Borghi e PNRR: oltre le risorse servono competenze Un miliardo di euro per valorizzare i piccoli centri, grazie soprattutto alla digitalizzazione, e evitarne lo spopolamento. È l’obiettivo del cosiddetto “Bando borghi” del PNRR. Ma a quali condizioni si potrà realizzare una vera rigenerazione? Daniele Germiniani ne ha parlato con Isabella Andrighetti, coordinatrice del programma Bandiere Arancioni del Touring Club Italiano, che sottolinea l’importanza delle partnership tra Pubblico e privato
di Daniele Germiniani
A novembre, all’assemblea annuale dell’ANCI, il Premier Mario Draghi dichiarava che grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Comuni e Città Metropolitane dovranno amministrare quasi 50 miliardi di euro per investimenti sul territorio. Una decisa inversione di tendenza dopo l’epoca del Patto di Stabilità che per quasi vent’anni ha impedito ai Comuni di investire per modernizzare le proprie infrastrutture fisiche e sociali. Sarà davvero il PNRR ad avviare il rinascimento di quelle città di provincia e dei tanti piccoli paesi che costituiscono il tessuto sociale ed economico del modello italiano che il sociologo americano Robert Putnam definiva l’Italia delle virtù civiche? Certo, il Piano prevede risorse ingenti per il territorio, ma se si guarda ai primi finanziamenti assegnati non è il caso di festeggiare l’avvio di un nuovo rinascimento. Il Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare, che ha assegnato 2,82 miliardi a 159 proposte di interventi urbanistici di Regioni, Città metropolitane e grandi Comuni, ha utilizzato procedure che hanno ridotto al minimo il confronto con gli attori sul territorio. Dati i tempi rapidissimi – 21 giorni tra pubblicazione e chiusura dei termini – sono stati premiati progetti sostanzialmente già pronti da anni ed è difficile che da lì arrivino grandi innovazioni, dato che i progetti – a causa dei tempi stretti – sono stati “adattati” al PNRR senza quindi poter essere ripensati e rimodulati sulle base del mutato contesto. Partendo da questo presupposto, riprendiamo i ragionamenti con la serie “Memento PNRR” sull’importanza di avere una visione strategica chiara per l’utilizzo delle risorse del Piano. Le tre linee del bando Con la fine del 2021 è però stato pubblicato l’avviso pubblico – raccolto anche sul Bando della Matassa promosso da Excursus+ – che riguarda la rigenerazione culturale dei piccoli Comuni, il cosiddetto “Bando borghi”. L’aspetto interessante di questo bando curato dal Ministero della Cultura è la suddivisione in tre differenti linee che dovrebbero operare in maniera sinergica: ● Linea A demandata alla gestione diretta di Regioni e Province autonome per individuare in ogni territorio un progetto rilevante a cui destinare 20 milioni di euro, per un totale di 420 milioni. ● Linea B finalizzata alla realizzazione di Progetti locali di rigenerazione culturale e sociale di almeno 229 borghi storici con una dotazione di 380 milioni. ● La seconda componente della linea B (che deve essere ancora pubblicata ed è già stata ridefinita Linea C) che prevede di investire a supporto delle imprese che si insedieranno nei comuni finanziati dalla linea B per ulteriori 200 milioni. Il punto, anche in questo caso, è che bisogna correre: il bando chiuderà il 15 marzo 2022, e stando alle regole del PNRR le opere dovranno essere consegnate entro il 2026. E la fretta certo non aiuta. Vediamo di capire meglio perché. L’obiettivo: contrastare lo spopolamento dei borghi Il Bando borghi è previsto dalla Missione 1 del PNRR “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” che vuole promuovere la modernizzazione del Paese favorendo la riduzione del digital divide e valorizzando le aree interne come modello insediativo alternativo, sfruttando anche le opportunità dello smart working scoperte da molti nell’ultimo biennio. L’obiettivo è contrastare il progressivo spopolamento certificato dai dati del censimento ISTAT, attraverso progetti di riqualificazione del territorio ma anche di innovazione e di infrastrutturazione digitale per favorire l’insediamento di nuove attività e giovani famiglie.
