Contratto a tempo determinato: come
funziona, le novità dopo il decreto lavoro
di Francesco Rodorigo – LEGGI E PRASSI
Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato di
durata predeterminata. Il periodo massimo è di 12 mesi, estendibile a
massimo 24 in presenza di specifiche causali. Tutte le novità introdotte
per il 2023 dal decreto lavoro
Il nuovo decreto lavoro convertito in legge prevede una serie di novità per i
contratti a tempo determinato.
L’obiettivo è quello di garantire maggiore flessibilità, in modo da stimolare
l’economia e sopperire alle necessità occupazionali di un mercato del lavoro
mutevole.
Nello specifico, vengono eliminate alcune delle limitazioni introdotte dal
Decreto Dignità del 2018, con la previsione di nuove causali per il
superamento del limite di 12 mesi.
Inoltre, sono previste le stesse regole sia per la proroga sia per il rinnovo del
contratto, libere nei primi 12 mesi e poi legate alle causali. Novità importanti
anche per il calcolo del limite che decorre a partire dal 5 maggio 2023.
Contratto a tempo determinato: come funziona, le novità dopo il decreto
lavoro
Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato per il
quale è previsto un termine predeterminato. Pertanto al momento della firma il
lavoratore già conosce il momento in cui il rapporto avrà fine.
Questa tipologia contrattuale è subordinata al rispetto di determinate
condizioni, la disciplina di riferimento è quella fornita dal Testo Unico dei
contratti di lavoro, il Dlgs n. 81 del 2015 (articoli 19-29).
Nel 2018 ulteriori interventi sono stati previsti dal cosiddetto Decreto Dignità,
n. 87/2018, che ha fissato la durata massima del contratto a tempo
determinato a 12 mesi, con possibilità di estensione a 24 mesi, ma solo in
presenza di almeno una delle causali individuate:
● esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
● esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
● esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non
programmabili, dell’attività ordinaria.
Il datore di lavoro, infatti, per giustificare la proroga o il rinnovo di un contratto
di lavoro a tempo determinato oltre i 12 mesi è obbligato ad indicare la
causale.
Quest’anno, poi, il decreto lavoro, il n. 48/2023, ha introdotto importanti
novità in materia, allentando le restrizioni imposte dal precedente decreto per
consentire un uso più flessibile della tipologia contrattuale.
Nello specifico, sono state modificate le causali da indicare nei contratti di
durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, sono state previste le stesse regole sia
per il rinnovo che per la proroga e ai fini del calcolo del limite di 12 mesi si
considera il periodo a partire dal 5 maggio 2023.
Contratto a termine: le novità dopo il decreto lavoro, le causali
Il principale intervento del decreto lavoro in materia di contratti a tempo
determinato è quello che allenta le restrizioni del Decreto Dignità,
individuando nuove causali per legittimare il lavoro a termine oltre i 12 mesi.
Nello specifico, l’articolo 24, comma 1, prevede delle modifiche alle causali
che vanno indicate nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi e
individuate all’articolo 19, comma 1, lettere a), b) e b-bis) del Testo Unico sui
contratti di lavoro.
I contatti, dunque, potranno avere una durata superiore ai 12 mesi, ma non
superiore a 2 anni:
● nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
● in assenza delle previsioni di cui al punto precedente, nei contratti
collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per
esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle
parti;
● in sostituzione di altri lavoratori.
Queste nuove causali non si applicano ai contratti:
● stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
● di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, istituti
pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e
l’innovazione;
● stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività
di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di
know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa
o di coordinamento e direzione.
In questi casi particolari, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima
della data di entrata in vigore del Decreto Dignità.
Riassumendo, il contratto di lavoro subordinato può prevedere un termine di
durata non superiore a 12 mesi (cosiddetto periodo acausale). Il contratto a
termine può avere anche una durata superiore, comunque non oltre i 24 mesi,
solo in presenza di una delle causali indicate.
Contratto a termine: le novità dopo il decreto lavoro, proroghe e rinnovi
La legge di conversione del decreto lavoro, n. 85/2023, ha introdotto poi
ulteriori novità in materia di proroghe e rinnovi del contratto di lavoro a
tempo determinato.
Nello specifico, il comma 1-bis dell’articolo 24 modifica il comma 01
dell’articolo 21 del Testo Unico, che disciplina appunto le proroghe e i rinnovi.
La novità prevede che la regola della proroga libera del contratto a termine nei
primi 12 mesi venga estesa anche ai rinnovi.
Per capire meglio, prima di tutto è bene chiarire la differenza tra i due concetti.
La proroga presuppone che non ci siano variazioni nelle ragioni che hanno
giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la
necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza.
Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo modificando la
motivazione, in quanto darebbe luogo a un nuovo contratto a termine. In
questo caso, dunque, si parla di rinnovo, anche se avviene senza interruzioni
dopo il precedente rapporto.
La modifica introdotta dal decreto lavoro, quindi, prevede che il contratto potrà
essere non solo prorogato ma anche rinnovato liberamente nei primi 12 mesi
e oltre il termine solo in presenza delle causali indicate.
ATTENZIONE: si ricorda che i contratti per attività stagionali possono
continuare a essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni
indicate.
Il contratto può essere prorogato per massimo 4 volte nell’arco di 24 mesi a
prescindere dal numero dei contratti.
Contratto a termine: le novità dopo il decreto lavoro, il calcolo dei 12
mesi
Come si legge anche in un approfondimento sul tema da parte della
Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro pubblicato il 3 agosto, una delle
novità in fase di conversione in legge del decreto lavoro riguarda anche il
calcolo dei 12 mesi per la durata del contratto a tempo determinato.
Il comma 1-ter dell’articolo 24, infatti, prevede che ai fini del computo del
termine di un anno, si debba tenere conto dei soli contratti stipulati a
decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto lavoro, cioè il 5 maggio
2023.
Inoltre, una ulteriore novità riguarda il limite del 20 per cento relativo ai
lavoratori con contratto di somministrazione a tempo indeterminato nella
stessa azienda. Ai fini del calcolo non si conteranno quelli somministrati
assunti con un contratto di apprendistato.