CITTA’ “CIRCOLARI” – Ecco come le amministrazioni locali possono accelerare sull’economia circolare

Città circolari, ecco come le amministrazioni
locali possono accelerare sull’economia
circolare


Lo studio dello Stockholm Environment Institute (SEI) fornisce una
panoramica di buone pratiche e strumenti che le amministrazioni locali
dovrebbero introdurre per avere uno slancio maggiore verso
un’economia circolare nei contesti urbani
Le città e le azioni intraprese su suolo urbano saranno fondamentali per
raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Sebbene
occupino solo il 2% della superficie terrestre, il 57% della popolazione
mondiale vive in città ed entro il 2050 la percentuale salirà al 68%: le città
consumano oltre il 75% delle risorse naturali, accumulano il 50% dei
rifiuti globali ed emettono fino all’80% dei gas a effetto serra. Inoltre, le
amministrazioni comunali sono spesso responsabili della gestione dei rifiuti e
dell’acqua, della pianificazione urbana, dello sviluppo commerciale,
dell’assistenza e dei servizi sociali e della protezione dell’ambiente a livello
locale.
Una responsabilità non da poco quella che grava sugli enti locali, dunque, il
cui ruolo, soprattutto nel bel mezzo della crisi climatica ed energetica, è ben
più ampio e complesso della semplice amministrazione di aree circoscritte ma
che potrebbe rappresentare anche un’opportunità unica per dare nuova linfa
ai territori.
Perché non si resti però solo nel campo della retorica è necessario attuare
azioni concrete, precise e misurabili, in grado di mostrare non solo buone
intenzioni ma anche progressi e risultati. Lo studio “Governing the circular
economy – How urban policymakers can accelerate the agenda” dello
Stockholm Environment Institute(SEI) illustra una strategia, basata su
quattro punti, che le amministrazioni locali possono mettere in atto per
concretizzare gli sforzi di circolarità nelle città.
Sviluppare una visione condivisa
Secondo il report, è prima di tutto necessario che si crei una condivisione di
intenti, coinvolgendo diversi attori, come il mondo accademico e le imprese
ma anche e soprattutto i cittadini, la cui partecipazione è fondamentale per il
successo dei progetti. Si suggerisce di puntare su obiettivi chiari, guardando
alle priorità della città, in base anche al livello di emissioni, ai flussi di materiali
e ai modelli consumo correnti.
“C’è la tendenza – scrivono nello studio – a concentrarsi solo sugli aspetti
tecnici finalizzati a sistemi urbani più efficienti, principalmente il riciclo, il
recupero dei rifiuti e dell’energia. Tuttavia, l’economia circolare sarà
trasformativa solo se si considerano anche gli impatti sociali e
comportamentali”.
Un primo esempio di collaborazione è la Dichiarazione delle città circolari,
una piattaforma di Local Governments for Sustainability (ICLEI) che riunisce
quelle città europee che stanno portando avanti impegni legati all’economia
circolare. In Italia le città aderenti sono Firenze e Prato.
Ma i piani d’attuazione non sono possibili solo in piccole o medie città ma
anche in grandi metropoli, come dimostra ciò che sta avvenendo a Parigi.
Qui, nel Piano per l’Economia Circolare, la città francese presenta un
approccio integrato per affrontare le varie sfide dello sviluppo sostenibile,
mappando le interazioni con altri piani comunali: questo contente di strutturare
il piano su azioni complementari ed integrare i principi dell’economia circolare
anche in altre politiche comunali.
Con questo approccio, secondo quanto riportato sul sito di riferimento, si sono
già ottenuti dei risultati per aziende e cittadini: come la produzione di oltre
6000 metri cubi di legna all’anno risultati dalla pulizia degli spazi verdi di
Parigi; il riutilizzo di 3000 tonnellate di ghiaia all’anno, in media, prodotte dal
riciclaggio di monumenti funerari; 7000-8000 tonnellate di granito riutilizzate
ogni anno sulle strade della città; 28 nuovi progetti dedicati all’agricoltura
urbana, per una superficie di oltre 5,3 ettari; il risparmio del 44% sul consumo
di energia elettrica per la climatizzazione, in particolare per il raffreddamento,
del Municipio, grazie all’utilizzo di acqua non potabile e la riduzione del 20%
del consumo energetico delle piscine attraverso il recupero del calore.
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zero entro il 2030
Collaborare a più livelli e tra diversi settori
Una buona progettazione non può, naturalmente, prescindere da una sana
collaborazione a più livelli e che interseca diversi settori. Per farlo si
suggeriscono piattaforme ad uso locale per scambiare informazioni e
conoscenze, ma anche sistemi di coordinamento con il governo nazionale
e regionale, e un rafforzamento del coordinamento tra aree urbane e rurali.
