I tassi elevati spaventano i mercati, lo spread corre | Lo scenario

I tassi elevati spaventano i mercati, lo spread
corre | Lo scenario


La preoccupazione per il mantenimento di tassi elevati per lungo tempo da
parte della Bce e di un prossimo possibile rialzo della Fed pesa ancora sui
mercati: le Borse mondiali, complici anche dati statunitensi inferiori alle
previsioni e la lunga crisi della cinese Evergrande, si muovono ancora in
negativo.
La peggiore è Milano, che cede un punto percentuale appesantita dalle
banche e dalla tensione che colpisce soprattutto i titoli di Stato italiani, con lo
spread a 193 punti e il rendimento del Btp decennale al 4,73% ai massimi da
fine 2022.
Tutti i bond europei sono nervosi, ma il tasso del prodotto del Tesoro è salito
di otto punti base, con lo spread che si muove sui livelli di metà marzo.
Come sempre nei periodi di tensione a pagare di più sono i Paesi con i livelli
di debito maggiori ed è stata una giornata da peggiore in Europa per Piazza
Affari, con l’indice Ftse Mib che ha concluso in ribasso di un punto
percentuale.
Francoforte ha comunque ceduto lo 0,9% finale, Parigi e Amsterdam lo 0,7%,
mentre hanno tenuto Madrid e Londra.
E a Milano sono state ovviamente le banche a pagare il prezzo più alto, con
Bper che ha ceduto il 4,5%, Mps il 4,3% e Unicredit il 2,4%, mentre si è
mossa in controtendenza (+1%) Mediobanca anche guardando al prossimo
rinnovo del Cda.
Non ha aiutato anche la debolezza della prima parte di giornata di Wall street,
che ha guardato anche ai dati delle vendite di case nuove negli Stati Uniti
diminuite in agosto più delle attese.
Così come alla fiducia dei consumatori sotto le stime.
In generale si guarda alla Federal Reserve e ai prossimi ulteriori rialzi dei
tassi, ma non piace anche il rischio di una nuova bocciatura per gli Stati Uniti
con un ennesimo ‘shutdown’, cioè la mancata approvazione del budget, che
potrebbe avvenire a fine mese.
Questa volta potrebbe infatti essere Moody’s a togliere il rating di ‘tripla A’ agli
Usa, dopo che Fitch lo ha fatto in giugno e S&P già diversi anni fa.
Così l’amministratore delegato di Jp Morgan, Jamie Dimon, mette in guardia
dal rischio che i tassi di interesse negli Usa possano arrivare a un ipotetico e
forse provocatorio 7%, “un’evenienza che il mondo non sarebbe ancora
pronto ad affrontare e che potrebbe provocare forti turbolenze all’economia”.
“Penso che sia assolutamente possibile”, ha comunque detto il numero uno
della più grande banca al mondo, in un’intervista al Times of India in
occasione di un summit con gli investitori.
Per il banchiere “lo scenario peggiore” sarebbe “il 7% con stagflazione”.
Se le imprese dovessero fare i conti con “volumi più bassi e tassi più alti, ci
sarebbe dello stress nel sistema.
Passare da zero al 5% ha colto qualcuno di sorpresa, ma passare dal 5 a un
eventuale 7% sarà più doloroso” di quanto non siano stati gli aumenti
precedenti.
“Non sto dicendo che accadrà, sto solo dicendo quanto si possa togliere
questa eventualità dal range delle possibilità”, conclude il numero uno della
più grande banca mondiale, sottolineando come la spesa fiscale globale “sia
ai livelli più alti della storia” a parte la Seconda Guerra Mondiale, complici le
misure dei governi per sostenere la transizione ecologica, la digitalizzazione,
le fabbriche di microprocessori e le spese militari.
Ovviamente si guarda anche a Oriente, dove la Borsa di Hong Kong ha
ceduto un altro 1,4% dopo l’1,8% della vigilia.
I timori sono sempre sul gruppo immobiliare Evergrande, che ha perso l’8%
dopo il precedente scivolone del 22%.
Mentre dai componenti della Fed continuano ad arrivare segnali sul fatto che
la stretta monetaria non è ancora finita e che un nuovo rialzo dei tassi
potrebbe arrivare entro la fine dell’anno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.