Medicina territoriale. Meno male che il
Pnrr c’è…
di Ettore Jorio
Attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza il Ssn può (ri)fare
proprie le ragioni della legge 833/1978 e tradurle finalmente in una
assistenza territoriale reale e in quanto tale percepita dall’utenza
Meno male che c’è il PNRR per ridare fiato e l’occasione di trasformarsi ad
una assistenza sociosanitaria territoriale morta da tempo. Peccato che per
realizzare ciò che occorre dovrà aspettarsi, nella peggiore ipotesi, sino
all’agosto 2026.
Un po’ di sana nostalgia da nonno
I bei ricordi delle condotte mediche ma anche quelle mutualistiche che, al di là
della iattura che queste ultime non assicuravano affatto l’universalità
dell’assistenza, hanno lasciato il posto al SSN del 1978 che, nato
magnificamente sul piano dei principi e dei criteri, si è rovinato con
l’aziendalizzazione delle unità sanitarie locale, di per sé piene di difetti
risolvibili. Una svolta non svolta che ha prodotto una concorrenza
amministrata pubblico-privato che ha ecceduto nelle prestazioni essenziali
ospedaliere più convenienti in termini di DRG, trascurando l’assistenza di
vicinato.
Le rovine degli extra-budget inopportunamente pagati in alcune regioni; i
bilanci gruviera rintracciati “per caso” negli anni 2007 a seguire, che hanno
portato 10 Regioni a vivere piani di rientro di cui cinque in regime di
commissariamento ad acta; una medicina di famiglia non propriamente
adeguata alle esigenze, specie quelle infra Covid; una prevalenza della
politica nella governance sono alcune delle tante cause che hanno lasciato
residuare la sanità di oggi, difesa dagli eroi e da un sistema ospedaliero che
ha retto bene o male, nonostante le mancate previsioni utili a fare della
programmazione la carta vincente per ogni domani.
Una lotteria della quale il Paese ha già acquistato il biglietto,
sperando che sia quello vincente
Il PNRR con il suo privilegiare, nella Missione 6 e non solo, il potenziamento
dell’assistenza territoriale, al lordo della telemedicina, potrà realizzare una
medicina di prossimità assoluta come quella assicurata una volta, nella quale
il binomio condotti (c’era anche la mammana, eroina del tempo nell’assistere i
parti in casa!) e medico fiduciario mutualistico, pagato a notula, si
guadagnavano il pane rendendo servizi agli utenti di un servizio che in via
generale non aveva neppure una denominazione sistemica, fatta eccezione
per i richiami di appartenenza alle varie Inam, Enpas, ecc, esclusi i senza
lavoro e i diseredati costretti a ricorrere all’ECA con indicibili umiliazioni.
Dunque, attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza il Ssn può (ri)fare
proprie le ragioni della legge 833/1978 e tradurle finalmente in una assistenza
territoriale reale e in quanto tale percepita dall’utenza. Lo farà per il tramite di
quanto programmato strutturalmente per assicurare l’assistenza di prossimità,
attraverso l’implementazione dell’attività distrettuale con un attento e
continuativo esercizio delle funzioni affidate alle organizzazioni fisse funzionali
ad intercettare e rimediare al fabbisogno epidemiologico emergente (case e
ospedali di comunità) nonché un serio servizio sociale di presa in carico
dell’individuo, garantendogli la continuità tra territorio e spedalità (centrali
operative territoriali). Una idea da condividersi sul piano ideologico, che dovrà
peraltro fare i conti con le Case della salute, sorte a seguito dell’apposito
progetto sperimentale di qualche anno fa, in alcune regioni massicciamente in
altre affatto.
Non solo. Dovrà fare i conti anche con le Aft e le Uccp, rispettivamente
funzionali ad estendere h12 l’assistenza mono-professionale dei medici di
base e ad h 24 le prestazioni pluri-professionali, entrambe finalizzate a ridurre
il ricorso dei codici bianchi nei pronto soccorso.
Due condizioni per la legittimità e per il successo
dell’attuazione del PNRR
Insomma, un bel progetto di medio-lungo periodo che sta, tuttavia, registrando
una qualche devianza procedurale, forse a causa di una velocità realizzativa
che rischia di essere impropria e pericolosa. Non solo nella forma ma anche
nella sostanza.
Nella forma perché, essendo caratterizzati dalla concretezza e dalla stabilità
strutturale, dovranno trovare la loro dimensione istitutiva in apposite leggi
regionali, di certo implementative delle attività caratterizzanti il distretto
sanitario, così come individuato e riempito di contenuti dagli artt. 3
quater-sexies del vigente d.lgs. 502/1992. Ad un tale gravoso impegno
saranno soprattutto sottoposte quelle Regioni che hanno addirittura trascurato
di farlo nelle loro leggi di dettaglio, alcune delle quali francamente difficili da
riconoscersi come tali.
Nella sostanza perché siffatte strutture, idealmente apprezzabili, dovrebbero
essere allocate, magari in formazione aggregata, nei siti migliori e più
favorevoli alla collettività, soprattutto rintracciando preventivamente l’esistenza
del fabbisogno epidemiologico, mai rilevato nella quasi totalità delle latitudini
geografiche. Una forma procedurale, questa, che dovrà tenere nella giusta
considerazione, non solo la copertura finanziaria per realizzarle, resa
disponibile dal PNRR, bensì quella necessaria alla loro sostenibilità nel
tempo, da rintracciare nei futuri conti di esercizio delle aziende territoriali, che
dovranno accollarsi le spese aggiuntive di personale e di esercizio nonché
quelle manutentive.
Un adempimento da ossequiare subito, per chi non l’ha già tempestivamente
fatto, dal momento che sembrerebbe impossibile per le Regioni deliberarne
(meglio se condivisi in sede di consiglio regionale) la istituzione allocata
dell’insieme, di certo composto da strutture prevalentemente aggregate,
propedeutica al perfezionamento delle rispettive schede e alla nomina dei Rup
per ogni singola unità nonché del responsabile del relativo piano operativo
regionale. E ancora, iniziare il percorso di realizzazione, a cominciare dal
perfezionamento dei rispettivi Cis, entro il prossimo mese di maggio, e
dall’avvio delle procedure di gara per l’appalto pubblico programmate
verosimilmente per ottobre.
Una attività che sarà, di certo, sollecitata e vigilata dall’Agenas, soggetto
attuatore dell’iniziativa, che si sta rendendo parte attiva della scansione degli
eventi prodromici alla definizione dell’importante opera ricostruttiva del
sistema dell’assistenza sociosanitaria territoriale, che sino ad oggi è stata una
chimera, fatte alcune delle rare solite eccezioni.
FONTE – QUOTIDIANOSANITA’.IT