Umeå, in Svezia, una delle tre città pilota che partecipano al programma
dell’OCSE Circular Economy in Cities & Regions è un ottimo esempio di
collaborazione finalizzato alla condivisione di progetti di economia circolare.
“Attraverso una mappatura di buone pratiche, è stato testato l’inserimento dei
dati sia dal punto di vista bottom-up che dall’approccio top-down”, scrivono sul
sito del progetto svedese. Un metodo che consentirebbe di identificare i settori
in cui sono in atto iniziative circolari che includono diversi stakeholder, a tutti i
livelli, scovarne le lacune e sviluppare una comprensione di ciò che la
transizione circolare può significare per ogni settore. Sono stati inoltre
organizzati una serie di workshop, cui sono stati invitati a partecipare i
rappresentanti di tutti i dipartimenti della città di Umeå, nonché i
rappresentanti regionali, stakeholders del settore pubblico, privato e del terzo
settore.
Leggi anche: Riutilizzare l’acqua piovana si può. Le
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Avere gli strumenti giusti
I principi di economia circolare possono anche integrarsi all’interno di alcune
procedure fiscali e burocratiche, quali la prassi degli appalti pubblici, i
programmi di sostegno alle imprese e i quadri fiscali e normativi. Strategie
circolari possono, ad esempio, essere portati avanti direttamente da
fornitori di servizi, come le aziende municipali che si occupano di alloggi,
energia e rifiuti. Per accelerare l’implementazione dell’economia circolare,
suggeriscono ancora dal report, i responsabili delle politiche urbane
dovrebbero utilizzare incentivi economici come sovvenzioni, sussidi,
partenariati pubblico-privati e detrazioni fiscali per stimolare il
cambiamento di paradigma.
Le autorità locali dovrebbero essere, in sostanza, in condizione di sfruttare i
vantaggi economici, sociali e ambientali dell’economia circolare per realizzare
le priorità locali.
Un esempio virtuoso in questo senso arriva dal Regno Unito, dove l’iniziativa
ReLondon dispone di uno strumento formativo, la CE Training Academy,
che comprende una serie di moduli, gratuiti e a pagamento, concepiti per far
sì che l’economia circolare sia il filo conduttore del lavoro di diversi settori e
dipartimenti.
In questo modo gli enti locali possono approfondire la comprensione dei
benefici dell’economia circolare e applicarla concretamente nel proprio
campo, favorire la collaborazione tra colleghi di diversi dipartimenti per
mettere in comune le risorse e realizzare priorità condivise. Attribuire
insomma anche un valore sociale, oltre che ambientale, al lavoro che
svolgono all’interno delle comunità.
Leggi anche: Il principale ostacolo alla transizione delle città verso
l’economia circolare? Le barriere culturali
Monitorare: l’importanza dei dati
Nonostante potrebbe sembrare più semplice monitorare i progressi di un
piano a livello locale, la scarsa attitudine delle amministrazioni con i dati, non
fornisce spesso ciò di cui si ha bisogno per delineare un quadro
dell’andamento del progetto e si riscontrano spesso difficoltà nel passare dalla
fase pilota a quella attuativa.
Lo studio propone perciò di raccogliere dati affidabili sui flussi di energia e
materiali, attraverso l’uso di tecnologie, come piattaforme digitali e
sensori degli edifici smart, in ogni fase del progetto. I comuni devono
quindi migliorare la raccolta e l’analisi dei dati, investendo in una gestione dei
dati più adeguata alle esigenze locali e, allo stesso tempo, in grado di
alimentare i dati nazionali.
Si può iniziare a implementare la circolarità di un edificio, per poi estendere ad
un quartiere e poi all’intero contesto urbano; un modo per osservare e
prendere come modello per azioni futuro, valutando anche il comportamento
dei cittadini mentre si attuano le modifiche, ad esempio negli edifici ad alta
efficienza energetica.
I laboratori urbani, intesi come spazi dove sperimentare soluzioni innovative
in un ambiente reale e con un’ampia gamma di stakeholder della città, sono
un ottimo esempio di co-creazione di nuove politiche e pratiche di economia
circolare, e del loro monitoraggio.
Abbiamo già parlato sul nostro magazine della città di Rotterdam, [qui e qui il
reportage di Letizia Palmisano] che svolge egregiamente il ruolo laboratorio
urbano delle innovazioni circolari. In particolare all’interno del programma
Rotterdam Circulair, si ha uno spazio per la condivisione di conoscenze ed
esperienze che attengono all’economia circolare in atto nella città olandese,
così da ispirare anche altri centri urbani verso il cambiamento.
Leggi anche: La nostra rubrica In circolo, “Città circolari, dalle
buone pratiche alle politiche di sistema”

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