TRIBUTI – Riforma della giustizia tributaria: per le liti fiscali fino a 3.000 euro in arrivo la figura del giudice monocratico

Riforma della giustizia tributaria: per le
liti fiscali fino a 3.000 euro in arrivo la
figura del giudice monocratico


di Nicola Forte
Via libera alla magistratura professionale in luogo di quella ordinaria. È questa
una delle modifiche più rilevanti contenute nel disegno di legge riguardante la
riforma della giustizia tributaria. La misura non ha lasciato soddisfatti tutti gli
“attori” e, i magistrati sono già sul “piede di guerra” annunciando una serie di
scioperi. In sostituzione delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali
arriveranno le Corti di Giustizia di primo e di secondo grado.
Le novità riguarderanno anche i contenziosi di minore entità, ed in particolare
le liti fino a 3.000 euro. I ricorsi in primo grado le cui controversie non
supereranno tale limite, ove notificati dal 1° gennaio 2023, saranno decisi da
un giudice monocratico. Al fine di determinare il valore della lite, come
previsto da un modifica inserita dal Senato, si terrà conto anche dell’imposta
virtuale calcolata a seguito delle rettifiche di perdite.
La misura è finalizzata principalmente a snellire l’iter delle micro liti che fino ad
oggi hanno concorso ad alimentare l’enorme mole di arretrato. Queste
controversie, nel 2021, hanno pesato, davanti al giudice di primo grado, per il
49,6 per cento del contenzioso complessivo.
La riforma prevede anche un’implementazione della digitalizzazione del
processo tributario. Infatti, le udienze davanti al giudice di primo grado in
composizione monocratica, ma anche le istanze aventi ad oggetto la
sospensione dell’atto impugnato si terranno esclusivamente a distanza. Sotto
questo profilo la pandemia ha di fatto velocizzato la digitalizzazione del
processo tributario. È comunque fatta salva, per ciascuna delle parti, la facoltà
di chiedere nel ricorso, nel primo atto difensivo o nell’atto di appello, per
comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all’udienza del difensore,
dell’ufficio e dei giudici presso la sede della Corte. Il debutto riguarderà le liti
instaurate con i ricorsi notificati con decorrenza dal 1° settembre 2023.
Ulteriori novità riguarderanno anche l’onere della prova. Non sarà sufficiente
l’esistenza di una presunzione grave, precisa e concordante a sostegno
dell’avviso di accertamento. Il giudice tributario dovrà essere più rigoroso nella
valutazione delle prove prodotte dall’Agenzia delle Entrate. Inoltre, il giudice
potrà ammettere la prova testimoniale in forma scritta.
Il giudice procederà all’annullamento dell’atto impositivo in mancanza della
prova della fondatezza dello stesso oppure se la prova risulta contraddittoria o
comunque insufficiente a dimostrare in modo circostanziato e puntuale, le
ragioni oggettive su cui si fonda la pretesa impositiva e l’irrogazione delle
relative sanzioni.
Trova posto nel processo tributario, sia pure con alcune specifiche limitazioni,
la prova testimoniale che può essere fatta valere esclusivamente nell’ipotesi in
cui il giudice lo ritenga necessario ai fini della decisione, anche se in
mancanza dell’accordo tra le parti.
La prova testimoniale è disciplinata dall’art. 257-bis del Codice di procedura
civile. In base a tale norma il giudice può assumere la deposizione chiedendo
al testimone di fornire, in forma scritta e nel termine fissato, le risposte ai
quesiti sui quali deve essere interrogato. Inoltre, il giudice dispone che la parte
che ha richiesto l’assunzione predisponga il modello di testimonianza e lo
faccia notificare al testimone.
La riforma del processo tributario stabilisce, però, che “nei casi in cui la
pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di
falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle
attestate dal pubblico ufficiale”.

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