La frenata. Consumi, è l’era delle rinunce:
un italiano su tre prevede di tagliare
di Paolo M. Alfieri
L’anteprima del rapporto Coop sottolinea l’impoverimento anche della
classe media. L’Istat: -4,5% di merci vendute in un anno, ma si è speso il
2,7% in più
Qualcuno già la chiama l’era della rinuncia e non è difficilissimo capire il
perché. Il caro-energia e l’impennata dell’inflazione, gli stipendi fermi al palo, i
risparmi ormai erosi da un biennio in cui si è tirata la cinghia: per le famiglie
italiane è il tempo delle scelte, scelte che, sul fronte dei consumi, implicano
appunto più di un sacrificio. Lo si è visto questa estate, con il calo del turismo,
lo si nota nelle frequenti rilevazioni sulla propensione agli acquisti, lo certifica,
una volta di più, l’ultimo dato sulle vendite al dettaglio diffuso oggi dall’Istat,
che parla di un -4,5% di volume di merci vendute rispetto a un anno fa (-0,2%
a luglio), a fronte di un aumento del 2,7% in valore (+0,4% a luglio). Si è
costretti dunque a spendere di più per comprare meno, una tendenza che
emerge netta anche dall’anteprima del rapporto Coop su consumi e stili di vita
presentata ancora oggi e che definisce appunto gli italiani ormai come un
popolo (giocoforza) campione nelle rinunce.
Calano le compravendite immobiliari, l’acquisto di auto e anche i beni
tecnologici fanno segnare un -40%: nell’ultimo anno gli italiani hanno
acquistato 1,3 milioni di telefonini in meno, un’enormità. I carrelli della spesa
(l’inflazione per i beni alimentari sfiora ancora la doppia cifra) diventano
sempre più leggeri: -3% la variazione delle vendite a prezzi costanti nel primo
semestre dell’anno, mentre per tutti gli altri beni si fa largo l’usato. Ben 33
milioni di italiani, nell’ultimo anno, hanno venduto o acquistato beni di seconda
mano. L’inflazione, sottolinea il rapporto Coop, ha abbattuto negli ultimi due
anni il potere d’acquisto di 6.700 euro pro capite, mentre il lavoro, che nel
2023 ha toccato il livello record di 23,5 milioni di occupati, non paga quanto
dovrebbe. Il 70% delle persone che lavora dichiara infatti di avere necessità di
almeno una mensilità in più per condurre una vita dignitosa.
Per far fronte agli aumenti, si aggiunge lavoro al lavoro, mentre solo un
italiano su quattro dichiara di poter condurre la stessa vita di qualche anno fa
e il solco tra le retribuzioni degli over 45 e quelle dei più giovani diventa
sempre più profondo.
Anche la classe media diventa sempre più povera e si consolidano nuove
tendenze, come quelle descritte dall’Istat che vedono volare gli acquisti di cibo
low cost, con i discount alimentari che da gennaio a luglio di quest’anno fanno
segnare un aumento delle vendite in valore del +9,7%. Siamo comunque allo
slalom dei punti vendita, laddove si cambia negozio, supermercato o discount
alla ricerca delle promozioni per i diversi prodotti. C’è certamente più
attenzione agli sprechi, senza contare, sottolinea Coop, che il calo è più netto
per le vendite dei prodotti di marca, mentre i prodotti con il marchio del
distributore, che garantiscono un prezzo inferiore a fronte comunque di una
discreta qualità, trovano sempre più spazio nel carrello della spesa. Una
famiglia su quattro della classe media sostiene tra l’altro di non essere in
grado di far fronte ad una spesa imprevista di 2mila euro, mentre ben il 35%
della fascia di reddito più bassa non riuscirebbe nemmeno a reggere un
imprevisto da 800 euro.
Di fatto, nel complesso la spinta dei consumi è su un punto di non ritorno: ben
il 36% degli italiani intende ridurli, tagliando tra l’altro le occasioni conviviali,
mentre solo l’11% è convinto di aumentarli. Già oggi il 10% degli italiani
dichiara di non arrivare a fine mese e un ulteriore 23% ci arriva ma teme
costantemente di non farcela. Anche se in un qualche modo si sbarca il
lunario, si fanno grandi rinunce (20%) o comunque dei sacrifici.
«Il salario minimo è una misura giusta, così come va realizzato il taglio del
cuneo fiscale», è l’appello al governo di Marco Pedroni, presidente
Ancc-Coop. Da parte sua Maura Larini, presidente di Coop Italia, chiede
nuovamente all’industria di «lavorare insieme per recuperare volumi e trovare
un equilibrio di prezzo da proporre ai nostri clienti». Il 1° ottobre è previsto
l’avvio del trimestre anti-inflazione annunciato dal governo dopo un’intesa con
la grande distribuzione: il patto salva-spesa dovrebbe essere siglato all’inizio
della prossima settimana. I negozi che aderiranno all’iniziativa dovrebbero
esporre un bollino tricolore. Per le famiglie vorrebbe dire prezzi bloccati su un
paniere di beni fino a fine anno, ma anche altre iniziative commerciali a favore
dei consumatori. Le associazioni dell’industria alimentare, però, finora non ne
hanno voluto sapere, citando i continui rincari delle materie prime ed eventuali
problemi con l’Antitrust.
Un canale di dialogo è comunque aperto. Alla presentazione dell’anteprima
del rapporto Coop oggi a Milano, il presidente di Federdistribuzione Carlo
Alberto Buttarelli era seduto accanto ad Alessandro d’Este, vicepresidente di
Centromarca. E proprio domani al ministero delle Imprese dovrebbe tenersi
un incontro al quale dovrebbero partecipare, oltre alla stessa Centromarca,
anche associazioni come Federalimentare e Ibc. «I canali per la difesa del
potere d’acquisto sono assolutamente aperti – ha evidenziato ieri d’Ese –. Ma
non possono esserci dei cartelli». I dati evidenziano «una situazione
economica complessa per le famiglie», ha osservato da parte sua Buttarelli,
parlando di abitudini di acquisto «orientate sempre più verso un’ottica di
risparmio e convenienza». Occorre agire in fretta se l’obiettivo è quello di
un’inversione di tendenza e di maggior sostegno alle famiglie.