ANALISI E COMMENTI – Svelare i “misteri” di produttività e innovazione. L’economia secondo Sadun

Svelare i “misteri” di produttività e
innovazione. L’economia secondo Sadun


di Diletta Capissi
Intervista a Raffaella Sadun, economista docente ad Harvard, premiata in
questi giorni con il Premio De Sanctis per le Scienze Economiche. “Ai
giovani economisti consiglio di investire il più possibile, soprattutto
nelle fasi iniziali della preparazione accademica, nella formazione
matematica e statistica: questo è il linguaggio dell’economia, senza il
quale è difficile capire e trasmettere le proprie idee”
Fresca di riconoscimenti con l’assegnazione del Premio De Sanctis per le
Scienze Economiche che le è stato consegnato nel corso di una cerimonia
che si è svolta nella sala Carlo Azeglio Ciampi del ministero dell’Economia e
delle Finanze, alla presenza del ministro dell’Economia, Daniele Franco,
abbiamo rivolto alcune domande a Raffaella Sadun, economista docente ad
Harvard. Sadun, come è scritto nella motivazione del premio, “è una
economista riconosciuta internazionalmente come leader nella ricerca nel
campo del management e dell’organizzazione aziendale”.
È un grandissimo onore, sia per il prestigio della Fondazione De Sanctis e
della giuria che lo ha assegnato, sia per averlo ricevuto insieme a Guido
Tabellini, un economista bravissimo ma anche una bravissima persona.
Quali sono i temi critici dell’economia mondiale oggi?
È una lista molto lunga, a partire dagli aspetti macroeconomici più evidenti
perché emergenziali, quali la gestione della crisi energetica, l’inflazione, e la
gestione del periodo post-pandemico. Ma credo che, almeno nella mia lista
personale, le questioni più importanti siano quelle collegate alla crescita di
lungo periodo. Per questo motivo è cruciale cercare di capire come sviluppare
la produttività e l’innovazione del settore privato, ma anche del pubblico.
Uno dei temi di ricerca di cui mi occupo, per esempio, è la dimostrazione di
quanto la produttività sia legata a differenze nella gestione manageriale e
organizzativa delle imprese. Il “mistero” che ancora rimane irrisolto è perché
pratiche di gestione che sono tutto sommato note abbiano difficoltà ad essere
trasmesse e recepite davvero nelle imprese. Questo è un tema che, fra l’altro,
riguarda in modo diretto l’economia italiana.
E poi?
Un secondo tema che mi sta molto a cuore è capire come fare in modo che la
crescita possa essere inclusiva e coinvolgere e beneficiare fasce della
popolazione che negli ultimi decenni ne sono rimaste escluse. Per questo
motivo tengo moltissimo a temi quali quelli della formazione professionale
degli adulti e le politiche attive del lavoro. Il problema di policy è come
strutturare e implementare corsi di formazione che riescano a colmare in
modo rapido e efficace il mismatch fra domanda e offerta di lavoro, e che
permettano di riqualificare le persone e avviarle verso percorsi lavorativi
dignitosi, produttivi e remuneranti nel lungo periodo.
Quali sono i campi emergenti dell’economia indispensabili a capire il
mondo di oggi?
Grazie alla rivoluzione empirica l’economia riesce sempre di più a raccogliere
dati “micro” che descrivono in modo preciso, comparabile e su ampia scala
non solo dati “standard”, ma anche una moltitudine fattori intangibili
responsabili della crescita (per esempio, la qualità del management). Allo
stesso tempo, l’economia come disciplina si sforza sempre di più di utilizzare
questi dati per capire quali siano i nessi causali delle politiche economiche e
delle decisioni fatte da privati, ma anche di sviluppare tecniche econometriche
basate sul machine learning per studiare dati non strutturati, che sono
tradizionalmente rimasti esclusi dalla ricerca economica (per esempio, testi).
Le teorie si stanno anche evolvendo, cercando in modo innovativo di catturare
aspetti decisionali non sempre razionali degli individui.
Cosa consiglierebbe a un giovane economista che desidera dedicarsi
alla ricerca?
Dal punto di vista tecnico, il mio consiglio è di investire il più possibile,
soprattutto nelle fasi iniziali della preparazione accademica, nella formazione
matematica e statistica: questo è il linguaggio dell’economia, senza il quale è
difficile capire e trasmettere le proprie idee. Ovviamente questo non significa
formarsi alla matematica o alla statistica: l’economia è molto più di questo.
Ma senza una preparazione quantitativa adeguata è difficile partecipare al
discorso di ricerca a livello internazionale.
Al di là della preparazione, ragionando sul mio percorso professionale, penso
che la cosa più importante sia quella di trovare dei mentors e dei collaboratori
generosi, ovvero che siano in grado di supportare, guidare, consigliare e,
talvolta, aiutare nei momenti di difficoltà. L’economia è sempre di più un’attività
che si basa sul lavoro di team e la possibilità di trovare collaboratori con i quali
si è in sintonia professionale e verso i quali si nutre profondo rispetto è a mio
avviso essenziale per potere fare strada in questo ambito, oltre che a rendere
la professione remunerante anche a livello personale.
fonte: FORMICHE

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