La scuola di domani bisogna pensarla
oggi: i pilastri per non fallire
L’esperienza della didattica a distanza durante la pandemia ha
dimostrato che la Scuola italiana non è ancora pronta ai nuovi scenari
tecnologici. Mancano le infrastrutture, certo, ma per una vera
innovazione di sistema occorre anche formare gli insegnanti e il PNRR è
un’occasione irripetibile
di Antonio Guadagno – Ingegnere, consulente informatico, docente,
formatore
Per quanto le nuove proposte politiche possano far sperare una svolta verso
una scuola al passo coi tempi, inclusiva e che formi i futuri cittadini senza
disparità, il contesto attuale non è dei migliori.
In tal senso, il ricorso alla DAD o alla DDI ha dimostrato che l’Italia non è
ancora pronta.
Gli investimenti del PNRR, occasione forse irripetibile, devono essere il
motore per una (ri)qualificazione delle infrastrutture adeguandole ai nuovi
scenari sociali e tecnologici.
Ma non bisogna dimenticare le competenze.
Le infrastrutture, anche le più innovative, non hanno alcuna valenza se non
esistono le menti che sappiano renderle vive. Occorre spingere anche nella
direzione di un piano integrato di formazione del personale che garantisca
l’innovazione metodologica del sistema scolastico.
La missione 4 del PNRR e gli investimenti previsti
La tecnologia digitale cambia continuamente il modo in cui ognuno opera
(lavoro, istruzione, divertimento, comunicazione): è quindi naturale che le
innovazioni a essa collegata si riverberino come opportunità anche nel mondo
dell’educazione e della formazione in generale.
La pandemia ha messo definitivamente in evidenza una serie di lacune
infrastrutturali e strutturali, che ha acuito le disuguaglianze tra i territori e
all’interno degli stessi.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con la missione 4 dedicata
all’istruzione e alla ricerca, stanzia buona parte degli investimenti su progetti
miranti al miglioramento qualitativo e all’ampliamento quantitativo dei servizi di
istruzione e formazione.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza concentra sulla Missione 4 i
necessari e fondamentali interventi dedicati alla scuola, alla formazione e alla
ricerca individuando gli assi portanti della trasformazione auspicata del
sistema dell’educazione.
Due sono le componenti che la definiscono:
- M4C1 – potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili
nido alle università; - M4C2 – dalla ricerca all’impresa.
Futura, la scuola per l’Italia di domani.
È questo il nome scelto per gli investimenti dedicati al settore dell’Istruzione.
Un nome che vuole sottolineare l’importanza strategica delle risorse introdotte
per la costruzione di una Scuola inclusiva, innovativa, accogliente,
sostenibile[1].
L’obiettivo dichiarato è quello di realizzare un nuovo sistema educativo, per
garantire il diritto allo studio, le competenze digitali e le capacità necessarie a
cogliere le sfide del futuro, superando ogni tipo di disparità e contrastando
dispersione scolastica, povertà educativa e divari territoriali[2].
Le risorse sono convogliate su più canali:
● Istruzione e ricerca (€ 30,88 mld) – Un nuovo sistema educativo più
forte, con al centro i giovani, per garantire loro il diritto allo studio, le
competenze digitali e le capacità necessarie a cogliere le sfide del
futuro.
● Scuola 4.0: scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori (€ 2,1
mld) – L’investimento mira ad accelerare la transizione digitale delle
scuole italiane rendendo le loro strutture ambienti tecnologicamente più
avanzati, flessibili e adatti a una maggiore digitalizzazione
dell’insegnamento.
● Nuove competenze e nuovi linguaggi (€ 1,1 mld) – Rafforzare le
competenze STEM, digitali e più innovative, in particolare per le
studentesse, così da migliorare gli equilibri di genere. L’intervento,
inoltre, punta a potenziare le competenze nell’ambito delle lingue sia
negli studenti che negli insegnanti.
● Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del
personale scolastico (€ 500 mln) – Migliorare e innovare i programmi
universitari (compresi i dottorati) per favorire la digitalizzazione, la
cultura dell’innovazione e l’internazionalizzazione. Saranno poi create
tre Teaching and Learning Centres (TLCs) per migliorare le competenze
di insegnanti universitari e di scuola, così come tre Digital Education
Hubs (DEH) per migliorare la capacità del sistema educativo di offrire
educazione digitale a studenti e universitari.
Sarà vera Transizione Digitale?
