Le cinque forze che influenzano la redditività d’impresa..

di Alberto Bubbio e Luca Bianchi


Con il presente intervento si presentano i contenuti di un’ampia ricerca
condotta anche con il contributo di alcuni studenti dell’Università Cattaneo.
Appare utile evidenziare queste valutazioni in un momento storico ed
economico complesso, fra tensioni internazionali e inflazione. Partiamo dalla
domanda base…
Da cosa dipende la redditività d’impresa?
Si può anticipare e sottolineare che da queste analisi emergerebbe quanto a
livello aziendale la Redditività appaia dipendere, oltre che da variabili
aziendali interne (qualità del management e strategia), anche da (vedi Nota 1
in calce):
a. andamento dei contesti economici generali (andamento del PIL o
ancor meglio del Bil- Benessere interno lordo) in cui l’impresa opera;
b. la fase del ciclo di vita del settore/comparto in cui l’impresa opera, o
la media ponderata dei tassi di crescita dei diversi comparti per le
imprese conglomerate;
c. l’intensità della concorrenza in uno specifico settore, espressa dal
prodotto tra dimensioni delle imprese e numerosità delle imprese, in
modo da poterne valutare la frammentarietà; dove le ipotesi di lavoro
sono quanto più è frammentato il settore/mercato tanto più la
redditività tende a scendere e quanto più si ha una concentrazione
tanto più la redditività sarà alta, salvo momenti di improvvisa follia in
cui qualcuno dei “competitors” vuole conquistare nuove posizioni di
mercato o con una sciagurata battaglia di riduzione dei prezzi o con
investimenti in innovazione che non ci si preoccupa di recuperare nel
breve termine, andando alla disperata ricerca di una rendita, come la
chiama Porter, da posizione di dominanza.
Quindi riuscire a conseguire performance aziendali eco-fin caratterizzate da
elevate redditività nel tempo, non è detto che sia solo merito del management
e delle sue strategie.
È il risultato piuttosto del combinato con una serie di variabili di ambiente
esterno, che possono condizionare nella stessa direzione o rappresentare un
parziale freno al formarsi di un determinato indice di redditività.
Figura 1. Le 5 variabili che influenzano la Redditività di impresa
Per una verifica empirica di queste ipotesi abbiamo analizzato le dinamiche
eco-fin delle imprese e il configurarsi, nel medesimo arco temporale, delle
cinque variabili indicate.
Si è così potuto notare che l’andamento generale dell’economia del Paese nel
quale si sviluppa la maggioranza dei Ricavi di vendita ha un peso rilevante nel
condizionare il livello della redditività.
Redditività e PIL
Partendo dal caso Pomini alla base di un Liuc Paper si sono osservate le
imprese di alcuni settori e si è avuta la conferma di quanto evidenziato da quel
grafico (Figura 2): la flessione della Redditività e se non è addirittura
contemporanea è di poco temporalmente “sfalsata” rispetto alle variazioni
negative del PIL.
Hanno invece un effetto positivo sulla Redditività le variazioni positive del PIL.
Figura 2. Relazione tra andamento della redditività operativa della Pomini e quello del PIL


