EXPORT – Beni strumentali, l’Italia quinta al mondo per l’export (e c’è ampio margine di crescita)

Beni strumentali, l’Italia quinta al mondo
per l’export (e c’è ampio margine di
crescita)


di Michelle Crisantemi
L’Italia è quinta al mondo tra i Paesi esportatori di beni strumentali nei
comparti automazione, creatività e tecnologia, con un export che vale quasi
28 miliardi di euro e un export potenziale di ulteriori 16 miliardi.
Sono i dati della prima edizione di Ingenium, il Rapporto del Centro Studi
Confindustria dal titolo “Il potenziale dei beni strumentali italiani nel
panorama internazionale”, realizzato con il sostegno finanziario di
Federmacchine e il contribuito, tra gli altri, di Sace per il focus nei Paesi
dell’Asean e in particolare in Vietnam, Filippine e Thailandia, il cui mercato
rappresenta un grande orizzonte di opportunità per il Made in Italy.
“Riconosciuto per le ottime performance, il made in Italy settoriale assicura da
sempre un contributo decisivo al saldo della bilancia commerciale del paese.
È infatti l’industria meccanica, nella quale rientra quella rappresentata da
Federmacchine, a registrare il surplus commerciale maggiore. Ora, con ilRapporto Ingenium, le imprese del settore hanno a disposizione uno
strumento in più per comprendere come e ove orientare la propria offerta,
considerando i mercati a maggior potenziale, e alcune indicazioni strategiche
per meglio presidiare le aree di sbocco”, commenta Alfredo Mariotti,
segretario generale Federmacchine.
L’Italia è tra i primi esportatori di macchinari ad alta
automazione, creatività e tecnologia
I macchinari che rientrano nell’analisi sono definiti grazie a tre elementi
caratteristici che li contraddistinguono: automazione, creatività e tecnologia.
Di qui l’acronimo ACT, che raggruppa 202 categorie di prodotto su cui l’Italia
può far leva per affrontare lo scenario internazionale.
Si tratta di macchinari dall’elevato grado di precisione, da una presenza
dell’elettronica sempre più pervasiva rispetto alla parte meccanica, dall’agilità
nell’adottare soluzioni su misura e da un crescente contenuto di servizi
nell’offerta di vendita. Per molte categorie di beni l’Italia esprime un vantaggio
competitivo sia in termini di prezzo applicato per la vendita, sia, a parità di
prezzo, per le più elevate quantità di macchinari vendute, e non sorprende
risulti leader mondiale nella produzione di molte categorie di macchinari.
L’export ACT vale quasi 28 miliardi di euro. Il valore delle esportazioni di
macchinari italiani ACT nel mondo può essere diviso per mercati di
destinazione. Quelli ad avere maggior peso sono i mercati avanzati, che
insieme assorbono più di 18 miliardi di euro. Il valore delle esportazioni nei
mercati emergenti è invece più limitato e registra poco più di 9 miliardi di euro.
L’export di ACT è cresciuto in particolar modo nelle Americhe, tanto del Nord
quanto in America Latina e nei Caraibi, così come nel continente europeo,
destinazioni che hanno registrato la crescita maggiore nel corso del 2022
rispetto ai tre anni precedenti.
I mercati con maggior potenziale di crescita
Dal Rapporto emerge che, tra i mercati avanzati, quelli che offrono un
maggiore potenziale sfruttabile sono gli USA (con un potenziale di export
aggiuntivo stimato in circa 1,7 mld di euro), Francia e Germania a pari merito
(600 milioni di potenziale), poi Austria e Canada. Il potenziale aggiuntivo negli
emergenti è guidato dal mercato cinese, dove è ancora sfruttabile il 52% del
potenziale di export totale per un ammontare pari a circa 2 miliardi di euro.
Questo potenziale in Cina è dovuto in larga parte alla dimensione del mercato.Seguono Turchia (potenziale di 700 milioni) e India (600 milioni), poi Messico
e Brasile.
L’Italia risulta inoltre tra i primi esportatori sia per quota di mercato sia
per competitività tra i fornitori internazionali di prodotti ACT. Nel 2020 l’Italia
si è qualificata quinta, dietro Cina, Regno Unito, Germania e Austria. I
principali importatori di macchinari ACT provenienti dall’Italia rimangono gli
Stati Uniti, seguiti dalla Germania e dalla Cina.
Come cogliere le opportunità ancora poco sfruttate
Il rapporto, inoltre, sottolinea che ci sono ancora opportunità di business
che le imprese possono cogliere per rafforzare ulteriormente la loro
posizione sui mercati internazionali.
Ci sono 16 miliardi di export potenziale per i beni strumentali caratterizzati
da automazione, creatività e tecnologia. La possibilità di ampliare le
esportazioni di questi macchinari a elevata sofisticazione è equamente
distribuita tra Paesi avanzati ed emergenti, per circa 8 miliardi ciascuno,
suggerendo quindi alle imprese di accrescere le loro quote di mercato in
entrambe le aree.
La strada per attivare il potenziale, secondo il rapporto, passa per interventi
da attuare su vari assi per la competitività delle imprese, come:
■ supportare la servitizzazione (la fornitura di servizi aggiuntivi
post-vendita)
■ adottare comportamenti più sostenibili
■ favorire i trattati internazionali
■ stimolare l’innovazione
“Nel quadro di un ruolo di assoluto rilievo che assume il Made in Italy
nell’economia globale e nazionale quale asset fondamentale di crescita, i beni
strumentali sono la robusta spina dorsale delle eccellenze italiane
esportate all’estero. Senza di loro molti dei beni di consumo, che nel nostro
immaginario rappresentano l’Italia nel mondo come moda, arredo e
alimentare, non sarebbero realizzabili”, commenta Barbara Beltrame
Giacomello, Vice Presidente per l’Internazionalizzazione di Confindustria.
“I macchinari costituiscono sempre una delle prime voci tra i prodotti
venduti all’estero e rappresentano una parte significativa del nostro export.
Un export che dagli ultimi dati vede dei segnali di rallentamento dopo i livellirecord registrati negli ultimi anni e che ha sostenuto la competitività
dell’industria italiana in un contesto internazionale reso estremamente sfidante
e incerto”, aggiunge.
Ed è proprio alla luce di queste considerazioni e delle opportunità potenziali
che sono emerse dal rapporto che, sostiene Beltrame, l’Italia deve essere in
grado di mettere a terra con una vera politica di sistema che accompagni
le imprese, in particolare le piccole e medie, nei mercati ester

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