Psicologia_- Sette cose facili che possiamo
fare per mantenere il cervello in salute
La salute mentale è molto di più della sola assenza di sintomi: 7
aspetti a cui prestare attenzione ogni giorno per aver cura del
nostro cervello.
Quanto è tonico il nostro cervello? E come facciamo a misurarne lo stato di
forma, non trattandosi di un muscolo? Secondo gli esperti, per funzionare a
regime nella vita di tutti i giorni, il cervello ha bisogno di coordinare tre compiti
essenziali: le funzioni esecutive, ossia, semplificando, le capacità di pensiero
e ragionamento; la cognizione sociale, cioè l’attività mentale attraverso la
quale interagiamo con gli altri; e la regolazione emotiva, la capacità di essere
consapevoli delle proprie emozioni, positive o negative, e di regolarle –
cercando di perseguire un senso di benessere.
In tempi difficili come quello che stiamo vivendo, non sempre questi tre pilastri
sono ugualmente solidi. La buona notizia, però, è che il nostro stile di vita può
contribuire enormemente alla salute del cervello, rallentare il declino cognitivo
e migliorare il nostro stato emotivo. Come ricorda un articolo sul New
Scientist, non è mai troppo presto, o troppo tardi, per iniziare a prendersi cura
dei nostri neuroni: studi recenti hanno dimostrato che il cervello umano può
continuare a produrre cellule nervose anche in età avanzata.
Ecco allora qualche consiglio scientificamente provato, con una doverosa
premessa: non esiste una dieta miracolosa, o una singola soluzione semplice
che possa fare la differenza. È piuttosto l’insieme di tutte queste cose, più la
capacità quando occorre di chiedere aiuto, che conta.
- COLTIVA I TUOI BATTERI INTESTINALI. Stiamo parlando di cervello,
non di intestino! Potrebbe lamentarsi qualcuno. Eppure negli ultimi anni, è
emerso in modo chiaro che esiste una connessione tra la fauna batterica
intestinale e disturbi dell’umore, ansia e depressione. Quale sia di preciso
questa relazione non lo si è ancora capito, ma basti pensare che la maggior
parte dell’ormone serotonina, che stabilizza l’umore, è prodotta proprio
nell’intestino, e solo un 10% nel cervello. Inoltre, si sospetta vi sia una
relazione tra squilibri nel microbiota intestinale e alcune malattie
neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer.
A sbilanciare la comunità batterica intestinale sono soprattutto le abitudini
alimentari scorrette, un elevato indice di massa corporea, stress eccessivo,
disidratazione, cattiva igiene mentale, ritmi sonno-veglia sregolati e jet lag,
oltre ai cambi frequenti di partner sessuale (con un bacio profondo di 10
secondi ci si scambiano 80 milioni di batteri!). Un’alimentazione ricca di cibi a
base vegetale aiuta a nutrire e tenere in salute i nostri invisibili ed essenziali
ospiti intestinali. - ATTENZIONE ALLA DIETA. In questo caso contano sia la quantità di
cibo, sia la qualità.
Il cervello umano ha vissuto la maggior parte della sua evoluzione in epoche
storiche in cui gli alimenti periodicamente scarseggiavano. In condizioni di
digiuno, quando c’era poco cibo disponibile, era normale passare dal bruciare
energie in forma di zuccheri (glucosio) all’attingere energie dalle riserve di
grassi nel corpo. Si sospetta che questo passaggio metabolico, oggi poco
frequente per l’abbondanza di cibo disponibile, aiuti a creare nuove cellule
cerebrali (favorisca, cioè, i processi di neurogenesi). Per questo alcuni
neuroscienziati stanno cercando di capire se il digiuno intermittente possa
rallentare il declino cognitivo.
Oggi il 75% del cibo di cui si nutre l’umanità è prodotto da 12 piante e 5 specie
animali: abbiamo appiattito la nostra alimentazione su una varietà esigua di
nutrienti (una scelta tra l’altro pericolosa per la sicurezza alimentare – ma
questo è un altro discorso). La dieta occidentale ha esasperato l’assunzione di
omega-6, gli acidi grassi polinsaturi di origine vegale che possono favorire
processi di infiammazione, a discapito degli omega-3, i loro antagonisti, che
invece hanno una funzione protettiva per il cervello e abbondano in cibi come
pesci grassi e frutta secca. - MUOVITI! Se di tutti i consigli dovessimo sceglierne uno, forse sarebbe
proprio questo: fare dell’attività fisica regolare uno stile di vita. L’esercizio non
solo rallenta il declino cognitivo, ma in alcuni casi lo inverte addirittura (oltre
ad agire molto positivamente sull’umore). Il meccanismo benefico è la
riduzione dell’infiammazione, un processo che può inibire la crescita di nuove
cellule cerebrali. Il movimento facilita la neurogenesi favorendo il rilascio di
un’importante proteina, il fattore neurotrofico cerebrale, o BDNF (Brain-derived
neurotrophic factor).