La conferma di questa prima osservazione è venuta partendo dall’andamento
congiunturale dell’Italia, osservato attraverso il PIL e i Consumi delle Famiglie
negli ultimi cinquanta-quaranta anni (Figura 3).
Si può infatti percepire quanto sia stato difficile dal 2008 in poi, in un Paese
con l’Economia praticamente “bloccata” realizzare una soddisfacente
redditività per quelle imprese che operavano solo sul mercato italiano.
Figura 3. Variazioni del PIL e dei consumi delle famiglie (1960-2016)
Ne sono un esempio le imprese siderurgiche con mercato prevalentemente
domestico e anche quelle che si occupano di gestione gas ed energia.
Ma non da meno sono state le imprese che ruotano intorno al settore
dell’edilizia, operando in un settore in passato anticipatore della congiuntura.
Redditività e inflazione
In passato sul piano della Redditività l’inflazione, nel periodo 1975-85, ha
aiutato a camuffare le flessioni della Redditività “reale”, anche se in quel caso
non era tanto il Roe a beneficiarne in termini di entità quanto il Roi.
Per quel che riguarda l’esistenza di un legame tra fase del ciclo di vita e
redditività, questo è stato più volte sottolineato dalla letteratura di
management, ma mai confermato con dei dati puntuali.
In Figura 4 viene presentato il grafico riportato da Ansoff e Leontiedes che
stilizza il differente andamento della Redditività e dei Flussi di cassa nelle
varie fasi del ciclo di vita.
Sulla base dello stesso modello concettuale sono state elaborate nella
seconda metà degli anni ’80 alcune note matrici direzionali come quella del
Boston Consulting Group che incrociava il Tasso di crescita del mercato
(comparto-settore) con la Quota di mercato.
Nella ricerca si sono sviluppate delle analisi che hanno evidenziato l’esistenza
di un forte legame, come già emergeva dai dati rilevati circa il settore degli
operatori nelle Telecomunicazioni.
Figura 4. Le possibili relazioni tra fase del ciclo di vita di un Business, la Redditività e il Flusso di cassa
Nella Figura 5 si può notare come dopo il punto di flesso della crescita,
registratosi nel 1999, pur continuando a tassi più contenuti la crescita la
Redditività dei citati operatori nelle Telecomunicazioni (all’epoca erano Tim e
Vodafone) sia peggiorata.
Figura 5, Fase del ciclo di vita del comparto Telefonia Mobile
La strategia migliora la redditività?
Per i legami tra la validità di una strategia aziendale e la Redditività ci sono
casi aziendali di successo duraturo che li evidenziano.
I settori esplorati dalla Ricerca sono quelli più tipici del Made in Italy conosciuti
come caratterizzanti le 3 F (Fashion, Food, Forniture). Il risultato stupefacente
è che non basta essere nel settore giusto al momento giusto.
È necessario saper sfruttare questa congiunzione con una strategia
competitiva efficace e creando in azienda un management in grado di dare
attuazione alla strategia stessa con un commitment e con soluzioni
organizzative adeguate.
Così, per le imprese che operano nello stesso comparto o in comparti attigui o
anche negli stessi Paesi, un confronto tra le loro redditività nel tempo è molto
significativo proprio perché si ritiene sia espressione delle più o meno valide
strategie seguite e della qualità del management che le ha attuate o le sta
attuando.
Il caso del fashion
Se si osservano ad esempio i dati di alcuni protagonisti del settore del
Fashion si possono notare due aspetti (Figura 6):
a. che tranne Prada gli altri 4 operatori hanno una Redditività sempre
positiva e, se si eccettua la flessione di Brioni dal 2002, sempre
superiore al 10%;
b. eccelle per incremento e livello della Performance Diesel, ma il vero
leader indiscusso è “Re Giorgio” (Armani) che con una performance
sempre virtuosa (il suo ritmo di marcia è sempre sopra una
Redditività del 15%) chiude con la Redditività più alta il periodo
osservato (1998-2007)
Ma queste redditività non sono quelle più alte. Ci sono Roe e Roi tra il 25% e
il 30%, ma performance di una simile entità sono spesso accompagnate da
variabili di contesto esterno con impatti particolarmente favorevoli.
Figura 6. La Redditività di 5 imprese del Fashion
Il caso Fiat
Altrettanto è indubbio che i risultati fatti registrare dal Gruppo Fiat, oggi
Stellantis, sotto la guida di Marchionne siano il combinato di una good
strategy, passata attraverso il risanamento finanziario del Gruppo e una felice
alleanza con Chrysler, che ha consentito un ingresso più ampio di Fiat nel
mercato statunitense e un completamento di gamma (le jeep di Chrysler).
Inoltre, come emerge dall’andamento di alcuni indici di redditività Figura 7, la
performance FCA è ancora più positiva se confrontata negli anni con quella di
alcuni competitor.
Nel 2018 FCA come Redditività (sia Roe che Roi) passa dall’essere il
“fanalino di coda” (2014) all’essere seconda soltanto a Volvo.
Figura 7. FCA: alcuni indicatori di performance eco-fin
Figura 8. L’andamento (2014-2018) di alcuni indicatori eco-fin per alcune imprese dell’automotive
Si spera, attraverso questi sintetici esempi storici, di aver suscitato la curiosità
dei lettori.
La lettura delle performance dell’impresa
Quello che intende suggerire è di fare è una lettura delle performance
economico – finanziarie di un’impresa sempre più articolata: calando l’impresa
nel suo momento storico in termini di strategia attuata e management
impegnato nella sua attuazione, per contestualizzarla nel momento di
ambiente esterno in cui l’analisi viene svolta.
Si tratta di considerare 5 variabili (the Five Forces) il cui “impatto” sulla
redditività non è detto che sia della medesima entità, ma di sicuro ne
condizionano il livello.
Nota 1: Queste ipotesi erano state presentate in un Liuc Paper del 1998 che
non ha avuto, a differenza di altri grande fortuna, ma che nacque dall’incontro
con il dott. Carlo Pomini, dal confronto con il quale, nei primi anni di mia
attività didattica alla Liuc, ebbi veramente molto da imparare.
Con la sua umanità e la sua curiosità mi aiutò a capire i motivi degli altalenanti
risultati economici dell’azienda di famiglia da Lui diretta (la Pomini spa: settore
siderurgico impiantistico), che nell’andamento dei mercati (PIL dei vari Paesi
cui appartenevano i clienti) trovavano ampia spiegazione, ma che si
completavano con politiche del personale centrate sul rispetto e la
valorizzazione delle persone.
Così Pomini spa divenne un’azienda che, grazie alle sue competenze, fu
oggetto prima di una partecipazione da parte dell’americano Farrel e poi da
parte del Gruppo Techint: nasce Tenova.
Ma ulteriori cambiamenti hanno caratterizzato quest’azienda dalla tenacia e
con una grande capacità di innovare.
Così oggi il nome Pomini è tornato ad essere affiancato a quello della
multinazionale che ne ha la proprietà.
fonte: COMMERCIALISTA TELEMATICO

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