Già nel 2014 l’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e
Ricerca Educativa), attraverso il cosiddetto Manifesto delle avanguardie
educative[3], identificava sette orizzonti tesi a trasformare il modello
organizzativo e didattico della scuola:
● Trasformare il modello trasmissivo della scuola,
● Sfruttare le opportunità offerte dalle ICT e dai linguaggi digitali per
supportare nuovi modi di insegnare, apprendere e valutare,
● Creare nuovi spazi per l’apprendimento,
● Riorganizzare il tempo del fare scuola,
● Riconnettere i saperi della scuola e i saperi della società della
conoscenza,
● Investire sul “capitale umano” ripensando i rapporti (dentro/fuori,
insegnamento frontale/apprendimento tra pari, scuola/azienda, ecc.),
● Promuovere l’innovazione perché sia sostenibile e trasferibile.
L’idea, quindi, di avere una “scuola d’avanguardia” con spazi sempre abitabili
sia per lo svolgimento di attività didattiche che per usi anche di tipo informale,
è una esigenza presente da tanto tempo in molte realtà scolastiche per le
quali la centralità dell’aula deve essere superata.
Anche perché la fluidità dei processi comunicativi innescati dalle tecnologie e
dai linguaggi digitali necessita di ambienti flessibili, polifunzionali, modulari e
facilmente configurabili.
A tale proposito, finalmente, è stato predisposto un piano di interventi (pagina
186 del PNRR) mirato alla trasformazione degli spazi scolastici, affinché
diventino “connected learning environments” adattabili, flessibili e digitali, con
laboratori tecnologicamente avanzati e un processo di apprendimento
orientato al lavoro (la cosiddetta Scuola 4.0).
Solo riorganizzando i luoghi, dalle classi ai laboratori, e con il necessario
supporto degli spazi virtuali di apprendimento, è possibile aprirsi a
metodologie di insegnamento “fuori dagli schemi”.
Non solo infrastrutture ma anche competenze
Comprensibilmente, le infrastrutture, anche le più innovative, non hanno
alcuna valenza se non esistono le menti che sappiano renderle vive.
Per migliorare gli apprendimenti e sollecitare l’innovazione del sistema
scolastico occorre un piano integrato di formazione del personale.
Il Piano prevede la creazione di una rete integrata di poli formativi territoriali,
l’attivazione di un catalogo di corsi di formazione multidisciplinare, la
realizzazione di una piattaforma sui contenuti dell’educazione digitale e di
metodologie didattiche innovative.
Il tentativo del Piano è creare “un ecosistema delle competenze digitali, in
grado di accelerare la trasformazione digitale dell’organizzazione scolastica e
dei processi di apprendimento e insegnamento”; ovvero predisporre «un
sistema multidimensionale per la formazione continua dei docenti e del
personale scolastico per la transizione digitale, articolato in un polo di
coordinamento sull’educazione digitale promosso dal Ministero
dell’istruzione».
Ma non è sufficiente.
La formazione digitale degli insegnanti
Occorre puntare molto di più sulla formazione digitale degli insegnanti, non
per sostituire la didattica in presenza, ma per affiancare la didattica digitale a
quella in presenza.
L’investimento 2.1 prevede: la creazione di un sistema multidimensionale per
la formazione continua dei docenti e del personale scolastico per la
transizione digitale, articolato in un polo di coordinamento sull’educazione
digitale promosso dal Ministero dell’istruzione.
L’idea è di attrezzarsi per la formazione digitale degli insegnanti, non per
sostituire la didattica in presenza, ma per affiancare la didattica digitale a
quella in presenza: integrare o alternare la didattica nozionistica con
esperienze sul campo (laboratori, stage, approfondimenti pratici).
Anche perché la costante e irreversibile digitalizzazione, ormai pervasiva, nel
tessuto sociale e produttivo (Internet of Things, Cloud Computing, Additive
Manufacturing, Big Data Analytics, Robotica Avanzata, Realtà Aumentata e
Cybersecurity) stanno determinando la nascita di nuove figure professionali[4]
e chi “progetta la scuola” non può non tenerne conto.
Diventa fondamentale allora l’ausilio di strumenti di natura digitale, più
immediati e stimolanti: la lezione segmentata, il project based learning, il
digital storytelling[5].
Note - https://www.invalsiopen.it/pnrr-istruzione-scuola/ ↑
- https://pnrr.istruzione.it/ ↑
- https://www.indire.it/wp-content/uploads/2015/08/Manifesto-AE-definitivo.pd
f ↑ - https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/sviluppare-le-soft-skill-a-scuo
la-cosi-ci-si-prepara-al-lavoro-del-futuro/ ↑ - https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/leredita-della-dad-proposte-p
er-rinnovare-le-metodologie-didattiche/ ↑
fonte: AGENDA DIGITALE