Con numerose iniziative, la società civile chiede ai partiti di pronunciarsi
su ambiente e giustizia sociale. Si avverte la necessità di un nuovo
modello di vita e ci si chiede se la politica è in grado di gestire questa
transizione.
di Donato Speroni
Qualcuno forse penserà che sia solo wishful thinking, che confonda la realtà
con i miei desideri, ma mi sembra che una delle grandi novità di queste
elezioni, a parte il voto in autunno, sia il ruolo assunto dalla società civile,
con incontri, documenti, sollecitazioni ai partiti per dare risposte concrete non
solo sui temi di più immediato interesse come le bollette energetiche, ma
anche sulle prospettive di medio termine.
In parallelo col calo delle capacità di elaborazione interna delle formazioni
politiche, ormai quasi tutte “a democrazia limitata”, con un ridottissimo numero
di iscritti rispetto a qualche decennio fa e scarsa partecipazione di base, si è
rafforzata la capacità di interlocuzione delle associazioni che esprimono
interessi ambientali, economici, sociali e in molti casi i partiti hanno risposto
alle domande che sono state poste con indicazioni dettagliate, che però
raramente hanno trovato spazio sui principali media. Il dibattito è stimolato
anche dalla sensazione che il Paese sia veramente a un punto di svolta,
non solo per il possibile cambio di maggioranza, ma per l’importanza delle