Smart working, ecco che cosa cambia
dal primo agosto
Il 31 luglio è terminata la possibilità di svolgere smart working al
100% per alcune categorie specifiche di lavoratori che potevano
usufruirne senza necessità di accordi individuali
Da lunedì scorso, 1° agosto, è cambiato lo smart working. Fino al 31 luglio,
infatti, per i dipendenti del settore privato con figli minori di 14 anni o
fragili era possibile lavorare sempre da casa senza sottoscrivere alcun
accordo individuale. Ora termina lo smart working al 100% anche per i
lavoratori fragili, ovvero coloro che potrebbero avere conseguenze più severe
in caso di esposizione al contagio da Covid-19. In questa categoria, rientrano
le persone con gravi patologie. La rischiosità della presenza va però accertata
dal medico competente. Per loro, le parti sociali hanno chiesto di riconoscere
una proroga fino al 31 dicembre 2022.
Le nuove regole
Ora i giorni di lavoro da casa andranno concordati con l’azienda
(informalmente fino al 31 agosto, perché è in vigore lo smart working
semplificato, quello che consente di utilizzare il lavoro agile senza necessità
di accordi individuali scritti tra lavoratore e azienda). Questo significa che il
datore di lavoro potrà anche rifiutarsi di concedere il full remote o anche la
possibilità di lavoro agile parziale.
Il cambiamento più significativo però si avrà da settembre. Ma non è
detto che non si valutino delle proroghe a queste scadenze. Nel dl Aiuti, in
approvazione la settimana prossima potrebbero essere introdotte come
chiesto dal ministero del Lavoro.
Anche se, in generale, finita la fase più acuta della pandemia, mentre in
Europa non si arresta la crescita del lavoro a distanza, in Italia si assiste a una
frenata in favore del rientro in ufficio per la maggioranza delle ore di lavoro. Su
8 milioni di potenziali smart worker italiani (tra 6,4 milioni di smart
worker “estensivi”, in grado di compiere a distanza tutte le attività, e 1,6
milioni “ibridi”), solo un terzo oggi lavora da remoto per almeno un
giorno a settimana. È quanto emerge dall’indagine di Randstad Research,
realizzata elaborando i dati Istat ed Eurostat sul lavoro da casa negli anni di
pandemia. Lo studio rileva come alla fine 2019 fossero 1,15 milioni gli italiani
che lavoravano almeno in parte da casa, arrivati a 2,9 milioni di lavoratori da
remoto almeno un giorno a settimana all’ultima rilevazione di fine 2021, in
crescita ma ancora solo il 37,2% del potenziale. Sul totale degli occupati, oggi
il 13% dei lavoratori italiani lavora da casa e, nello specifico, il 5,9% per 2 o
più giorni a settimana, il 7,1% meno di 2 giorni a settimana.
Ci sono anche delle differenze territoriali. Il 15,5% dei lavoratori del Centro
operano almeno in parte da casa. A seguire il Nord-Ovest (15,2%) e il Nord
Est. Distanti le Isole e il Sud Italia dove lavorano almeno in parte da casa
rispettivamente il 9,3% e il 9,1% degli occupati.
fonte: RAI NEWS