Per aumentarne il livello servono almeno 30 minuti di esercizio fisico al giorno
come camminata o pedalate in bicicletta. Per un impatto più deciso
bisognerebbe optare per attività più intense, come corsa o allenamenti ad alta
intensità. Ma non basta: occorre fare attenzione alla sedentarietà, evitando di
stare troppe ore seduti o alzandosi dalla sedia almeno per 10 minuti ogni ora.
Il 13% dei casi di Alzheimer nel mondo sarebbe proprio legato all’inattività
fisica. - RICHIAMA, INTERESSATI, INVITA. Mantenere le relazioni sociali è
più difficile in quest’epoca di distanze obbligate, ma non appena lo si potrà
fare in sicurezza, sarà importante ricominciare. La solitudine, intesa come
assenza di una rete di contatti sociali, è associata a un rischio più elevato di
morte precoce, ed è una delle conseguenze di comportamenti che
danneggiano la salute e le relazioni.
A livello fisiologico, l’isolamento aumenta il rischio di infiammazione sistemica
e ipertensione, di diabete, obesità, malattie cardiache, infarti e ictus, tutte
condizioni che hanno un impatto sulla salute del cervello – perché interessano
la circolazione sanguigna.
Fortunatamente, coltivare le relazioni sociali può contrastare questi effetti
negativi e dare benefici diretti alla salute del cervello, perché migliora la
formazione e la rievocazione dei ricordi, mantiene attive le capacità di
pensiero e ragionamento, tiene a bada lo stress. Non occorrono ricevimenti
faraonici e feste scatenate: basterebbe intavolare una breve conversazione
con le persone che si incontrano quotidianamente, mostrare interesse per le
loro vite, farsi includere in attività, anche da remoto, che coinvolgano anche
altre persone. - IMPARA QUALCOSA DI NUOVO. E non ci riferiamo ad attività come il
Sudoku o le parole crociate, ma a passatempi che oltre a stimolare sul
momento le capacità di ragionamento siano stimolanti dal punto di vista
cognitivo, perché richiedono concentrazione ed esercizio ripetuto: imparare
una nuova lingua, cimentarsi in un tipo di danza, imparare a suonare uno
strumento o diventare fortissimi in un gioco di carte, praticare il tai chi o la
giocoleria sono alcuni esempi di hobby che impongono allenamento,
costanza, presenza cognitiva, e mettono alla prova apprendimento e
memoria. Possono quindi fare la differenza per la salute del cervello.
Di recente, uno studio ha confrontato i benefici cognitivi in un gruppi di
60-70enni di danza, camminata e ginnastica dolce. Solo la prima attività ha
prodotto miglioramenti strutturali in una regione in stretta connessione con
l’ippocampo, una struttura cerebrale cruciale per la memoria. - DORMICI SU. Temperatura, pressione, metabolismo sono strettamente
collegati a un’attività troppo spesso sottovalutata: il sonno. Dormire per lungo
tempo meno di 7 ore a notte può avere effetti negativi sulla salute generale e
su memoria, umore, attenzione, capacità decisionale. La carenza cronica di
sonno è considerata un fattore di rischio per le demenze e il declino cognitivo,
e per diverse condizioni psichiatriche: la distruzione dei ritmi circadiani può
ostacolare la produzione di neurotrasmettitori fondamentali e alterare i
consumi energetici del cervello. Non è vero che con il passare dell’età servono
meno ore di sonno: piuttosto, cambia il modo di dormire perché il sonno si fa
più leggero e occorre più tempo per addormentarsi. Ma si può supplire alle
carenze notturne con pisolini pomeridiani. - FAI LE COSE CHE TI RENDONO FELICE. Il benessere emotivo è
importantissimo per la salute del cervello, perché ha effetti diretti sulle
decisioni che prendiamo continuamente, mirate a cercare le esperienze
positive ed evitare quelle negative.
Come si raggiunge? Non c’è un’unica risposta. Studi recenti sostengono che
oltre a mantenere le relazioni sociali e fare attività fisica, avere uno scopo
nella vita possa fare la differenza, perché riduce i marcatori biologici
dell’infiammazione e migliora le funzioni cognitive. Trovare uno scopo non è
sempre facile, ma ci sono alcune attività che possono aiutare, come prendersi
cura degli affetti, dedicarsi a passatempi che appassionino e dare il massimo
nel proprio lavoro. Si può iniziare da qui.
fonte: FOCUS