Tendenze demografiche nei 307 “Borghi pù belli d’Italia” censiti da Istat, anno 2019 ● Nota: rielaborazione grafica a cura di Secondo Welfare. Per approfondire la Linea B del bando abbiamo chiesto aiuto al Touring Club Italiano, la principale associazione italiana per la promozione del turismo in Italia, che da 24 anni opera per certificare l’eccellenza dei piccoli Comuni dell’entroterra italiano con il programma Bandiere Arancioni. Il Touring è stato infatti coinvolto dal Ministero della Cultura nel “Comitato di coordinamento borghi” per la definizione delle modalità attuative dell’intervento 2.1 “Attrattività dei Borghi” 1 di cui il Bando è il principale strumento. La doppia azione del bando: Pubblico e privato insieme Isabella Andrighetti, Responsabile certificazioni e programmi territoriali, è la coordinatrice del programma Bandiera Arancioni, ci ha spiegato come il PNRR riprende i principi già introdotti nella Strategia Nazionale Aree Interne e, per quanto riguarda il turismo, nel Piano strategico per il Turismo 2017-2022. È proprio la dimensione sinergica tra la prima e la seconda componente della Linea B del bando a rappresentare uno degli esperimenti più interessanti promossi dal PNRR: l’attore pubblico avvia processi di valorizzazione del territorio su cui poi l’iniziativa privata si innesta per creare nuova economia. In questo senso all’interno del Comitato il Touring Club ha sempre ribadito “come il recupero di attrattività non debba tradursi in negazione della dimensione produttiva. I borghi vanno infatti sostenuti quali luoghi dove abitare, vivere e fare impresa, in cui supportare la comunità locale affinché non venga meno il presidio territoriale e la tutela dell’identità locale, condizioni imprescindibili anche per uno sviluppo turistico responsabile e sostenibile.” Le competenze che servono e forse mancano Questa visione strategica ha però bisogno del dialogo costante tra tutti i soggetti coinvolti. “Per quanto riguarda la qualità dei progetti in via di presentazione, evidentemente ci sono degli elementi nel bando che stimolano un approccio sinergico e strategico” continua Andrighetti. “Penso ad esempio alla centralità data ai partenariati pubblico-privato e all’integrazione della seconda componente della linea B, che stanzia 200 milioni di euro a favore delle micro, piccole e medie imprese profit e no profit, localizzate o che intendono insediarsi nei borghi”. E qui sta la criticità. “L’esperienza della Strategia Nazionale Aree Interne ci ha insegnato l’importanza di dotare i territori periferici di figure competenti nella progettazione e di accompagnarli nel focalizzare i bisogni e nell’orientare le idee verso visioni e approcci strategici. Non aver fatto tesoro di tale esperienza è sicuramente un’occasione persa”. L’affiancamento ai Comuni Proprio per favorire un approccio strategico al bando, il Touring ha supportato i 267 comuni Bandiera Arancioni con un percorso di pre-valutazione delle idee progettuali, fornendo diretto alle amministrazioni comunali coinvolte. “Il 70% dei Comuni della rete Bandiere Arancioni ha meno di 5.000 abitanti – continua Andrighetti – e pertanto è potenzialmente beneficiario del finanziamento. Abbiamo offerto una valutazione preliminare delle idee per permettere agli amministratori di mettere a fuoco strategie, tipologie di interventi, modalità di coinvolgimento del tessuto imprenditoriale e sociale, offrendo competenze qualificate nei nostri ambiti di riferimento: turismo, cultura e ambiente”. Infatti, se ai Comuni non fa difetto l’inventiva e la volontà di migliorare il proprio territorio, i tempi stretti del bando (tre mesi tra pubblicazione e la chiusura, prevista come detto per il 15 marzo) mettono sotto stress le strutture dei piccoli Comuni. È questo uno dei rischi, più volte ribadito, del PNRR: immettere risorse senza che gli organi deputati a gestire quelle risorse siano in grado di seguire tutto il processo. “Mi stupisce sempre l’energia propositiva e la visione e la capacità di innovazione che molti Comuni sanno portare a beneficio del proprio territorio” conclude Andrighetti. “È evidente però che in questa occasione, anche le amministrazioni più organizzate, debbano far fronte alle carenze delle proprie strutture amministrative. I Comuni con meno di 5.000 abitanti – possono essere piccoli da un punto di vista demografico ma non necessariamente di territorio amministrato – vivono il paradosso di strutture tecniche ridotte ai minimi termini”.
le risorse servono competenze Un miliardo di euro per valorizzare i piccoli centri, grazie soprattutto alla digitalizzazione, e evitarne lo spopolamento.
