalizi è quindi questa: non fare spesa nei giorni di festa.
Cominciamo da noi: il cibo può essere un veicolo di aggregazione e
socializzazione, non deve generare nuove disuguaglianze. Non sarà la
mancanza di cibo fresco a Capodanno a portarci in povertà alimentare.
Bibliografia
● Accolla G. (2015), “Food poverty secondo le statistiche di fonte ufficiale.
L’Italia nel contesto europeo”, in G. Rovati e L. Pesenti (a cura di), Food
Poverty, Food Bank. Aiuti alimentari e inclusione sociale, 31-49, Milano, Vita e
Pensiero.
● ActionAid (2022), Cresciuti troppo in fretta. Gli adolescenti e la povertà
alimentare in Italia, Milano.
● ActionAid (2021), La fame non raccontata. La prima indagine
multidimensionale sulla povertà alimentare in Italia e il Covid-19, Milano.
● Cesvi (2022), Indice globale della fame, http://indiceglobaledellafame.org/
● FAO (2008), An Introduction to the Basic Concepts of Food Security, Roma,
FAO.
● Maino F. (2022), Povertà alimentare, Glossario delle disuguaglianze sociali
● Maino F., C. Lodi Rizzini e L. Bandera (2016), Povertà alimentare in Italia: le
risposte del secondo welfare, Bologna, il Mulino.
● Osservatorio Waste Wather International (2022), World Foodwaste Report
2022
● Save the Children (2022), XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio

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