Redditi di lavoro autonomo: legittime le
prestazioni gratuite rese da un professionista

Redditi di lavoro autonomo: legittime le
prestazioni gratuite rese da un professionista


di Nicola Forte
Il tema delle prestazioni professionali gratuite rese nell’esercizio dell’attività di
lavoro autonomo dà sempre origine ad un “nutrito” contenzioso con l’Agenzia
delle entrate. In alcuni casi l’Amministrazione finanziaria ha anche contestato
che il mancato avvio di un’azione di recupero da parte di un professionista
costituisce una presunzione di avvenuto incasso del compenso professionale
in “nero”.
Il problema è stato esaminato ancora una volta dalla Corte di Giustizia di
secondo grado delle Marche con la sentenza n. 195/01/2023 che ha
ammesso, sia pure entro determinati limiti, la possibilità che alcune
prestazioni siano rese dal professionista in forma gratuita.
Secondo quanto precisato dal giudice di secondo grado le prestazioni
fatturate da un professionista nei confronti di amici e parenti, possono essere
giustificabili purché contenute entro limiti fisiologici. Inoltre, ha affermato la
stessa sentenza, che la mancata indicazione del chilometraggio nella scheda
carburante è illegittima in quanto tale obbligo di indicazione riguardava
esclusivamente gli esercenti attività di impresa.
Le contestazioni dell’Agenzia delle entrate riguardavano un notaio. Secondo il
collegio giudicante se i compensi non sono stati percepiti non sussisteva
alcun obbligo di fatturazione. Nel caso in esame, la pronuncia favorevole al
contribuente è stata possibile esaminando in dettaglio la situazione in punto di
fatto. Infatti, i servizi professionali gratuiti sono stati resi nei confronti di soli
cinque soggetti rispetto a 605 clienti complessivi nell’anno. In senso conforme
si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21972 del 2015.
Secondo la giurisprudenza la gratuità delle prestazioni non deve
necessariamente desumersi da un accordo scritto. Infatti, può essere il frutto
di accordi anche verbali che escludono il diritto del professionista alla
percezione del compenso. L’accordo in tal senso può desumersi dal
comportamento concludente, oppure dalla proposta del professionista
accettata dal cliente.
Secondo la Corte di Cassazione, ed in particolare sulla base della sentenza n.
19966 del 2005, l’onerosità della prestazione non è essenziale ai fini della
validità del contratto d’opera professionale. In buona sostanza non sarebbe
irragionevole ipotizzare la gratuità di alcune prestazioni professionali. La
gratuità delle prestazioni di servizi può essere “consentita al professionista per
i motivi più vari e che possono consistere nell’affectio o nella benevolentia, o
in considerazioni di ordine sociale o di convenienza, anche con riguardo ad un
personale ed indiretto vantaggio”.
A tal proposito la stessa Agenzia delle entrate ha ammesso la possibilità per
un professionista di effettuare prestazioni gratuite, quindi senza la percezione
di un corrispettivo. In tal senso si è espressa la Circolare n. 84/E del 28
settembre 2001. In particolare, il documento di prassi ha affermato, facendo
riferimento alle prestazioni professionali rese da studi legali e notarili, che “la
gratuità delle prestazioni può essere considerata verosimile nei confronti di
parenti o di colleghi – amici”.
La legittimità del comportamento deve però essere verificata caso per caso. A
tal fine un elemento idoneo di valutazione può essere costituito dal numero
delle prestazioni effettuate a titolo gratuito rispetto al totale delle prestazioni
effettuate e in base al reddito dichiarato nel medesimo anno. Il principio è
stato già affermato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza con
la sentenza n. 365/04/2013.
Secondo i giudici di secondo grado “la presunzione secondo cui i
professionisti non sono soliti prestare la propria opera a titolo gratuito, è
compatibile con la possibilità che un numero esiguo di pratiche vengano
trattate gratuitamente”.
La Suprema Corte ha però individuato una soluzione che consente di avere
ragione rispetto alle possibili contestazioni dell’Amministrazione finanziaria. La
sentenza n. 1915/2008 ha indicato che la presunzione utilizzata dagli uffici
può essere legittimamente e agevolmente superata predisponendo delle
lettere di incarico professionale dalle quali si desuma la gratuità delle
prestazioni.

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