È l’obiettivo del cosiddetto “Bando borghi” del PNRR. Ma a quali condizioni si potrà realizzare una vera rigenerazione? Daniele Germiniani ne ha parlato con Isabella Andrighetti, coordinatrice del programma Bandiere Arancioni del Touring Club Italiano, che sottolinea l’importanza delle partnership tra Pubblico e privato di Daniele Germiniani A novembre, all’assemblea annuale dell’ANCI, il Premier Mario Draghi dichiarava che grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Comuni e Città Metropolitane dovranno amministrare quasi 50 miliardi di euro per investimenti sul territorio. Una decisa inversione di tendenza dopo l’epoca del Patto di Stabilità che per quasi vent’anni ha impedito ai Comuni di investire per modernizzare le proprie infrastrutture fisiche e sociali. Sarà davvero il PNRR ad avviare il rinascimento di quelle città di provincia e dei tanti piccoli paesi che costituiscono il tessuto sociale ed economico del modello italiano che il sociologo americano Robert Putnam definiva l’Italia delle virtù civiche? Certo, il Piano prevede risorse ingenti per il territorio, ma se si guarda ai primi finanziamenti assegnati non è il caso di festeggiare l’avvio di un nuovo rinascimento. Il Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare, che ha assegnato 2,82 miliardi a 159 proposte di interventi urbanistici di Regioni, Città metropolitane e grandi Comuni, ha utilizzato procedure che hanno ridotto al minimo il confronto con gli attori sul territorio. Dati i tempi rapidissimi – 21 giorni tra pubblicazione e chiusura dei termini – sono stati premiati progetti sostanzialmente già pronti da anni ed è difficile che da lì arrivino grandi innovazioni, dato che i progetti – a causa dei tempi stretti – sono stati “adattati” al PNRR senza quindi poter essere ripensati e rimodulati sulle base del mutato contesto. Partendo da questo presupposto, riprendiamo i ragionamenti con la serie “Memento PNRR” sull’importanza di avere una visione strategica chiara per l’utilizzo delle risorse del Piano. Le tre linee del bando Con la fine del 2021 è però stato pubblicato l’avviso pubblico – raccolto anche sul Bando della Matassa promosso da Excursus+ – che riguarda la rigenerazione culturale dei piccoli Comuni, il cosiddetto “Bando borghi”. L’aspetto interessante di questo bando curato dal Ministero della Cultura è la suddivisione in tre differenti linee che dovrebbero operare in maniera sinergica: ● Linea A demandata alla gestione diretta di Regioni e Province autonome per individuare in ogni territorio un progetto rilevante a cui destinare 20 milioni di euro, per un totale di 420 milioni. ● Linea B finalizzata alla realizzazione di Progetti locali di rigenerazione culturale e sociale di almeno 229 borghi storici con una dotazione di 380 milioni. ● La seconda componente della linea B (che deve essere ancora pubblicata ed è già stata ridefinita Linea C) che prevede di investire a supporto delle imprese che si insedieranno nei comuni finanziati dalla linea B per ulteriori 200 milioni. Il punto, anche in questo caso, è che bisogna correre: il bando chiuderà il 15 marzo 2022, e stando alle regole del PNRR le opere dovranno essere consegnate entro il 2026. E la fretta certo non aiuta. Vediamo di capire meglio perché. L’obiettivo: contrastare lo spopolamento dei borghi Il Bando borghi è previsto dalla Missione 1 del PNRR “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” che vuole promuovere la modernizzazione del Paese favorendo la riduzione del digital divide e valorizzando le aree interne come modello insediativo alternativo, sfruttando anche le opportunità dello smart working scoperte da molti nell’ultimo biennio. L’obiettivo è contrastare il progressivo spopolamento certificato dai dati del censimento ISTAT, attraverso progetti di riqualificazione del territorio ma anche di innovazione e di infrastrutturazione digitale per favorire l’insediamento di nuove attività e giovani famiglie.
