Moda, così la Russia torna ad acquistare il made in Italy. Ma i marchi meno cari

Moda, così la Russia torna ad acquistare
il made in Italy. Ma i marchi meno cari


di Marta Casadei
Quasi un anno dopo l’inizio della guerra in Ucraina, e l’avvio delle
sanzioni, in Russia si comprano prodotti con prezzo entro i 300 euro
È passato quasi un anno dal 24 febbraio 2022, quando la Russia ha invaso
l’Ucraina. Lo stesso giorno a Milano si svolgeva la fashion week dedicata alle
collezioni donna per l’autunno inverno 2022/23: il conflitto ancora in corso e le
sue conseguenze – le sanzioni e l’incremento vertiginoso dei prezzi
dell’energia e delle materie prime (iniziato in realtà già a fine 2021) – hanno
avuto un impatto forte sul settore tessile-moda-accessori che, nonostante
tutto, secondo i Fashion economic trends, ha archiviato il 2022 con ricavi in
salita a circa 97 miliardi ed export oltre gli 80 miliardi.
Il crollo 2022
Le vendite ai russi – clienti chiave del made in Italy, in patria e in viaggio – sono
crollate sotto il peso delle sanzioni che impediscono la vendita in Russia di
capi e prodotti il cui prezzo wholesale (e quindi all’ingrosso) supera i 300 euro:
nei primi 9 mesi dell’anno scorso le esportazioni verso Mosca sono crollate del
-26% nella moda, -82,4% nei gioielli, -41% per la bigiotteria e –52,3% per gli
occhiali, -0,2% nei cosmetici. Anche stringendo il focus sulla moda maschile,
dove la Russia rimane tra i primi 15 clienti del made in Italy, l’andamento
dell’export tra gennaio e settembre 2022 è negativo: -18,8% sullo stesso
periodo del 2022.
Nuove opportunità
Il 2023, tuttavia, potrebbe riservare un cambio di paradigma. E tornare a
premiare i marchi del made in Italy, pur privilegiando i prodotti meno cari: «In
Russia stiamo vendendo prodotti meno costosi rispetto al passato, magari non
abiti e cappotti pregiati, ma abbiamo riscontrato molta voglia di acquistare»,
spiega Edgardo Bianchi, amministratore delegato e direttore finanziario di
Lubiam, azienda mantovana di menswear.
Il cambio di rotta obbligato ha portato in cima alle wishlist dei buyer russi
alcuni marchi dei segmenti premium e contemporary, i cui listini sono ben
lontani da quelli del lusso: «Lo schema delle sanzioni ha creato le condizioni
per un revamping del mercato dei prodotti sotto i 300 euro – spiega Franco
Gabbrielli, presidente di Assopellettieri -. La Russia è un mercato che
nonostante tutto continua ad essere di riferimento per la pelletteria e dove
continua a esserci spazio per il made in Italy anche quando si tratta di marchi
non famosi».
Quello che Gabbrielli chiama «effetto conservativo» e che ha spostato l’asse
degli acquisti dei russi ha di fatto salvato le aziende: «Le Pmi non hanno la
possibilità essere presenti in modo omogeneo in tutti i mercati e lavorano
costantemente su alcuni: se in questa situazione fosse venuto meno del tutto
un mercato come la Russia sarebbe stato drammatico per la pelletteria
italiana». Le imprese della pelletteria stanno cominciando a vendere le
collezioni A-i 23/24 che presenteranno durante la prossima edizione di Mipel,
in programma dal 19 al 22 febbraio 2023 alla Fiera di Milano Rho: «Ci
aspettiamo un ritorno dei buyer russi, che già nell’edizione di settembre si
erano presentati a Milano in numero ridotto, ma oltre le nostre aspettative».
Chi attende i compratori russi in vista della campagna vendite che si apre oggi
è Mauro Galligari, titolare dello showroom Studio Zeta: «Durante le vendite
delle collezioni pre fall, dal 28 novembre al 16 dicembre, abbiamo visto
tornare a Milano alcuni big spender russi registrando un aumento del 30% del
business rispetto allo stesso periodo del 2021, e quindi prima della guerra. In
particolare abbiamo venduto piumini e maglieria». Galligari – che ha una lunga
esperienza di vendita in Russia – conferma che «le sanzioni vanno a
penalizzare le aziende del lusso ma hanno aperto nuove opportunità di
business per le micro, piccole e medie aziende che producono in Italia. Il fatto
che i brand abbiano chiuso i negozi monomarca in Russia, per esempio, ha
creato spazio per boutique multimarca che vendono marchi premium e di
ricerca».
I mercati alternativi
Il calo delle vendite in Russia ha trovato un bilanciamento nella crescita di
alcuni mercati “ponte” – Turchia, Emirati, Serbia – che sono diventati snodo
commerciale o destinazione di shopping (in particolare Dubai e Istanbul) per i
cittadini russi. «Le aziende cercano di salvaguardare il business – chiosa
Galligari -. Noi per esempio abbiamo notato una presenza crescente di buyer
dalle ex repubbliche sovietiche come Azerbaijan, Uzbekistan e Kazakistan».
Presenze registrate anche da Pitti Uomo: la manifestazione conclusasi ieri ha
segnalato una crescita dei compratori da queste aree, con 43 buyer che
hanno visitato la fiera contro i quattro dello scorso anno.
fonte: IL SOLE24ORE

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