Tendenze demografiche nei 307 “Borghi pù belli d’Italia” censiti da Istat, anno 2019 ● Nota: rielaborazione grafica a cura di Secondo Welfare. Per approfondire la Linea B del bando abbiamo chiesto aiuto al Touring Club Italiano, la principale associazione italiana per la promozione del turismo in Italia, che da 24 anni opera per certificare l’eccellenza dei piccoli Comuni dell’entroterra italiano con il programma Bandiere Arancioni. Il Touring è stato infatti coinvolto dal Ministero della Cultura nel “Comitato di coordinamento borghi” per la definizione delle modalità attuative dell’intervento 2.1 “Attrattività dei Borghi” 1 di cui il Bando è il principale strumento. La doppia azione del bando: Pubblico e privato insieme Isabella Andrighetti, Responsabile certificazioni e programmi territoriali, è la coordinatrice del programma Bandiera Arancioni, ci ha spiegato come il PNRR riprende i principi già introdotti nella Strategia Nazionale Aree Interne e, per quanto riguarda il turismo, nel Piano strategico per il Turismo 2017-2022. È proprio la dimensione sinergica tra la prima e la seconda componente della Linea B del bando a rappresentare uno degli esperimenti più interessanti promossi dal PNRR: l’attore pubblico avvia processi di valorizzazione del territorio su cui poi l’iniziativa privata si innesta per creare nuova economia. In questo senso all’interno del Comitato il Touring Club ha sempre ribadito “come il recupero di attrattività non debba tradursi in negazione della dimensione produttiva. I borghi vanno infatti sostenuti quali luoghi dove abitare, vivere e fare impresa, in cui supportare la comunità locale affinché non venga meno il presidio territoriale e la tutela dell’identità locale, condizioni imprescindibili anche per uno sviluppo turistico responsabile e sostenibile.” Le competenze che servono e forse mancano Questa visione strategica ha però bisogno del dialogo costante tra tutti i soggetti coinvolti. “Per quanto riguarda la qualità dei progetti in via di presentazione, evidentemente ci sono degli elementi nel bando che stimolano un approccio sinergico e strategico” continua Andrighetti. “Penso ad esempio alla centralità data ai partenariati pubblico-privato e all’integrazione della seconda componente della linea B, che stanzia 200 milioni di euro a favore delle micro, piccole e medie imprese profit e no profit, localizzate o che intendono insediarsi nei borghi”. E qui sta la criticità. “L’esperienza della Strategia Nazionale Aree Interne ci ha insegnato l’importanza di dotare i territori periferici di figure competenti nella progettazione e di accompagnarli nel focalizzare i bisogni e nell’orientare le idee verso visioni e approcci strategici. Non aver fatto tesoro di tale esperienza è sicuramente un’occasione persa”. L’affiancamento ai Comuni Proprio per favorire un approccio strategico al bando, il Touring ha supportato i 267 comuni Bandiera Arancioni con un percorso di pre-valutazione delle idee progettuali, fornendo diretto alle amministrazioni comunali coinvolte. “Il 70% dei Comuni della rete Bandiere Arancioni ha meno di 5.000 abitanti – continua Andrighetti – e pertanto è potenzialmente beneficiario del finanziamento. Abbiamo offerto una valutazione preliminare delle idee per permettere agli amministratori di mettere a fuoco strategie, tipologie di interventi, modalità di coinvolgimento del tessuto imprenditoriale e sociale, offrendo competenze qualificate nei nostri ambiti di riferimento: turismo, cultura e ambiente”. Infatti, se ai Comuni non fa difetto l’inventiva e la volontà di migliorare il proprio territorio, i tempi stretti del bando (tre mesi tra pubblicazione e la chiusura, prevista come detto per il 15 marzo) mettono sotto stress le strutture dei piccoli Comuni. È questo uno dei rischi, più volte ribadito, del PNRR: immettere risorse senza che gli organi deputati a gestire quelle risorse siano in grado di seguire tutto il processo. “Mi stupisce sempre l’energia propositiva e la visione e la capacità di innovazione che molti Comuni sanno portare a beneficio del proprio territorio” conclude Andrighetti. “È evidente però che in questa occasione, anche le amministrazioni più organizzate, debbano far fronte alle carenze delle proprie strutture amministrative. I Comuni con meno di 5.000 abitanti – possono essere piccoli da un punto di vista demografico ma non necessariamente di territorio amministrato – vivono il paradosso di strutture tecniche ridotte ai minimi termini”.